FONDI – “Costruita tra le prime in Italia nel 1880, adattata ed adeguata nei decenni successivi, dismessa e divenuta vecchia negli anni della ricostruzione postbellica, l’idrovora segna l’inizio della fase moderna della bonifica. Ma nella sua storia non sono rilevanti solo le questioni tecniche. Decisivi sono gli assetti sociali, le tradizioni associative dei soggetti che vi hanno parte, la capacità di direzione delle istituzioni pubbliche: un denso insieme di fattori che incrocia le questioni del governo del territorio e dell’uso delle terre, e segna talvolta i caratteri originari delle comunità locali”. Così recita la quarta di copertina del volume “La Macchina vecchia di Pantano”, scritto da Agostino Attanasio ed edito dall’Archivio di Stato per la collana “Carte pontine”.
Abbiamo scelto queste parole per far capire l’importanza storica dell’idrovora Acquachiara di Fondi. Un immobile che ha saputo richiamare l’attenzione delle istituzioni, tanto che i lavori di recupero, realizzati grazie a finanziamenti dell’Unione Europea, sono finiti da anni. Il problema è un altro: il mancato utilizzo della struttura. Un immobile di grande pregio, ristrutturato e arricchito con tutti i comfort – con una spesa che supera abbondantemente i due milioni di euro – che sta diventando oggetto di depredaggi e degrado. Dalle canalette in rame rubate, agli estintori fatti sparire, fino alle pedane e ai bidoni abbandonati nel cortile.
Va detto che la “Macchina vecchia” era dotata di tutto: dal citofono, ai condizionatori. Oggi, però, prima di essere utilizzata necessita di un nuovo ed importante intervento di restyling. La proprietà è del Comune, ma l’ente dovrebbe sborsare centinaia di migliaia di euro per riportare la struttura in uno stato almeno dignitoso. In origine sarebbe dovuto diventare un museo della Bonifica, oggi è un monumento allo spreco.
Riccardo Antonilli