Gaeta / Traslazione delle spoglie mortali di Monsignor Paolo Capobianco

GAETA – Ufficialmente era Monsignor Pietro Paolo Capobianco, ma per coloro che l’hanno conosciuto e che sono cresciuti sotto i suoi insegnamenti era semplicemente Don Paolo, così come per tutti a Gaeta. Era nato il 29 giugno 1907 nella popolare contrada della “Piaja” del vecchio Borgo di Gaeta, ricadente allora nel territorio del disciolto comune di Elena. Qui fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo il 7 luglio 1907. I genitori erano Francesco Nicola, un modesto pescatore, e Maria Anna Di Ciaccio.

Nel 1920, ancora “ragazzino della Piaja”, entrò nel Seminario di Gaeta, allora ubicato a Palazzo de Vio. Nell’ottobre 1925 fu ammesso nel Pontificio Seminario Campano Interregionale di Napoli – Posillipo ove nel 1929 venne nominato chierico e nel 1932 ordinato diacono. Lo stesso anno ritornò a Gaeta dove, il 17 luglio, fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Gaeta mons. Dionigio Casaroli che negli anni successivi lo ebbe come segretario. Nello stesso anno fu nominato ebdomadario della cattedrale di Gaeta, cappellano e rettore temporaneo del Santuario della Civita ad Itri. Nel 1935 ricevette l’incarico di vice parroco della parrocchia di San Giacomo di Terra Rossa in Gaeta in supporto del parroco titolare don Levi Panico. Durante i tragici mesi dell’occupazione nazista, rimasto unico pastore d’anime nel territorio, svolse un’intensa opera di supporto e conforto ai numerosi sfollati che, sfuggiti ai rastrellamenti e ai bombardamenti, stazionavano sulle colline circostanti la città.

Dopo la liberazione a seguito della tragica morte di don Levi Panico, travolto dal crollo di una casa minata e pericolante, don Paolo, il 12 settembre 1945, ricevette in consegna la parrocchia di San Giacomo. Erano tempi difficili per le devastazioni belliche conseguenti alla guerra e don Paolo dovette iniziare il suo ministero parrocchiale affrontando coraggiosamente la grande povertà che tormentava la sua comunità. Con grande forza d’animo, oltre ad essere “pastore d’anime” sempre presente, divenne un “parroco-operaio” per la ristrutturazione della chiesa e la realizzazione della canonica. L’edificio sacro fu ingrandito con nuovi locali e arricchito con diverse opere d’arte restaurate e rivalorizzate. Grazie alla sua sensibilità culturale, garantì modo ineccepibile la conservazione dell’importante patrimonio archivistico parrocchiale arricchendo nel corso degli anni anche i beni artistici della chiesa che venne dotata di nuove ed importanti opere di arte contemporanea. Il 18 gennaio 1958 venne nominato Monsignore ma rimase sempre, con la sua umiltà, un profondo riferimento spirituale per la sua comunità, affettuoso ed amorevole.

Dopo 43 anni di ministero sacerdotale, l’11 ottobre 1988 venne collocato a riposo e subito dopo nominato canonico della Basilica Cattedrale di Gaeta. Tuttavia la sua operosità di uomo di cultura non terminò con il riposo, anzi incrementò l’attività pubblicistica che già aveva iniziato fin dal 1972 con numerosissimi contributi di carattere storico – religioso relativi al territorio di Gaeta e della sua Arcidiocesi. La sua copiosa produzione annovera infatti, tra testi agiografici e specifiche monografie ben 64 pubblicazioni oltre alla redazione, tra il 1978 ed il 1988, di un mensile parrocchiale – L’Eco di S. Giacomo – nel quale oltre a tematiche di carattere religioso e sociale, si riservava ampio spazio a notizie storiche ospitando anche ricerche di altri autori.

Negli ultimi anni, fino alla fine dei suoi giorni Don Paolo venne ospitato affettuosamente in vari contesti, ma più che in ogni altro luogo risiedette nell’isola di Ventotene presso la casa delle Suore Adoratrici del Sacro Cuore. Tuttavia mantenne sempre vivo il legame della sua amata Gaeta e, autodefinendosi come “Il Gabbiano di Ventotene” scrisse: “Amo Ventotene e i suoi abitanti, ma amo di più la mia, tutta mia, Gaeta, che a volte non intravedo per la foschia marina”. In quegli anni non ci fu un solo gaetano che trovandosi a Ventotene, per lavoro o diporto, non si recò a far visita al caro padre Don Paolo. Quasi centenario, si spense a Ventotene il 28 luglio 2006.

Il giorno successivo si celebrarono le esequie nella locale chiesa parrocchiale di Santa Candida. Dopo il trasporto della salma a Gaeta, un secondo solenne rito funebre, presieduto dall’arcivescovo di Gaeta mons. Pier Luigi Mazzoni, venne celebrato domenica 30 luglio, nella “sua” chiesa di San Giacomo. Qui fu accolto da una moltitudine di concittadini intervenuti a migliaia per tributargli l’estremo, filiale congedo. Fuori dalla chiesa la sua bara fu alzata in alto affinché abbracciasse a vista quella comunità che aveva sempre amato e per la quale aveva lavorato e anche tanto sofferto. Finora ha riposato in un loculo del piano seminterrato nella cappella Porto Salvo Nuovo.

Per l’ illustre ed amato cittadino gaetano è stata realizzata una nuova dignitosa tomba nel campo dello stesso cimitero, come progettato da anni senza mai arrivare al compimento dell’ opera. Mercoledì 16 ottobre alle 11 in occasione della traslazione delle spoglie mortali di Mons. Paolo Capobianco si terrà a cura dell’Amministrazione Comunale in collaborazione con l’Arcidiocesi di Gaeta una cerimonia. Dopo l’intervento del sindaco seguirà quello del prof. Attilio Rocco Zamberti che tratteggerà la figura di Mons. Capobianco. Quindi si procederà alla benedizione del nuovo sepolcro a cura di Don Stefano Castaldi vicario foraneo. Nel pomeriggio si terrà una messa di suffragio presso la chiesa di San Giacomo Apostolo.

“Un uomo entrato in punta di piedi nella storia della nostra città – commenta il sindaco Cristian Leccese -caratterizzandosi per una spiccata umiltà ed amore per il prossimo, certamente alla base delle innumerevoli azioni svolte a favore della popolazione. Monsignor Paolo Capobianco, non solo un grande sacerdote ma una persona di elevata cultura, che si è distinto per i tanti studi di carattere storico relativi al nostro territorio e per la sua produzione letteraria. Siamo lieti di aver potuto finalmente assicurare alle sue spoglie mortali una più consona e dignitosa tomba”.

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