MINTURNO – Un matrimonio che dura da oltre dieci anni. Quello tra il Comune di Minturno e l’Ismef – acronimo che sta per Istituto Mediterraneo di Formazione per le Professionalità Nautiche – non è stato dei più felici e oggi è tornato alla ribalta con la richiesta formulata dal Partito Democratico di Minturno, indirizzata al commissario prefettizio Bruno Strati e al Prefetto di Latina, Pierluigi Faloni, di revoca della convenzione.
Una convenzione della durata di 30 anni che sarebbe servita per la riqualificazione dell’ex fabbrica di laterizi “Sieci”, sita sul lungomare. Ad oggi quel complesso archeologico industriale è ancora lì: un rudere fatiscente che è diventato ormai il simbolo di Scauri. L’argomento sarà in discussione a giorni in Senato. Nel luglio 2014 il senatore del Pd Claudio Moscardelli presentò un’interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, per fare luce finalmente sui finanziamenti reali ancora attivi e dopo oltre un anno è giunta una risposta, come è stato anticipato nella conferenza stampa di sabato scorso.
LE SIECI. L’ex fabbrica di laterizi “Sieci” rappresenta oggi un esempio di archeologia industriale ma anch’essa versa in uno stato di colpevole degrado. Lo stabilimento, sorto sul litorale scaurese nel 1880 e chiuso nel 1982, in seguito al fallimento dell’azienda, era dedito alla produzione di mattoni e di “tegole marsigliesi”, esportati anche in Sudamerica, attraverso la via del mare. L’edificio è stato realizzato in pietra, mattoni e cemento armato e al suo interno presenta il tipico “Forno Hoffmann”, con il quale avveniva la cottura a ciclo continuo dei laterizi. La fabbrica si impone ancora oggi come un complesso edilizio di grande suggestione formale, ispirato nell’immagine a forme architettoniche romaniche. L’elemento caratterizzante la struttura è rappresentato dalla ciminiera, da cui deriva l’appellativo di “fumaiolo”.
LA CONVENZIONE. Il primo contatto con il Comune di Minturno è del 2002 (all’epoca era sindaco Paolo Graziano), con il quale l’Istituto Mediterraneo di Formazione per le Professionalità Nautiche (costituito l’anno prima in una onlus, con sede legale – guarda caso – proprio a Palazzo Grazioli a Roma) – su spinta dell’Onorevole Gianfranco Conte, deputato in quota Forza Italia – ma è del novembre 2005, con sindaco Pino Sardelli, la stipula della convenzione di ben 30 anni di comodato d’uso gratuito approvata in consiglio comunale (che modifica la precedente fatta da Graziano che ne prevedeva solo 10). Il progetto riguardava la creazione di un polo di formazione per le professioni nautiche con il consenso e i finanziamenti dell’allora Ministero della Navigazione (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). Il contributo pubblico era stimato intorno ai 30 milioni di euro, che sarebbero stati erogati a scaglioni anno per anno, di cui metà per attività di formazione e promozione, e l’altra metà sarebbe stata utilizzata per il recupero della fabbrica dismessa. Viene approvato un progetto di massima che prevede la riconversione del sito in struttura polivalente destinata ad accogliere, tra gli altri, un’area museale, una piscina e un laboratorio bio-marino.
All’epoca, tra il 2005 e il 2007, ci furono numerose proteste contro questa convenzione sia da parte della politica, con gli allora consiglieri di minoranza Franco Mallozzi (DS) e Maurizio Granata (Margherita), insieme al gruppo civico di “Tradizioni e Valori” formato da Pino Russo, Ercole Conte, Maurizio Colacicco e Americo Zasa, che sono scesi più volte in piazza, sia dalla società civile con raccolte firme e manifestazioni.
Nel 2010 venne posata la prima pietra dall’allora sindaco Aristide Galasso e dall’Onorevole Conte. Fu un evento sbandierato su tutti i media. Poi il silenzio o quasi. L’anno dopo aprirono i cantieri sull’edificio che ospitava l’essiccatoio ma subito bloccati perché c’era il pericolo di crollo. L’Ismef aveva fatto sapere che avrebbe richiesto il parere della Sovrintendenza per abbattere l’edificio e costruirlo ex novo. Di quella richiesta nulla è dato sapere. Di certo c’è che i lavori sono bloccati, per non parlare del rimpallo di competenze: dal Comune dicono che tutti gli adempimenti burocratici sono stati fatti, dall’Ismef che dall’Ente devono ancora pervenire dei nulla osta. In questo decennio l’Ismef ha incontrato diversi problemi: sette anni sono passati per superare gli ostacoli della burocrazia e solo i restanti tre sono da considerarsi operativi. Nel frattempo è stata siglata una convenzione con l’Enea, che per chi non lo sapesse è l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Perché? È presto detto: le Sieci sono a rischio sismico. Cioè, fino ad ora non ci si era accorti che quell’edificio è pericolante e pertanto viene richiesta la consulenza di professionisti del settore. Quelli effettuati fino ad oggi all’ex complesso Sieci sono stati tutti lavori di bonifica e messa in sicurezza, avviati nel 2010 con ingenti somme di denaro. Il Comune di Minturno, individuato quale stazione appaltante, nel 2011 ha emanato e gestito direttamente la gara d’appalto per l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza del complesso in questione di cui era contrattualmente prevista la conclusione a maggio 2012.
IL MISTERO DEI FINANZIAMENTI. Dei 30 milioni di euro ipotizzati all’inizio oggi sono rimaste le briciole. Nell’ultima commissione Ismef nel luglio 2014 (in realtà convocata solo un paio di volte) – che in dieci anni non era mai stata insediata e solo dopo le insistenze del consigliere comunale Gerardo Stefanelli è stata finalmente creata – è emerso un particolare inquietante: i vertici dell’Ismef hanno infatti riferito che è andata persa una parte finanziamenti, che da 10 milioni si sono ridotti a 3,3 milioni di euro, a causa della mancata presentazione di progetti da parte del Comune di Minturno. Insomma, non solo la somma ipotizzata all’inizio è stata ridotta, in quanto dirottata sul porto di Genova, ma in seguito si è ulteriormente assottigliata a causa della mancata presentazione di progetti da parte del Comune di Minturno.
“La somma restante – dichiararono all’epoca i due consiglieri del Partito Democratico, Mimma Nuzzo e Gerardo Stefanelli, in seguito alla seduta della commissione – servirà per lo sminamento, la progettazione e il primo stralcio dei lavori. Se davvero stanno così le cose, riteniamo che l’amministrazione comunale debba prendere provvedimenti per tornare a fruire del complesso Sieci e del Castello Baronale in quanto non vi sarebbe la copertura per la realizzazione della struttura. Ora starà al Ministro delle infrastrutture chiarire la veridicità di questi dati. Da quanto appreso fino ad ora vi sarebbero delle responsabilità delle amministrazioni precedenti che non si sono mai interessate per l’erogazione dei finanziamenti e questo sarebbe un fatto molto grave perché si sono persi soldi pubblici a danno della comunità”.
L’AFFIDAMENTO DEL CASTELLO BARONALE. Altro aspetto è l’affidamento del Castello Baronale di Minturno in attesa del restauro delle Sieci. L’antico maniero fu concesso nel 2006 per cinque anni come sede per ospitare le attività dell’Istituto di formazione. In questi anni, l’Ismef ha diplomato 220 allievi, quasi tutti occupati (molti anche all’estero) grazie alle competenze specifiche acquisite nel settore nautico. L’attuale convenzione, di proroga di altri 5 anni, è stata sottoscritta con il commissario straordinario Vincenzo Greco il 17 giugno 2012 e scadrà il 16 gennaio 2017. Quindi alla scadenza naturale della convenzione il Comune di Minturno, qualora decidesse di non prorogare la convenzione, potrà ritornare nel pieno possesso dell’edificio. Ma c’è un ma: l’antico maniero versava – e in molte aree ancora oggi versa – in condizioni di fatiscenza e degrado e fu proprio l’Ismef ad occuparsi, anche economicamente, dei necessari interventi di messa in sicurezza e adeguamento funzionale. E questo potrebbe pesare sulla restituzione, in quanto l’Istituto potrebbe chiedere un corrispettivo economico per i lavori eseguiti e sembra sia stato avviato anche un contenzioso con lo stesso Comune di Minturno. Nel frattempo, sia l’amministrazione Graziano che il commissario prefettizio Bruno Strati si sono riservati sulla futura proroga, in quanto l’Università di Cassino, inizialmente facente parte del progetto, si è defilata e questo potrebbe far decadere la convenzione stessa. Ma anche su questo aspetto c’è poca chiarezza.
L’INTERROGAZIONE DI MOSCARDELLI. Veniamo quindi ai giorni nostri. La risposta all’interrogazione parlamentare presentata a luglio 2014 dal Senatore PD Claudio Moscardelli al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi è giunta solo in questi giorni.
Nel documento Moscardelli chiede di sapere: “se sia stata rispettata totalmente nei suoi contenuti la convenzione di riferimento, stipulata tra il Ministero e Ismef; quali interventi di ristrutturazione, di manutenzione, di adeguamento o di altro tipo siano stati effettuati ad oggi dall’Ismef; se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza delle reali condizioni in cui versano attualmente gli edifici destinati a polo didattico, come previsto nella convenzione; se il Ministero abbia effettuato le verifiche e i controlli sugli obblighi previsti dalla stessa convenzione e in quali forme”. In questa settimana andrà in discussione in Senato e i contenuti saranno illustrati in un incontro pubblico fissato per sabato prossimo.
Insomma, si cerca di fare chiarezza in merito ai finanziamenti e allo stato in essere dei lavori sul complesso dell’ex fabbrica di laterizi, in quanto “i consiglieri comunali di Minturno hanno presentato numerose interrogazioni al sindaco pro tempore e alla Giunta comunale riguardanti la situazione strutturale degli immobili ex area Sieci e del Castello Baronale di Minturno, senza, tuttavia, ottenere alcuna risposta formale in merito”.
Le carte in possesso del PD di Minturno – acquisite anche da Temporeale.info e sulle quali diamo contezza in altro approfondito servizio – il cui contenuto in parte già è stato illustrato nel corso della conferenza stampa di sabato scorso, farebbero emergere una storia di inefficienza amministrativa lunga oltre dieci anni. Si parla di oltre 8 milioni di euro utilizzati per sole attività di formazione e nemmeno un euro speso per la riqualificazione dell’ex fabbrica Sieci, quest’ultima al centro della convenzione con il Comune di Minturno. Addirittura oltre 900mila euro spesi non sarebbero stati rendicontati dall’Ismef e lo stesso Ministero delle Infrastrutture ne chiede conto, come mancano anche i progetti di riqualificazione dell’area, puntualmente richiesti da Roma ma mai presentati.
Giuseppe Mallozzi
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