Minturno

Mafie in aumento nel sud Lazio, ecco il rapporto

ROMA – E’ un rullino di marcia che lascia spazio a poche interpretazioni. Il rapporto sulle mafie dell’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione  Lazio guidato dal presidente Gianpiero Cioffredi non lascia alcun margine di manovra ai “negazionisti”, come del resto ha sostenuto ieri nel convegno di Sperlonga il questore di Latina Giuseppe De Matteis, non c’è più spazio per i “negazionisti”. Anzi, le organizzazioni criminali sono addirittura in aumento. Dalle 88 del 2015 alle 92 attuali. Il rapporto, che parte ovviamente da una radiografia della situazione a Roma e provincia, dedica ampio spazio al Sud del Lazio, con un apposito capitolo di cui riportiamo integralmente il passo dedicato al Sud Pontino, con in particolare evidenza il triangolo compreso tra i comuni di Minturno, Santi Cosma e Damiano e Castelforte. Nella provincia di Latina, – si legge nel documento – nell’ultimo anno, sono stati commessi circa sette episodi di attentati e intimidazioni: il 6 marzo del 2015 vengono attaccati tre proiettili, con il nastro adesivo, agli automezzi dell’associazione Lazio Dializzati Onlus in via San Carlo da Sezze; il 6 luglio del 2015 viene scagliata una molotov contro il gazebo del bar Zigarelli Street; la notte tra il 1 e il 2 ottobre del 2015 viene incendiata l’auto del consigliere comunale Gianni Chiarato già nel 2014 vittima di un attentato dello stessa fattispecie; il 5 ottobre del 2015 il bar Epicentro viene danneggiato da un incendio doloso; il 9 ottobre del 2015 una bomba a mano inesplosa viene rinvenuta davanti al ristorante GiàSai in precedenza oggetto di gravi attentati; il 30 dicembre del 2015 viene danneggiato da un incendio il locale pizzeria E’ qui la Pizza, del quartiere q4; il 10 gennaio del 2016 viene lanciata una molotov nel giardino di un imprenditore a Latina. Le pressioni dei clan tra Castelforte e Minturno. Numerose sentenze, anche passate in giudicato, hanno rilevato la presenza del clan dei Casalesi, sia nella parte nord della provincia di Latina, in particolare le sentenze del tribunale di Latina contro il gruppo Noviello-Schiavone, sia nella parte sud della provincia di Latina Formia, Gaeta, Castelforte, Minturno e SS. Cosma e Damiano;  si ricordano in particolare la sentenza Spartacus del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e la sentenza “Anni ’90″ della corte d’Assise di Latina. Di particolare interesse la condanna del clan guidato da Ettore Mendico, per i fatti che vanno dal 1990 al 2001. Il gruppo Mendico nato a Castelforte  – si legge nelle carte – «capeggiato inizialmente da Alberto Beneduce e – dopo la morte di questi – da Ettore Mendico, operava quale propaggine del clan dei Casalesi atta a favorirne l’espansione nel “Basso Lazio”; ne era derivato un rapporto di collaborazione-dipendenza con la temuta organizzazione camorristica di Casal di Principe, cui il gruppo di Castelforte doveva rivolgersi – per il tramite di appositi referenti – per ricevere le direttive delle azioni criminali e per le questioni di maggior rilievo; mentre per tutte le restanti attività, e segnatamente per le questioni “personali”, godeva di piena autonomia. D’altra parte al rapporto di dipendenza si coniugava il vantaggio di poter spendere il nome della potente organizzazione dei Casalesi, così essendo dato avvalersi della correlata forza intimidatrice». Di rilievo anche le considerazioni della corte d’Assise di Latina sul gruppo camorrista: « […] l’associazione in esame debba essere considerata di tipo camorristico, in quanto connotata da un potere di intimidazione, creante assoggettamento ed omertà, dovuto alla stabilità del gruppo ed alla realizzazione di continue azioni criminali, connotate da violenza, che i cittadini subivano ed accettavano, tanto da essere assoggettati da tale condizione che sopportavano passivamente, con un atteggiamento verso i componenti del gruppo di totale acquiescenza e remissività, nei confronti dei comportamenti delinquenziali posti in essere dai sodali. Tale condizione di assoggettamento dovuta alla forza intimidatrice del gruppo, e la conseguente omertà, emerge con chiarezza da molti degli episodi sopra elencati: a parte le vicende terminate con sentenze di condanna ed indicative del modus operandi dei sodali e dei ruoli svolti nella commissione dei vari reati, connotate da grave intimidazione e dall’uso continuo delle armi, ci si riferisce in particolare alle dichiarazioni del Parente, del Mele, del Grassi, del Mallozzi che denunciavano i tentativi di estorsione, solo quando non era più possibile evitarlo e puntualmente in dibattimento ridimensionavano le denunce e le dichiarazioni iniziali».  Giova sottolineare che la consorteria criminale in questione aveva una forte connotazione imprenditoriale e la sentenza della corte d’Assise di Latina richiama, in particolare, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, già capo zona del clan dei Casalesi, Dario De Simone: «Il De Simone  – si legge nella sentenza –  ha spiegato come sia fondamentale la figura dell’imprenditore per il clan, in quanto se non vi sono imprenditori vicini al clan che fanno da tramite per parlare con gli altri imprenditori, il clan non può  esercitare la propria forza a livello locale e nazionale.  Nella fattispecie concreta la figura in esame deve necessariamente essere individuata nel Riccardi Orlandino, che gestiva con il fratello la Rimoter e la Vescia, due società di costruzioni. […] Dall’esame delle risultanza probatorie, emerge con chiarezza come l’impresa del Riccardi, era sempre molto presente nei lavori realizzati nella zona (ci  risulta dalla documentazione allegata anche dalla difesa, e comprovante le attività svolte dalla impresa), nonché dalle molte dichiarazioni dei testimoni della difesa, che hanno confermato di aver lavorato per le ditte del Riccardi, come anche dalle dichiarazioni del colonnello Tommasone, dalle quali risulta che la ditta del Riccardi era molto presente nella zona.  Tra l’altro la consorteria criminale in oggetto aveva un particolare referente fra i casalesi in Zagaria Michele, gestore delle reciproche partite economiche, fra proventi delle attività e stipendi a favore degli associati».  Nel territorio, nell’anno preso in esame dal presente Rapporto, sono stati commessi circa dieci attentati e intimidazioni: “reati spia” che palesano l’attività delle organizzazioni camorristiche nell’area. Nel dettaglio: il 30 agosto del 2014 ignoti esplodono diversi colpi di fucile contro l’abitazione di Castelforte di Enrico Giuliano amministratore della società Csa che si occupa del ciclo dei rifiuti nei comuni di Castelforte ed in altre realtà del “Basso Lazio”; il  16 ottobre del 2014 vengono esplosi diversi colpi di pistola contro la casa dei genitori di Enrico Giuliano amministratore della società Csa; il 6 giugno si registra un colpo di arma da fuoco contro l’Hotel Nuovo Suio in Castelforte; il 19 giugno vengono sparati alcuni colpi di fucile contro l’agenzia funebre di Francesco Cifonelli a SS. Cosma e Damiano; il 19 settembre del 2015  un altro colpo di pistola, questa volta contro la casa di un imprenditore di Minturno in località Pizzo Balordo; il 4 dicembre del 2015 alcune persone si presentano armate in un cantiere che sta riguardando lavori di ristrutturazione di un plesso scolastico  di  SS. Cosma e Damiano; il 6 marzo del 2016 nuova intimidazione nei confronti dell’amministratore della società Csa Enrico Giuliano, la cui abitazione è bersagliata da colpi di fucile; il 19 marzo viene esploso un colpo di fucile calibro 12 contro la sede dell’agenzia funebre di Scauri (Minturno) di Francesco Cifonelli; il 20 marzo vengono bruciati alcuni mezzi di una ditta di Formia impegnata nei lavori di ampliamento del cimitero di SS. Cosma e Damiano; il 27 marzo del 2016 viene incendiata una betoniera di una ditta campana impegnata in lavori a SS Cosma e Damiano, la notte tra il 6 e il  7 maggio 2016 ignoti sparano un colpo d fucile contro lo studio dell’avvocato Maurizio Faticoni, candidato a sindaco a Minturno.

Share