Minturno / Rimborso spese legali, il caso Graziano finisce in Senato: interrogazione di Fazzone

Minturno Politica Top News

MINTURNO – Il caso del rimborso delle spese legali dell’ex sindaco di Minturno Paolo Graziano finisce in Senato. E’ stato il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone a presentare una interrogazione a risposta scritta al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia.

Claudio Fazzone
Claudio Fazzone

Come già scritto un paio di mesi fa su Temporeale.info, Graziano aveva citato in giudizio il Comune di Minturno per il rimborso di spese legali sostenute durante il suo mandato di sindaco a partire dal 2001, pari a circa 63mila euro, in seguito all’opposizione presentata dal commissario straordinario Bruno Strati, il quale nella delibera n. 16 dell’8 febbraio 2016 scrive nero su bianco che “l’ente non è tenuto a rimborsare agli amministratori le spese legali per giudizi che li hanno coinvolti nell’espletamento del mandato in quanto detto rimborso non è previsto da alcuna normativa”.

Nell’interrogazione, Fazzone difende il principio per il quale “è indispensabile restituire a quegli amministratori legittimamente investiti del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, che hanno già subìto ingiustamente l’onta ed il peso di un processo, quantomeno la certezza che i costi derivanti dall’esecuzione di un legittimo compito non saranno a carico loro, ma a carico del Comune o ente rappresentato”.

Marianna Madia
Marianna Madia

E per tale motivo chiede di sapere “se il Ministro in indirizzo, stante la delicatezza della questione esposta e al fine di evitare contrasti interpretativi con conseguenti ed incostituzionali disparità di trattamento, ritenga opportuno adottare un provvedimento normativo, atto a chiarire l’efficacia retroattiva della norma di cui all’art. 7-bis del decreto-legge n. 78 del 2015”.

Di seguito il testo integrale dell’interrogazione.

Premesso che, a quanto risulta all’interrogante:

il Comune di Minturno (Latina), nella persona del commissario prefettizio, che ha sostituito il sindaco dimissionario, ha opposto il diniego al rimborso delle spese legali ad ex amministratori locali, nonostante la definitiva sentenza di assoluzione, emessa dal competente Tribunale;

altri Comuni, incomprensibilmente, stanno scegliendo la strada del mancato rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori, nonostante una definitiva sentenza di assoluzione;

considerato che:

nel 2012, con 2 distinti interventi, la Corte dei conti si è espressa a favore del rimborso delle spese legali agli amministratori locali, assolti in procedimenti penali, scaturiti nell’esercizio delle funzioni svolte;

il primo degli interventi, espresso con parere n. 86/2012 della sezione Lombardia, ha individuato il fondamento del diritto al rimborso delle spese legali a favore degli amministratori locali nell’istituto civilistico del mandato (art. 1720 del codice civile);

il secondo degli interventi, rappresentato dalla sentenza n. 787/2012 della sezione Puglia, ha confermato l’applicabilità, per analogia, dell’istituto del mandato agli amministratori locali e il diritto al rimborso;

il principio di diritto affermato dalla Corte dei conti è che gli amministratori non devono sopportare ulteriori costi e quindi subire danni, per fatti connessi allo svolgimento di compiti istituzionali;

per la Corte dei conti, il vuoto normativo in materia è solo apparente, perché il sistema giuridico italiano affida al giudice la ricerca della norma da applicare, in ragione della completezza dell’ordinamento;

nella fattispecie, la norma da applicare è, a parere della Corte, l’art. 1720 del codice civile, in forza del quale il mandante deve rimborsare i danni che il mandatario subisce a causa dell’incarico, quando ricorrono i seguenti presupposti: conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione con formula piena o provvedimento di archiviazione; assenza di conflitto di interessi; presenza di nesso causale tra l’attività esercitata ed i fatti giuridicamente rilevanti;

al contrario della Corte dei conti, la magistratura ordinaria, con le sentenze n. 10052/2008 e n. 12645/2010, ha negato il rimborso per la “non pertinenza di un richiamo all’analogia perché il procedimento analogico risulta correttamente evocabile quando emerga un vuoto normativo nell’ordinamento”;

il legislatore, onde evitare le eventuali disparità di trattamento scaturenti dal contrasto giurisprudenziale generatosi sul punto, ha colmato il presunto vuoto normativo introducendo l’art. 7-bis al decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 125 del 2015 (legge Madia), con cui è stato sostituito il comma 5 dell’art. 86 del testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) e si è così disposto che “il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile (…) nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione”;

con la nuova disposizione è stato confermato il principio secondo cui “la rimborsabilità delle spese legali per gli amministratori locali costituisce principio fondamentale dell’ordinamento, secondo il quale chi agisce per conto di altri, in quanto legittimamente investito del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, non deve sopportare gli effetti svantaggiosi del proprio operato”;

nonostante l’affermazione inequivocabile del diritto al rimborso, in presenza dei presupposti di legge, alcuni Comuni, come Minturno, continuano ad opporre il diniego al rimborso, assumendo che la nuova normativa non è applicabile ai procedimenti in corso ma solo a quelli nuovi iniziati, cioè, dopo l’entrata in vigore dell’art. 7-bis citato;

è indispensabile restituire a quegli amministratori legittimamente investiti del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, che hanno già subìto ingiustamente l’onta ed il peso di un processo, quantomeno la certezza che i costi derivanti dall’esecuzione di un legittimo compito non saranno a carico loro, ma a carico del Comune o ente rappresentato,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, stante la delicatezza della questione esposta e al fine di evitare contrasti interpretativi con conseguenti ed incostituzionali disparità di trattamento, ritenga opportuno adottare un provvedimento normativo, atto a chiarire l’efficacia retroattiva della norma di cui all’art. 7-bis del decreto-legge n. 78 del 2015.