FORMIA – Vent’anni di reclusione, dieci in meno rispetto alla pesante richiesta formalizzata dal sostituto Procuratore Alfredo Mattei. E’ l’entità della condanna inflitta, dopo una breve camera di consiglio, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cassino Donatella Perna al termine del rito abbreviato secco nei riguardi di Michele Rossi, l’uomo di 60 anni che il 29 maggio dello scorso anno con un colpo secco di pistola alla testa uccise l’avvocato Mario Piccolino, di 71 anni.
Il delitto, che si consumò all’interno dell’abitazione della vittima in via della Conca, nel quartiere di Mola a Formia, destò molto clamore: fu inquadrato nei primi giorni in una ritorsione della camorra nei confronti dell’avvocato Piccolino per la sua attività di denuncia che compiva sul suo blog Freevillage anche se la verità venne a galla due settimane dopo quando la Polizia arrestò a San Cosma e Damiano Rossi grazie al contenuto di sistema di videosorveglianza di una farmacia poco distante l’abitazione-studio di Piccolino venne arrestato e si assunse completamente la responsabilità del delitto.
Il motivo? Il rancore che maturava contro il legale formiano a causa di un contenzioso in sede civile che lo aveva visto soccombere, sul finire degli anni novanta, per il possesso di una grotta sull’isola di Ventotene. Il Gup Perna ha deciso che la richiesta di provvisionale formalizzata dal fratello della vittima, Marco, costituitosi parte civile attraverso l’avvocato Alberto Scerbo, sarà definita in sede civile.
Il legale di Rossi, Andrea Di Croce, ha già preannunciato ricorso in appello perché il suo assistito non uccise con la premeditazione: era incapace di intendere e di volere in conseguenza delle conseguenze di un’ischemia e di due ictus che lo avevano colpito nel 2014. E poi la “guerra” di perizie tra la consulente del Tribunale e la psicologa del carcere di Cassino.