ROMA – Nicola Zingaretti va sospeso. A dirlo è il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, che aveva bocciato la Regione Lazio già lo scorso settembre in merito alla nomina di Giovanni Agresti a commissario straordinario dell’Ipab SS. Annunziata di Gaeta. Una procedura illegittima, già evidenziata in un’indagine della Guardia di Finanza, in quanto Agresti era “incompatibile” a ricoprire quel ruolo.
Secondo la legge, il presidente Zingaretti avrebbe dovuto essere sospeso per 90 giorni dalla facoltà di fare altre nomine ma mesi fa la responsabile della Prevenzione della Corruzione del Lazio non ha ritenuto di applicare la misura e ha presentato una “difesa” all’Anac che, però, non ha convinto Cantone, secondo cui la responsabile dell’ufficio regionale si è “limitata ad acquisire la memoria difensiva del presidente della Regione Lazio e a sposarne integralmente le conclusioni”.
Cantone aggiunge, senza usare mezzi termini: “Nel merito, non vi sono elementi per non concordare con le conclusioni della Guardia di Finanza, sia per ciò che attiene alla carenza di controlli sulla sussistenza delle cause d’inconferibilità dell’incarico de qua e sulla mendacità della dichiarazione resa dal sig. Agresti, ante nomina e contestualmente alla stessa, sia sui criteri di valutazione dell’elemento soggettivo della colpevolezza, valutazione che il responsabile della Prevenzione della Corruzione non ha effettuato”.
Come già scritto su Temporeale.info a suo tempo, Agresti non poteva essere nominato commissario dell’Ipab in quanto era amministratore unico della Gest-Var, una società che gestisce due cliniche private. Benché lui non avesse dichiarato di ricoprire questo incarico, nel suo curriculum vitae era riportato. Ecco, dunque, l’errore di Zingaretti: non aver controllato entrambi i documenti.
Agresti era stato investito del compito di risanatore delle attività della struttura che controlla le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, da cui l’acronimo IPAB, di quattro comuni: l’Ipab Casa di Riposo “Curzio Salvini” di Terracina, l’Ipab Asilo Giardino d’Infanzia “Coniugi Capponi Palombi” di S. Felice Circeo, l’Ipab Asilo Infantile “Umberto I” di Formia, l’Ipab “Stabilimento SS.Annunziata ed Annessi” di Gaeta. L’Ipab gestisce anche il Teatro Remigio Paone di Formia. Il funzionario avrebbe dovuto svolgere il ruolo di commissario straordinario regionale per sei mesi.
“Le pubbliche amministrazioni sono tenute a verificare la sussistenza di eventuali condizioni ostative in capo ai dipendenti e/o soggetti cui l’organo di indirizzo politico intende conferire incarico”, ricorda Cantone. Dunque ai danni Zingaretti, precisa ancora l’Anac, “si sarebbe dovuta configurare, almeno, la colpa per omesso controllo sulla veridicità delle dichiarazioni rese ai fini del conferimento dell’incarico. Omesso controllo, ancor più grave nel caso di specie se solo si considera che la possibilità di effettuare una verifica sugli incarichi è, come noto, di facile praticabilità da parte di colui che conferisce gli stessi e che, nel caso de quo, gli incarichi in conflitto con quello inconferibile sarebbero potuti facilmente rientrare nella piena conoscibilità del presidente della Regione, i cui decreti di autorizzazione e accreditamento sono stati adottati dallo stesso presidente della Regione, in qualità di commissario ad acta”.
Invece, continua Cantone, “i procedimenti di controllo previsti nella Regione Lazio non sono stati attuati. Essi, peraltro, non appaiono neppure idonei ad evitare il conferimento di incarichi inconferibili”. Poi ci sono le colpe dell’ufficio per la prevenzione della corruzione della Pisana che è stato “influenzato” e ha mostrato “scarsa autonomia”. Oltre a “scarso riconoscimento d’autorità da parte dei dirigenti delle Direzioni”. Dunque, conclude Cantone, “sussistono criticità nel procedimento instaurato dalla responsabile prevenzione della corruzione nei confronti del presidente della Regione Lazio”. E lo stesso “impianto anticorruzione della regione Lazio deve essere modificato al fine di garantire piena autonomia ed indipendenza”.
Sul caso è intervenuto il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle, che tempo fa aveva chiesto l’accesso agli atti che riguardavano la nomina illegittima all’Ipab e ieri ha presentato un’interrogazione sulla mancata sospensione di Zingaretti.
Il consigliere pentastellato Gianluca Perilli, a seguito di un accesso agli atti, ha rivelato: “Dopo il ricorso al Tar, di cui anche l’avvocatura dello Stato ha chiesto l’accoglimento, depositato dal nostro gruppo consiliare contro l’assoluzione di Zingaretti per la nomina illegittima di Agresti, ho appreso che il presidente dell’Anac Cantone, in una nota recapitata alla Regione lo scorso dicembre, ha evidenziato ‘la contraddittorietà’ tra la determinazione finale assunta dal Rpc (responsabile anti corruzione regione Lazio) e gli atti propedeutici all’adozione del provvedimento, contraddittorietà che denota una carenza di valutazione sull’elemento psicologico ravvisabile in capo al Presidente della regione Lazio”.
E Perilli ha scoperto anche che “nei confronti del quale, a parere dell’Autorità, si sarebbe dovuta configurare, almeno, la colpa per omesso controllo sulla veridicità delle dichiarazioni rese ai fini del conferimento dell’incarico, aggiungendo che ‘dall’indagine della Gdf emerge come il Rpc, durante il procedimento sanzionatorio, sia stato oggetto di atti diretti e indiretti di influenza, volti ad indirizzarne comportamento’”.
La vicenda è tutt’altro che chiusa, insomma. Infatti il consigliere grillino ha depositato un’interrogazione per sapere dal governatore Zingaretti “quali atti diretti o indiretti di influenza abbia subito la responsabile anticorruzione e in che modo questi volessero influenzare il comportamento della stessa”. L’auspicio di Perilli è che “il presidente, dopo aver pubblicizzato urbi et orbi la sua assoluzione e avere invece taciuto su questa nota, risponda rapidamente e chiaramente, senza stravolgere il senso delle dure parole di Cantone e senza aggrapparsi ai soliti specchi retorici”.
Giuseppe Mallozzi
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