Cronaca

Itri / Tragedia in un cantiere edile: morto operaio 57enne, assolte le quattro persone accusate

ITRI – Hanno fatto fatica a nascondere la loro rabbia e delusione al termine della lettura della sentenza d’assoluzione dei quattro imputati i familiari di Giancarlo Ciappino, l’operaio di 57 anni di Sessa Aurunca deceduto in seguito ad un incidente sul lavoro verificatosi in un cantiere edile il 20 febbraio 2017 in località “Le Cupe” a ridosso del centro abitato di Itri. Il Giudice monocratico del Tribunale di Cassino, dopo una camera di consiglio durata sei ore ed un processo che si è snodato lungo dieci udienze celebrate in sette anni, ha assolto perché il fatto non sussiste le quattro persone imputate per concorso in omicidio colposo e di numerose violazioni in materia urbanistica. Si tratta degli amministratori delle società, “Gaeta Calcestruzzi” e “Garigliano Calcestruzzi”, di cui era stato dipendente con ruoli subordinati la vittima, oltre che di Giuseppe Fusco e Laura Parisi, di Itri, i proprietari dell’area su cui erano in corso i lavori per la realizzazione di una civile abitazione, di una villetta frutto di una vita di sacrifici.

Ciappino, stando a quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri compiute all’epoca dai Carabinieri della Compagnia di Formia sotto il coordinamento del sostituto Roberto Nomi Bulgarini, era sceso da una betoniera per effettuare alcune esigenze fisiologiche. Avrebbe omesso di azionare idoneamente il freno a mano e avrebbe lasciato la marcia ingranata ma lungo una piccola discesa resa ancora più insidiosa dalla superfice fangosa in seguito ad un’ondata di maltempo che si era abbattuta su Itri la notte precedente. Il povero e sfortunato operaio di Sessa Aurunca, considerato nell’ambiente esperto e attento, morì invece sul colpo in seguito dell’improvviso scivolamento del mezzo pesante. All’impresa presso la quale lavorava il 57enne di Sessa Aurunca venne contestata la mancata redazione del Piano Operativo di Sicurezza, mentre ai committenti dei lavori venne fatta rilevare invece la mancanza del permesso a costruire, dunque la sostanziale abusività del cantiere aperto in località “Le Cupe”.

Il processo – come detto – è stato lungo ed articolato caratterizzato dall’audizione di numerosi testimoni e dallo svolgimento di una serie di perizie e dall’intervento dei consulenti delle parti, alcuni dei quali erano intervenuti nell’immediatezza dell’incidente. Quel 20 febbraio di sette anni i soccorsi per lo sfortunato operaio furono immediati ma inutili: l’uomo perse la vita durante le fasi del decollo dell’eliambulanza del 118 per la gravità delle lesioni riportate. Se la parte civile – i familiari della vittima – si erano costituiti in giudizio con l’avvocato Mario Palmirani del foro di Santa Maria Capua Vetere, i quattro imputati sono stati difesi da Vincenzo e Matteo Macari, Eliana Verdone, Pietro Tudino e Salvatore Ciccone.

All’esito del processo ha prevalso la loro tesi difensiva secondo la quale non ci sono state responsabilità direttamente riconducibili al decesso del lavoratore, da attribuire né ai committenti dell’opera né ai datori di lavoro, in quanto non vi è stato alcun rapporto di causalità tra le violazioni edilizie ed amministrative contestate e il decesso dello sfortunato operaio, generato da condotta tanto imprevedibile quanto autonoma da parte del lavorante.

Una curiosità: la stessa pubblica accusa non ha formulato alcuna requisitoria nei confronti dei quattro imputati. Ha sollecitato l’adozione di “pene ritenute di giustizia”. La dottoressa Sangiovanni ha chiesto un termine di 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sua sentenza di assoluzione.ua

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