CASSINO – “Le dichiarazioni dell’assessore Fabio Refrigeri fatte nel corso del Consiglio Regionale del 7 luglio scorso, citando anche una nota dell’assessore Michele Civita, ci confermano quello che abbiamo sempre pensato sull’ipotesi di fabbricare un impianto teleferico di salita al Montecassino”. Con queste parole Barbara Di Rollo, capogruppo dei Democratici Dinamici, interviene sulla controversa questione riguardante la realizzazione della funivia.
“Un impianto come la Funivia investe, con il suo indotto edilizio e con il suo impatto sull’ambiente, tutta la Città e le abitudini delle persone. Noi siamo sempre convinti che andrebbero avviate, con fiducia e ordine, consultazioni con le forze sociali e politiche della Città, scansando tutte le polemiche e valutando tutte le diverse opinioni che pure hanno circolato e circolano sugli organi d’informazione, per chiarire finalmente il ruolo dell’Amministrazione in questo progetto, e nello sviluppo di questa comunità cittadina.
Questo coinvolgimento permetterebbe all’Amministrazione di stare al passo coi tempi, e di adeguarsi finalmente a una prassi contemporanea consolidata, che è quella dell’urbanistica partecipata, e di incominciare a togliere di mezzo quella pratica di governance della Città, fondata più sulla ricerca e sul conteggio delle maggioranze o minoranze, e non invece sulla condivisione delle decisioni, dopo un processo serrato di confutazione e convinzione.
Già ci sembrò improprio chiedere un voto nel Consiglio comunale, senza chiarire la compatibilità di questo progetto con il Piano Urbanistico Comunale in atto, il cui iter procedurale è stato avviato dopo avere approvato il documento preliminare d’indirizzo che pure noi abbiamo votato in Consiglio, e senza aver chiarito che l’eventuale inserimento di questa infrastruttura in un territorio tanto prezioso quanto vulnerabile non potrebbe assolutamente realizzarsi se non dopo l’obbligatorio iter di autorizzazione previsto dal Regolamento di gestione dell’area protetta “Monumento Naturale Montecassino”(L.R.29/1997) istituito con DPGR 1067 del 2009, e del Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Lo stesso Vezio De Lucia, a chi gli chiedeva, durante un consiglio comunale, di pronunciarsi in merito al progetto della Funivia, e se fosse favorevole alla sua realizzazione e in che modo entrasse in relazione con la sua analisi e previsione urbanistica descritta nel suo documento preliminare al PUC, si mostrò irritato ed esitante, tanto che l’unica risposta, da parte sua, fu che questa costruzione lui la considerava come fosse un restauro.
Ma in questo caso, il restauro è un restauro neanche ricostruttivo, perché niente esiste più del vecchio impianto, ma una vera e propria operazione edificatoria, ex novo, di qualcosa che c’era nel 1930 e che ora non c’è più. Ma nessuna risposta ci fu, da parte di De Lucia, in merito all’utilità di una simile costruzione, in un’epoca come la nostra.
Infatti, seguendo questo criterio, dovremmo iniziare opere pubbliche di ricostruzione di cose antiquate, senza più nessuna relazione con gli usi, i costumi, e i tempi, della nostra società? Di questo passo, allora, i napoletani potrebbero pretendere la ricostruzione della funicolare che saliva al Vesuvio, sfottendosene di tutti i vincoli attuali inerenti al patrimonio e alla sicurezza ambientale relativa a quell’area?
Ma se proprio fossimo convinti di questa azione ricostruttiva, e conoscessimo bene i trend delle economie contemporanee, allora non sarebbe meglio, nell’interesse di Cassino, ricostruire le Terme romane e mettere in uso redditizio il loro funzionamento, considerando che tutti gli indici di PIL e di sviluppo economico mettono il settore relativo ai servizi per il benessere tra i primi posti della classifica, nell’entrata finanziaria?
Sempre in riferimento al Piano Urbanistico Comunale, proprio per il fatto che esso è uno strumento dinamico che si attua con atti di programmazione, bisogna pur dire che in ogni atto di programmazione degli interventi da realizzare, l’Ente deve sempre dimostrare la sostenibilità delle proprie scelte. E qui, per sostenibilità intendiamo non solo la sostenibilità ambientale, in nome della quale si sono consumati tra i peggiori delitti sul territorio negli ultimi decenni, ma soprattutto la sostenibilità economica.
E la sostenibilità economica, oggi non perdona. In questo caso specifico, il Comune o dimostra di poter reggere le scelte proposte e di potere accompagnare le trasformazioni di un’area con gli investimenti necessari oppure non può proporre nessuna trasformazione. Sarebbe grave prevedere un’opera e non portarla compimento per le inadempienze ai propri impegni d’investimento. E non basta dichiarare che queste sono questioni che riguarderanno l’impresa che si occuperà della realizzazione dell’opera.
L’impresa si occuperà della fabbricazione dell’opera o anche dell’impostazione dell’intero iter procedurale verso gli Enti sovraordinati, compresa la statuizione contrattuale per la gestione permanente dell’area infrastrutturale? Qual è il ruolo del Comune in questa storia? Qual è il vantaggio per una Città, come la nostra, che ha visto succedersi, dal 1946 a oggi, 14 persone nella funzione di sindaco per circa 19 consigliature, che hanno lasciato sul tappeto territoriale numerose strutture inefficaci e impotenti, alcune delle quali restano ancora oggi visibili, con i loro scheletri abbandonati e le indicazioni tabellari dei finanziamenti impegnati e in parte sprecati. Noi non vogliamo dare la mano a quest’opera, e lasciarla poi alla semplice logica del profitto, quella che tiene le cose finché c’è remunerazione, e poi le lascia.
Che faremo poi, quando scopriremo quello che già sappiamo, che le difficoltà non stanno nella costruzione di una struttura ma nel suo funzionamento reale, nella sua durata nel tempo, che faremo?! E qui che bisogna essere precisi, non divagare, bisogna chiarire prima chi è che traccia e chi è che segue. Qual è il ruolo del Comune, e della nostra macchina amministrativa, in tutto questo?! E’ una questione di responsabilità.
E la nostra responsabilità è anche verso i nostri Enti sovraordinati. Non si può gettare un sasso in uno stagno, solo per vedere l’effetto che fa. Guardando il rendering del progetto della società Marmolada, pubblicato dai giornali, non si può stare tranquilli. In che cosa trasformeremo quella struttura, nel caso che la Funiva cesserà un giorno di funzionare, come molte cose hanno cessato di funzionare, in questo territorio, per incuria o cattiva gestione?! Come la trasformeremo? La venderemo, come abbiamo fatto con il bel mercato coperto di Piazza san Giovanni, o la trasformeremo in un Lunapark?!
Diciamo questo, per capire qual è stato il movente per la scelta di questa Funivia. La ditta Marmolada ha fatto pubblicare sui giornali, nei giorni scorsi, i risultati di un monitoraggio delle frequenze dell’Abbazia, dichiarando che questo progetto resta per l’impresa remunerativo. E’ ben strano questo, se anche il documento preliminare al PUC riporta un “trend declinante” delle presenze turistiche nella Città, raccomandando di stare accorti su un “possibile appannamento dell’immagine turistica di Cassino” che, qualora non fosse dovuto “alla crisi economica generale…richiederebbe un’attenta analisi per individuarne le cause”.
Un’attenta analisi, e non un sondaggio mordi e fuggi per giustificare un business. Se ripristinare un impianto a fune per la mobilità, nel 2015, è una operazione nostalgica, questo non basta, per un turismo fast com’è quello di oggi. La nostalgia è canaglia: il ricordo, se non è una memoria attiva, è un disastro nell’urbanistica di sempre. A meno che non si voglia caratterizzare Cassino come città vintage, over the rainbow. Antiquata, e non una città contemporanea, estesa, che si pone e risolve le necessità di collegamento efficace delle diverse realtà territoriali, e dei servizi essenziali per le popolazioni che la guardano come riferimento.
Se la Funivia – conclude Barbara Di Rollo – dev’essere un soprammobile da spolverare, allora va bene. Ma se dev’essere uno strumento, tra quelli veri di spostamento, un servizio per tutta la Città, allora noi pensiamo che sia retrò e non metrò, poco fruibile e poco attrattore, a meno che davvero si pensi che tutti verranno a Cassino per ammirare la sua Funivia. Forse, sarà vero il contrario: tutti potrebbero escludere, o diminuire, le visite a Cassino proprio per il fatto che raggiungere l’Abbazia s’è fatto complicato”.