FORMIA – Offrono diversi ed inquietanti risvolti le motivazioni della sentenza, di cui vi abbiamo fornito la scorsa settimana alcune anticipazioni della voluminosa sentenza depositata in questi giorni dal Tribunale collegiale di Cassino (presidente Marco Gioia) con cui la scorsa estate erano state condannate ad oltre 70 anni di carcere i dodici imputati coinvolti nel maggio 2022 nella brillante operazione anti doga “White Fruit” svolta all’epoca dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato. Secondo i giudici Gioia, Maria Cristina Sangiovanni e Pio Cerase il sodalizio di spacciatori capitanato dalla commerciante di frutta nel rione formiano di Mola Carmina Fustolo era capace di compiere azioni criminali molto rilevanti a corredo del fiorente e remunerativo traffico di droga o forse proprio per accreditare ancora di più il calibro di quello stesso giro di trafficanti.
Il Tribunale di piazza Labriola fa riferimento specificatamente ad un episodio gravissimo ed inquietante, un vero e proprio sequestro di persona che, risalente al 24 febbraio 2020, fu operato da due personaggi frequentanti il giro della Fustolo, Antonio Tornincasa e il figlio Emanuele, quest’ultimo condannato insieme alla stessa Fustolo nella sentenza “White Fruit”. Il rapito fu niente meno che il futuro collaboratore di giustizia dell’intera organizzazione, Giuseppe Basco, già custode delle armi e della droga di Emanuele Tornincasa, cui ea stata affidata la piazza di spaccio di Gaeta nonché l’approvvigionamento per quella, sempre esigente, di Formia. Si verificò che nell’inverno del 2020 Carmina Fustolo e il suo grossista, Emanuele Tornincasa, effettuarono una scoperta: certificarono l’esistenza di ammanchi negli incassi della vendita di cocaina. I due ipotizzarono che Basco avesse lucrato alle loro spalle. Come? Sottraendo indebitamente 30mila euro e 140 grammi di cocaina.
Basco, originario di un centro dell’agro-aversano ma in quel momento residente di fatto a Gaeta, sparì dal sud pontino e si nascose a Casal di Principe. Avviarono una mirata ricerca Antonio ed Emanuele Tornincasa, rispettivamente padre e figlio. Un passaggio della sentenza – oltre 59 pagine, del Tribunale di Cassino: “…Lo prelevarono con l’inganno per estorcergli quanto ritenevano fosse stato sottratto all’organizzazione”. Di questo sequestro fa cenno la sentenza della Corte d’Appello di Napoli del luglio 2022 quando Antonio Tornincasa venne considerato responsabile di sequestro di persona al fine di estorsione mentre al figlio Emanuele Tornincasa viene attribuito il reato di tentata estorsione. Le indagini hanno appurato come Carmina Fustolo seppe del sequestro dallo stesso Emanuele Tornincasa il giorno successivo nel corso di una telefonata intercettata. Il rapimento avvenne con prove video. Giuseppe Basco era nelle mani dei Tornincasa quando ricevette delle telefonate dalla moglie che lo cercava in quanto lo aveva visto uscire perché doveva incontrare delle persone per un chiarimento senza che fosse rientrato nelle ore successive. Alle chiamate della donna rispose proprio Antonio Tornincasa e in una videochiamata la signora Basco aveva visto il marito “con una corda al collo”. Se padre e figlio furono arrestati, una misura restrittiva fu applicata anche a Basco per detenzione di un fucile a canne mozze e, nella sua qualità di collaboratore di giustizia, fornì – come detto – agli investigatori un quadro molto dettagliato di come funzionava almeno fino al 2022 il traffico di droga nel sud pontino, con relativi colonnelli del settore e dazi da pagare per transitare” e spacciare a Formia e e Gaeta.