ITRI – Hanno fatto fatica a nascondere la loro rabbia e delusione al termine della lettura della sentenza d’assoluzione dei quattro imputati i familiari di Giancarlo Ciappino, l’operaio di 57 anni di Sessa Aurunca deceduto in seguito ad un incidente sul lavoro verificatosi in un cantiere edile il 20 febbraio 2017 in località “Le Cupe” a ridosso del centro abitato di Itri. Il Giudice monocratico del Tribunale di Cassino, dopo una camera di consiglio durata sei ore ed un processo che si è snodato lungo dieci udienze celebrate in sette anni, ha assolto perché il fatto non sussiste le quattro persone imputate per concorso in omicidio colposo e di numerose violazioni in materia urbanistica. Si tratta degli amministratori delle società, “Gaeta Calcestruzzi” e “Garigliano Calcestruzzi”, di cui era stato dipendente con ruoli subordinati la vittima, oltre che di Giuseppe Fusco e Laura Parisi, di Itri, i proprietari dell’area su cui erano in corso i lavori per la realizzazione di una civile abitazione, di una villetta frutto di una vita di sacrifici.
Ciappino, stando a quanto emerso dalle indagini dei Carabinieri compiute all’epoca dai Carabinieri della Compagnia di Formia sotto il
Il processo – come detto – è stato lungo ed articolato caratterizzato dall’audizione di numerosi testimoni e dallo svolgimento di una serie di perizie e dall’intervento dei consulenti delle parti, alcuni dei quali erano intervenuti nell’immediatezza dell’incidente. Quel 20 febbraio di sette anni i soccorsi per lo sfortunato operaio furono immediati ma inutili: l’uomo perse la vita durante le fasi del decollo dell’eliambulanza del 118 per la gravità delle lesioni riportate. Se la parte civile – i familiari della vittima – si erano costituiti in giudizio con l’avvocato Mario Palmirani del foro di Santa Maria Capua Vetere, i quattro imputati sono stati difesi da Vincenzo e Matteo Macari, Eliana Verdone, Pietro Tudino e Salvatore Ciccone.
Una curiosità: la stessa pubblica accusa non ha formulato alcuna requisitoria nei confronti dei quattro imputati. Ha sollecitato l’adozione di “pene ritenute di giustizia”. La dottoressa Sangiovanni ha chiesto un termine di 90 giorni per il deposito delle motivazioni della sua sentenza di assoluzione.ua