GAETA – Vola l’export in transito dal Porto commerciale di Gaeta, con una tonnellaggio di merci in uscita che nel primo quadrimestre del 2016 è quadruplicato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I dati ufficiali resi noti dai Porti di Roma è eloquente: i prodotti in partenza dalle banchine dello scalo del sud Pontino sono numericamente aumentati, segno della crescita dell’intera economia della zona.
Ad aumentare soprattutto il cemento destinato in nord Africa e alla Spagna (oltre 120mila tonnellate), oltre alla componentistica di alta tecnologia destinata al settore Oil & Gas, che vede molte aziende puntare all’export grazie al know how acquisito.
“La movimentazione di questi ultimi prodotti è avvenuta esclusivamente a circuito chiuso, attraverso imbarchi pneumatici con impatto zero sull’ambiente” ha detto Maurizio Girondino, responsabile del Terminal di Gaeta di intergroup, azienda di logistica che da 30 anni carica e scarica navi in transito in porto.
Da segnalare anche l’aumento del livello di traffici dei prodotti agroforestali, che fanno di Gaeta il terminal di riferimento non solo dell’Italia centromeridionale ma anche di tutta la Penisola. Tali prodotti, principalmente pellet di legno utilizzati per il riscaldamento, arrivano da Stati Uniti, Canada e paesi baltici.
In generale, il primo quadrimestre ha visto un aumento del numero delle navi accostate al porto di Gaeta, passate da 54 a 75, a tutto vantaggio dell’economia della zona visto che il valore aggiunto portato da ciascun arrivo è stimato in diverse decine di migliaia di euro, tra indotto, occupazione, tasse portuali e benefici diretti alle imprese della zona.
Ma nulla è lasciato al caso: tali incrementi di materiali movimentati sono sì il frutto della rinnovata fiducia economica delle aziende votate all’export ma sono anche dettati dai cospicui investimenti effettuati dai Porti di Roma (l’autorità che sovrintende agli scali di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta) negli ultimi 2 anni, che hanno portato da un lato al dragaggio dei fondali antistanti le banchine – che entro fine anno raggiungeranno i 12 metri di profondità, permettendo già oggi l’arrivo di navi di grandi dimensioni – e dall’altro all’ampliamento delle banchine stesse, che secondo il masterplan dell’Autorità quadruplicheranno la superficie operativa, consentendo la movimentazione di più navi contemporaneamente e dando un ulteriore impulso all’economia del cosiddetto “retroporto”, che comprende zone come il basso Lazio, l’Alta Campania, fino all’Abruzzo e al Molise.
Ma gli investimenti dell’Autorità hanno riguardato anche la sicurezza e l’ecosostenibilità: nel primo caso sono stati informatizzati e controllati elettronicamente i transiti dei mezzi pesanti attraverso i gate di accesso in porto: nel secondo caso sono stati installati dei lavaruote per camion, in modo da non disperdere nell’ambiente quelle sostanze polverose che dovessero essere caricate in porto.