FORMIA – “Negli ultimi tempi si continua a discutere sullo stato in cui versa il parcheggio multipiano di piazza Aldo Moro e sul perché sia stato chiuso. Non ci sfugge la gravità del fatto che un’opera inaugurata nel dicembre del 2009, dall’allora sindaco Michele Forte, dopo appena cinque anni è stata chiusa e probabilmente lo sarà ancora per molto, ma riteniamo che in particolare le forze politiche di questa città abbiano altre priorità di cui discutere”. Lo dichiara il Circolo di Rifondazione Comunista “Enzo Simeone”.
“Tra di esse – si legge in una nota – crediamo che sia necessario, da subito, occuparsi delle varie vertenze lavorative che sono esplose negli ultimi anni e che vedono spesso i lavoratori vittime sacrificali di imprenditori senza scrupoli che usano le presunte crisi aziendali per metterli alla porta.
Pensiamo ai lavoratori di Sorriso sul Mare, che nel novembre 2012, sono stati licenziati dai proprietari della clinica con la motivazione che la regione Lazio, col decreto dell’allora commissario Polverini, attualmente senatrice PDL, aveva imposto la riconversione di tutte le case di cura in strutture sanitarie terapeutiche riabilitative, di vario livello assistenziale e che quindi una parte del personale non era più necessario.
Nonostante l’impegno pubblico, assunto il 31 marzo 2015, dal presidente della regione Nicola Zingaretti, nel trovare una soluzione, nulla di concreto è stato fatto per dare una risposta alla loro vertenza.
Situazione drammatica è anche quella dei 53 ex dipendenti del cravattificio “Gino Pompei”. Da quando è scaduto il tirocinio formativo che li ha visti lavorare, per due anni, presso le scuole della nostra città, sono senza stipendio e crediamo che non vedranno un becco di un quattrino molto presto.
Nemmeno negli appalti comunali in concessione a privati possiamo stare tranquilli, viste alcune situazioni esplosive.
E’ il caso dei lavoratori della SIS che si occupano della sosta a pagamento a Formia, e che sono in cassintegrazione (quindi perdita di ore di lavoro con conseguente decurtazione dello stipendio) e del cui futuro lavorativo non si hanno certezze, visto che pare che la società voglia rescindere il contratto, lamentando incassi molto al di sotto degli importi previsti dall’appalto.
Più volte, ad esempio, i lavoratori della la ditta Cofely, che si occupa della manutenzione ordinaria e straordinaria di una serie di servizi comunali, hanno lamentato il ritardo nel pagamento degli stipendi. E questo nonostante il valore dell’appalto sia di oltre 14milioni di euro.
Lo stesso dicasi dei dipendenti dell’ATP. Il continuo ritardo con il quale la regione Lazio ha liquidato, negli anni, al comune di Formia le somme dovute per il trasporto pubblico, si è ripercosso sul pagamento degli stipendi dei dipendenti. E oggi si profila il pericolo di tagli al capitolo di bilancio che la stessa regione Lazio riserva al finanziamento del trasporto locale.
Ancora è da chiarire poi il futuro dei lavoratori che attualmente sono alla dipendenza della Latina Ambiente e che dal 1° Maggio saranno invece assunti dalla Formia Rifiuti Zero.
Secondo un’interpretazione audace dell’opposizione consiliare formiana (Udc, Generazione Formia ed Idea Domani), potranno essere assunti solo i dipendenti comunali e non gli altri 55 operai. A nostro avviso invece per i dipendenti la vera spada di Damocle è la nuova riforma del lavoro nota come “Jobs Act”.
Secondo la Filcams Cgil, infatti, «leggendo il decreto 183/14, che sancisce la riforma dell’articolo 18 e in sostanza il suo superamento, si evince come i lavoratori in appalto (pulizie, ristorazione collettiva e commerciale, vigilanza etc) in caso di subentro di una nuova azienda, qualora vengano riassunti dalla stessa, si troveranno con ogni probabilità un nuovo contratto a tutele crescenti senza il diritto al reintegro in caso di licenziamento ingiustificato».
Così come facciamo nostro l’allarme lanciato dall’unione sindacale di base (USB) che ha visto nel bando di gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica, per le scuole dell’infanzia e primarie, l’assenza di garanzie del mantenimento del posto per i lavoratori, nel passaggio dall’attuale società alla nuova.
Senza dimenticare i tanti piccoli casi che non riescono ad avere spazio, perché i lavoratori non hanno la possibilità di far sentire la propria voce, in quanto ricattati dall’indifferenza generale e dal timore di ritorsioni dei loro ex-datori di lavoro. Insomma diamoci una mossa prima che la situazione degeneri e che per molti il lavoro diventi una chimera.
Da parte nostra crediamo che una prima risposta possa essere l’auto-organizzazione dal basso dei lavoratori, così da avviare nuovi e più incisivi percorsi di lotta contro chi ci vuole ridotti in schiavitù”.