Cronaca

Ponza / Archiviazione decesso Gianmarco Pozzi, la delusione ed il rammarico della famiglia

PONZA – Delusione e anche rammarico. Sono i sentimenti espressi dalla famiglia Pozzi dopo la decisione del sostituto procuratore Flavio Ricci, resa nota dai Carabinieri della Compagnia di Formia, di chiedere al Gip del Tribunale di Cassino l’archiviazione del procedimento relativo al decesso, avvenuto a Ponza il 9 agosto 2020, del 27enne ex campione di kickboxing e bodyguard di un locale nella zona del porto. La procura cassinate ha condiviso dunque le risultanze dell’attività investigativa dei Carabinieri della Compagnia di Formia in base alle quali “Gimmy”, probabilmente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, è caduto mentre correva tra le abitazioni nella zona di Santa Maria. La famiglia del giovane, attraverso il professor Vittorio Fineschi, si opporrà alla richiesta di archiviazione formalizzata dalla Procura con una “convinzione certa”: Gianmarco venne ucciso mentre scappava.

Ma da chi? Il 27enne venne trovato provo di vita all’interno di un’intercapedine, larga un metro e mezzo e alta tre metri, tra una parete perimetrale di un’abitazione e il muro di contenimento di un terreno. Da questo momento – secondo la famiglia del buttafuori romano- sarebbero iniziati i misteri e i depistaggi. Non venne effettuata l’autopsia sul cadavere del 27enne, i cui traumi e ferite furono considerate compatibili appunto con la caduta da un’altezza considerevole. Iniziò una spietata guerra di perizie. Quella della famiglia Pozzi parlò di omicidio e di altre stranezze: il luogo in cui cadde Giammarco e l’abitazione presa in affitto non vennero sequestrati per compiere accertamenti più specifici così come il telefonino della vittima venne rinvenuto apparentemente integro ma di fatto era danneggiato.

La famiglia di Pozzi ha chiesto di esaminare il DNA isolato sulla maniglia di un carriola trovata nel 2023 dal padre di Gianmarco, Paolo, in un terreno attiguo all’intercapedine in cui “Gimmy”, appunto, trovò la morte. Questa traccia genetica venne rapportata ad una confidenza fatta ai familiari del 27enne da parte di un uomo. Riferì di aver saputo da una donna che la mattina dell’incidente il cadavere, penzolante, di un giovane era stato caricato all’interno della carriola che transitava nei pressi del luogo della caduta, in via Staglio. L’inchiesta ha dovuto registrare la decisione di questa donna di non confermare più questa circostanza per timore – hanno sempre ipotizzato gli inquirenti- di possibili ritorsioni.

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