VENTOTENE – Fresco della riconferma la scorsa settimana da parte del consiglio dei Ministri nel ruolo di commissario straordinario di governo per il recupero del carcere borbonico di Santo Stefano a Ventotene, l’ex generale della Guardia di Finanza Giovanni Maria Macioce, di 79 anni, è comparso venerdì nella prima udienza del giudizio immediato chiesto nel febbraio 2023 dall’allora Procuratore capo di Cassino Luciano D’Emmanuele. E le ipotesi accusatorie formulate nei confronti dell’ex alto ufficiale delle Fiamme Gialle sono davvero significative: false dichiarazioni in un atto pubblico e violazione dell’articolo 76 del Dpr 455/2000. Si tratta di reati commessi insieme all’ex vicesindaco dell’isola Modesto Sportiello, di 58 anni, e dei suoi due figli, Luigi (attuale consigliere comunale di maggioranza) ed Ercolino, di 32 e 29 anni.
I fatti si sarebbero verificati il 9 novembre 2021 davanti al notaio – che è parte lesa – Matteo Baldassarra di Sora. Secondo le indagini compiute dallo gruppo di Formia della Guardia di Finanza sullo sfondo ci sarebbe stata la vendita di un’anonima grotta in località “Calanone”, non lontano dalla più nota spiaggia di Calanave, che Modesto Sportiello (l’aveva prelevata da una donna di Ventotene attraverso l’usucapione) cedette al generale Macioce e ad Ercolino e Luigi Sportiello “traendo in errore” il notaio di Sora. L’ex vice sindaco Sportiello dichiarò che il bene che stava alienando, di 85 metri quadrati, era adibito soltanto per uso “deposito”. E invece secondo la Procura (rappresentata nel dibattimento dal giudice onorario Silvia D’Adamo) tutti e quattro gli imputati erano “già consapevoli che si trattava di tre distinti immobili aditi ad uso abitativo”. Le indagini hanno stabilito, inoltre, come le tre unità immobiliari siano state cedute attraverso altrettanto scritture private.
La prima fu sottoscritta il 12 agosto 2010 quando Sportiello cedette al generale di Sora il possesso di una frazione della particella per un importo di 31mila euro. La seconda e la terza scrittura privata furono firmate entrambe il 26 giugno 2017 quando l’appena nominato neo vice sindaco di Ventotene Sportiello trasferì il possesso di altre due frazioni della stessa particella 909 ai figli Ercolino e Luigi per un importo di 20 e 25mila euro. In effetti il generale Macioce, Ercolino ed Luigi Sportiello consegnarono ciascuno al notaio Baldassarra un assegno bancario non trasferibile di diecimila euro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti i tre acquirenti trasformarono poi questa grotta in un’unità immobiliare che, realizzata su un‘area a rischio “A” gestita dalla Riserva marina di Ventotene e di Santo Stefano, era sottoposta a severi vincolo paesaggistici e idrogeologici.
Il processo, rinviato nel frattempo al 6 maggio 2025, ha conosciuto un primo colpo di scena. Una cittadina di Ventotene, la 70enne Teresa Gervasio, chiedeva di costituirsi parte civile attraverso lo studio legale dell’ex Pm antimafia Antonino Ingroia ma l’istanza è stata rigettata dal giudice monocratico Antonio Pio Cerase. L’ex magistrato titolare dell’inchiesta sulla trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra subito dopo le stragi mafiose del 1992 ha emesso venerdì sera un comunicato osservando come l’inizio del giudizio immediato “dimostra che la legge può essere uguale per tutti quando si trova una magistratura autonoma e indipendente e oggi la magistratura di Cassino lo ha dimostrato. Ha avviato un giudizio diretto per un uomo potente come certamente è l’ex generale Giovanni Maria Macioce, da qualche giorno riconfermato commissario di governo per il recupero e per la riqualificazione del carcere borbonico sull’isolotto di Santo Stefano – ha scritto l’avvocato Ingroia – insieme al consigliere comunale Luigi Sportiello e il padre Modesto, in relazione alla trasformazione di un bene ambientale nella sua villa privata. Siamo in presenza di un fatto scandaloso che una cittadina onesta e vicina a questo bene ambientale, la signora Teresa Gervasio ha coraggiosamente denunciato. Per anni inascoltata – ha terminato l’avvocato Ingroia – finalmente ha trovato prima la procura e poi il Tribunale di Cassino che hanno recepito l’allarme e la sua denuncia rinviando a giudizio Macioce e gli Sportiello”.
Ha promesso battaglia il collegio difensivo dei quattro imputati formato da un unico legale, l’avvocato Renato Ciamarra, che da sempre cura gli interessi della famiglia Sportiello (impegnata da sempre nella gestione degli approdi turistici sulla seconda isola pontina) e ora quelli del generale Macioce. Il commissario di governo Maioce, la cui nomina era stata proposta dal dimissionario Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, aveva dichiarato in un’intervista a Rita Cammarone di Latina Oggi che avrebbe fatto un passo di lato “per il bene del progetto di recupero del carcere di Santo Stefano” (il Cipe nel 2016 durante il governo Renzi finanziò l’opera per quasi 70 milioni) se la magistratura cassinate avesse operato dei provvedimenti nei suoi confronti per quell’acquisto operato tre anni fa. Per Macioce è stato disposto il giudizio immediato dalla Procura di Cassino che non ha ritenuto utile ed opportuno lo svolgimento dell’udienza preliminare e, nonostante ciò, era stato nominato dal governo Meloni.
Nei giorni scorsi per l’alto ufficiale della Guardia di Finanza è arrivata la conferma dell’incarico a commissario straordinario (per i prossimi due anni) ma nel frattempo è iniziato il processo davanti il giudice unico Antonio Pio Cerase. Una promessa non mantenuta ed un garantismo da difendere…