GAETA – Il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal consigliere comunale Antonio Raimondi contro il Comune di Gaeta e nei confronti del presidente del Consiglio comunale Luigi Coscione, per l’annullamento delle delibere consiliari nn. 47, 48, 49 e 50 del 3 agosto 2012 e n. 51 del 4 agosto 2012 per violazione del regolamento del Consiglio comunale.
Il presidente del consesso civico Coscione ha espresso soddisfazione per questa sentenza, che conferma la sua correttezza interpretativa del regolamento comunale.
Difatti, la Sezione Prima, nell’adunanza del 4 febbraio scorso, su richiesta di parere del Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli affari interni e territoriali, il Consiglio di Stato dichiara inammissibile il ricorso del consigliere Raimondi in quanto «il ricorrente non contesta l’avviso di convocazione del Consiglio comunale dal quale risulta che il consesso civico era stato convocato per il giorno 3 agosto 2012 alle ore 9 fino all’esaurimento degli argomenti all’ordine del giorno e, solo all’occorrenza, anche per i giorni successivi, salva diversa determinazione del Consiglio comunale stesso».
Quindi, il Consiglio comunale, attenendosi a quanto già comunicato ai consiglieri in sede di convocazione, ha deliberato a maggioranza la prosecuzione dei lavori (oltre i limiti indicativamente concordati in conferenza dei capigruppo). A tale votazione hanno partecipato i consiglieri presenti in aula, ivi compresi anche i capigruppo, i quali non si sono opposti e non hanno chiesto a maggioranza una sospensione della seduta, per discutere prima della votazione la questione nella conferenza dei capigruppo.
D’altronde, negli enti locali la conferenza dei capigruppo svolge una funzione di natura consultiva, di ausilio e di supporto all’attività del presidente delle adunanze consiliari, funzione che si concretizza nella possibilità di sottoporre al parere di tale conferenza questioni di particolare interesse o delicatezza prima di deferirne l’esame all’organo consiliare. In questo caso risulta che la conferenza dei capigruppo si era espressa per determinate giornate e fasce orarie per la discussione degli argomenti, iscritti all’ordine del giorno di convocazione del Consiglio comunale.
Il Consiglio comunale – come lo stesso presidente Coscione aveva più volte rimarcato – è sovrano di decidere un eventuale cambio del percorso dei lavori di adunanza; ne consegue che eventuali lesioni del regolamento per il funzionamento devono essere sollevate da colui che ritiene lesi i suoi diritti; nel caso in esame, dalla stessa conferenza dei capigruppo. Risulta però che la maggioranza dei capigruppo era favorevole alla continuazione dei lavori.
L’estensore della sentenza Hans Zelger sottolinea che «l’interesse da parte dei singoli consiglieri comunali dissenzienti di impugnare una decisione dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, atteso che di regola il giudizio amministrativo non è aperto alle controversie tra organi o componenti di organi dello stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive. Per cui, essa rimane circoscritta alle sole ipotesi di lesione della loro personale sfera giuridica, come nel caso di scioglimento dell’organo, di mancata comunicazione della convocazione o di nomina di un commissario ad acta, in cui detto effetto lesivo discende ab externo rispetto all’organo di cui fa parte».
E aggiunge che «tale interesse non risiede nella deviazione dell’atto impugnato rispetto allo schema normativamente previsto, quando da essa non deriva la compressione di una sua prerogativa inerente all’ufficio, occorrendo in ogni caso aver riguardo alla natura e al contenuto della delibera impugnata, e non alle norme interne relative al funzionamento dell’organo (Consiglio di Stato sez. V 7 luglio 2014 n. 3446)».
Infine, nel ribadire l’inammissibilità del ricorso, l’estensore conclude che «è stata libera scelta del ricorrente di abbandonare l’aula consiliare rinunciando ai lavori di discussione e di deliberazione; per cui, nessuna compressione della sua prerogativa inerente all’ufficio di consigliere comunale è derivata dalla decisione dello stesso Consiglio comunale alla quale il ricorrente ha partecipato, anche se con voto contrario».