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Gaeta / Traslazione delle spoglie di don Paolo Capobianco, oggi la commovente cerimonia [VIDEO]

GAETA – La commozione si tagliava con il coltello mercoledì mattina presso il cimitero monumentale di Gaeta per inaugurare la nuova tomba di un sacerdote nei confronti del quale le comunità di Gaeta e di Ventotene devono essere grate davvero per sempre. I resti mortali di don Paolo Capobianco prete operaio e raffinatissimo uomo di cultura dall’infinita umanità – ora riposano a pochi metri di distanza, al centro del camposanto di via Garibaldi, dalle tombe di altri due sacerdoti gaetani in odore di santità, don Cosimino Fronzuto e don Gennaro Avellino. La cerimonia è stata realizzata in stretta collaborazione con il Comune – rappresentata da un’emozionata vice-sindaco Gianna Conte – l’ex consigliere comunale Pietro Salipante e con chi ha materialmente realizzato e finanziato a sue spese questa traslazione. Intende centrare un ruolo pedagogico: rinnovare la conoscenza, il ricordo, l’opera di don Capobianco nei cittadini attuali e di quelli di domani…di Gaeta e dell’intero territorio del Golfo.

Si tratta dell’ “Antica impresa funebre Salemme” che quando si tratta di essere al servizio del territorio e della città per mettere in degna evidenza alcune delle sue insigne personalità si supera in termini di generosità e di disponibilità. La traslazione di mercoledì mattina è stata seguita con dovizia di particolari dal suo patron Salvatore Salemme: “Per noi gaetani – ha detto – Don Paolo, rimase sempre l’umile sacerdote, figlio di pescatori, fedele, sino alla fine, alla vocazione del sacerdozio ministeriale Semplice, onesto, è stato disponibile con tutti sono al suo ultimo respiro – ha commentato Salemme- Monsignor Capobianco meritava una tomba visibile a tutti. Era l’uomo della tenerezza, il sacerdote dalla fede incrollabile, ma anche il tenace uomo di Dio che difficilmente avrebbe ceduto a scoraggiamenti o tentazioni. Un esempio per noi tutti che ha dimostrato per il suo essere un intellettuale, fine ma sempre umile per via del suo francescanesimo che era la sua seconda, ma forse prima, pelle”.

Sono tratti distintivi che hanno evidenziato mercoledì mattina nel corso della breve ma significativa cerimonia il professor Rocco Zamberti, il vicario foraneo don Stefano Castaldi ed il vice sindaco Gianna Conte: “Don Paolo è un monumento per Gaeta – ha detto – E’ entrato con mille ragioni nella sua storia per la sua umanità, umiltà ed amore per il prossimo. Monsignor Capobianco sino a quando ha potuto si è distinto per la sua infinita cultura. L’ha fatto per rinnovare ai posteri, attraverso una ricca produzione letteraria, la prestigiosa storia della nostra città”. 

Ma chi è stato don Paolo? Era nato il 29 giugno 1907 nella popolare contrada della “Piaja” del vecchio Borgo di Gaeta, ricadente allora nel territorio del disciolto comune di Elena. Qui fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo il 7 luglio 1907. I genitori erano Francesco Nicola, un modesto pescatore, e Maria Anna Di Ciaccio. Nel 1920, ancora “ragazzino della Piaja”, entrò nel Seminario di Gaeta, allora ubicato nell’attuale Palazzo De Vio. Nell’ottobre 1925 fu ammesso nel Pontificio Seminario Campano Interregionale di Napoli – Posillipo. Qui nel 1929 venne nominato chierico e nel 1932 ordinato diacono. Lo stesso anno ritornò a Gaeta dove, il 17 luglio, fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Gaeta Monsignor Dionigio Casaroli che negli anni successivi lo ebbe come segretario. Nello stesso anno fu nominato ebdomadario della cattedrale di Gaeta, cappellano e rettore temporaneo del Santuario della Civita ad Itri. Nel 1935 ricevette l’incarico di vice parroco della parrocchia di San Giacomo di Terra Rossa di Gaeta in supporto del parroco titolare don Levi Panico. Durante i tragici mesi dell’occupazione nazista, rimasto unico pastore d’anime nel territorio, il sacerdote originario di Calegna svolse un’intensa opera di supporto e conforto ai numerosi sfollati che, sfuggiti ai rastrellamenti e ai bombardamenti, stazionavano sulle colline circostanti la città.

Dopo la liberazione a seguito della tragica morte di don Levi Panico, travolto dal crollo di una casa minata e pericolante, don Paolo, il 12 settembre 1945, ricevette in consegna la parrocchia di San Giacomo. Erano tempi difficili a causa delle devastazioni belliche conseguenti alla guerra e don Paolo dovette iniziare il suo ministero parrocchiale affrontando coraggiosamente la grande povertà che tormentava la sua comunità. Con grande forza d’animo, oltre ad essere “pastore d’anime” sempre presente, divenne un “parroco-operaio” per la ristrutturazione della chiesa e la realizzazione della canonica. L’edificio sacro fu ingrandito con nuovi locali e arricchito con diverse opere d’arte restaurate e rivalorizzate. Grazie alla sua sensibilità culturale, garantì modo ineccepibile la conservazione dell’importante patrimonio archivistico parrocchiale arricchendo nel corso degli anni anche i beni artistici della chiesa che venne dotata di nuove ed importanti opere di arte contemporanea. Il 18 gennaio 1958 venne nominato Monsignore ma rimase sempre, con la sua umiltà, un profondo riferimento spirituale per la sua comunità, affettuoso ed amorevole.

Dopo 43 anni di ministero sacerdotale, l’11 ottobre 1988 venne collocato a riposo e subito dopo nominato canonico della Basilica Cattedrale di Gaeta. Tuttavia la sua operosità di uomo di cultura non terminò con il riposo, anzi incrementò l’attività pubblicistica che già aveva iniziato fin dal 1972 con numerosissimi contributi di carattere storico – religioso relativi al territorio di Gaeta e della sua Arcidiocesi. La sua copiosa produzione annovera infatti, tra testi agiografici e specifiche monografie ben 64 pubblicazioni oltre alla redazione, tra il 1978 ed il 1988, di un mensile parrocchiale – L’Eco di S. Giacomo – nel quale oltre a tematiche di carattere religioso e sociale, si riservava ampio spazio a notizie storiche ospitando anche ricerche di altri autori.

Negli ultimi anni, fino alla fine dei suoi giorni Don Paolo fu adottato anche dalla comunità di Ventotene dove trascorse, ospite della casa delle Suore Adoratrici del Sacro Cuore, diversi anni. Tuttavia mantenne sempre vivo il legame della sua amata Gaeta e, autodefinendosi come “Il Gabbiano di Ventotene” scrisse: “Amo Ventotene e i suoi abitanti, ma amo di più la mia, tutta mia, Gaeta, che a volte non intravedo per la foschia marina”. In quegli anni non ci fu un solo gaetano che trovandosi a Ventotene, per lavoro o diporto, non si recò a far visita al caro padre Don Paolo. Quasi centenario, si spense a Ventotene il 28 luglio 2006. Il giorno successivo si celebrarono le esequie nella locale chiesa parrocchiale di Santa Candida. Dopo il trasporto della salma a Gaeta, un secondo solenne rito funebre, presieduto dall’allora Arcivescovo di Gaeta mons. Pier Luigi Mazzoni, venne celebrato domenica 30 luglio, nella “sua” chiesa di San Giacomo. Qui fu accolto da tantissimi suoi concittadini intervenuti per tributargli l’estremo, filiale congedo. Fuori dalla chiesa la sua bara fu alzata in alto affinché abbracciasse a vista quella comunità che aveva sempre amato e per la quale aveva lavorato e anche tanto sofferto. Mica poco.

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