LATINA – Cambio della guardia per la sezione di Latina di Stampa Romana. Il sindacato dei giornalisti ha eletto questa mattina in assemblea Gaetano Coppola come nuovo fiduciario. Coppola ha ricoperto per molti anni il ruolo di caposervizio presso la sede di Latina de Il Messaggero, per poi lasciare circa un anno fa l’incarico a Vittorio Buongiorno. Commosso il fiduciario uscente Giovanni del Giaccio, giornalista esperto in forza sempre a “Il Messaggero”, ha pronunciato la sua relazione alla presenza del segretario dell’associazione Lazzaro Pappagallo. Tra le tematiche toccate quella della formazione permanente, divenuta dallo scorso anno obbligo di legge. L’associazione è in prima linea nell’organizzare incontri per favorire l’aggiornamento professionale dei colleghi. Toccati inevitabilmente anche tematiche scottanti come il disagio occupazionale e quello dei compensi vissuto dalla categoria. Di seguito la relazione.
“Care colleghe e cari colleghi,
anzitutto grazie di essere qui. L’assemblea di oggi è stata convocata a conclusione della fase congressuale dell’Associazione Stampa Romana. Ci sono state le elezioni, si è riunito il congresso che ha modificato lo statuto, eletto il nuovo segretario e il direttivo, quindi sono stati completati gli organismi previsti dallo statuto stesso. E’ con noi Lazzaro Pappagallo, eletto a larga maggioranza alla guida del nostro sindacato. Credo sia la prima di una serie di uscite in provincia e lo ringrazio di essere partito da qui.
E’ giusto, in ogni modo, fare il punto su ciò che è stato fatto come sezione territoriale, ma anche sul ruolo che oggi un sindacato di categoria può avere in una difficile realtà come la nostra, dove la tempesta che ha investito l’editoria sembra persino peggiore di quella vissuta a Roma e nel Lazio oltre che nel resto d’Italia.
Possiamo restare a guardare o, diversamente, provare ad avere un ruolo. Ne parlerò tra poco.
Perché prima è bene ricordare cosa è successo negli ultimi quattro anni, a partire dalle innumerevoli vertenze. Colgo qui l’occasione per un ulteriore ringraziamento, quello a Paolo Butturini, il segretario uscente e attualmente nella segreteria nazionale della Federazione della Stampa. Non c’è vertenza nella quale abbia evitato di mettere la faccia. Non c’è incontro al quale si sia sottratto.
Abbiamo iniziato con la chiusura della redazione provinciale del Tempo, poi abbiamo vissuto l’entusiasmo del “lancio” del Corriere Pontino e la repentina chiusura, salvaguardando i colleghi che non avevano ancora un contratto e riuscendo a far ottenere loro un paracadute. E’ stata affrontata la vicenda Territorio – Tele Etere, quella di Latina Oggi nelle sue varie evoluzioni. Mi piace ricordare che se oggi c’è ancora un prodotto ed esistono colleghi tutelati è perché a chi chiedeva – eravamo ancora alla gestione Ciarrapico – i contratti di solidarietà rispondevamo che prima era necessario fare i contratti. C’è stata poi la questione della chiusura della Provincia, un editore – se così possiamo chiamarlo – sordo a ogni proposta, i colleghi che hanno presidiato la redazione di Frosinone, noi che abbiamo anche fatto una sottoscrizione per star loro vicini. E’ andata male, purtroppo, lo sappiamo.
Poi ci sono state tante altre vicende, quelle di chi aveva bisogno di un consiglio o della consulenza del sindacato, di una pratica da svolgere all’Ordine, all’Inpgi o alla Casagit. Ci siamo attivati – purtroppo senza successo – affinché si trovasse per gli addetti stampa di enti e associazioni uno straccio di contratto.
Vedete, non siamo stati e non siamo qui a rivendicare un articolo 1 per tutti, la piattaforma per il contratto presentata da Stampa Romana e ignorata dalla Federazione che ha firmato uno strumento superato dalla realtà, prevedeva altro. Vale a dire quella “inclusione” che è stata al centro del congresso ed è la sfida che aspetta la nuova dirigenza di Stampa Romana e riguarda sì chi ha un contratto ma soprattutto chi aspira ad averlo e svolge un lavoro che non è più – semplicemente – quello di un redattore di quotidiano o settimanale. Come tuteliamo chi lavora per un sito internet, ad esempio, fa dalle foto all’inserimento dei testi? E i collaboratori ai quali vengono sistematicamente tagliati i compensi? E coloro che devono fare tre-quattro collaborazioni per arrivare a uno straccio di rimborso mensile? Come diamo loro previdenza e assistenza sanitaria integrativa? Sono le sfide che aspettano il sindacato dei giornalisti, quelle che dovranno essere inserite in un contratto che tenga finalmente conto di una professione che è radicalmente mutata e ha bisogno di nuove tutele. A maggior ragione in provincia, dove purtroppo abbiamo conosciuto avventurieri più che imprenditori. Gente che pensava che mattoni o lampadine da realizzare e vendere sono paragonabili alle notizie.
Il problema, però, è che qui siamo arrivati sempre tardi. O non ci siamo arrivati affatto. Penso all’esperienza nata e morta di Papaverone o al Giornale di Latina. Chiaro, i colleghi hanno bisogno di lavorare e non li biasimo, ma se tutti prima di accettare un’offerta ci preoccupassimo di avere un minimo di tutela forse le cose andrebbero diversamente. Invece è come se andare al sindacato vuol dire mettere a rischio un lavoro che in alcuni casi, invece, si sta già perdendo. Spesso perché ci preoccupiamo di “fare” il giornale e non di quello che ci succede intorno, in altri casi perché temiamo che rivolgersi al fiduciario significhi infastidire l’editore. Ho partecipato, lo dico adesso che sono alla fine di questa esperienza, a incontri con colleghi che mi chiedevano di non far sapere nulla. Ho contattato giornalisti che mi negavano l’evidenza o che preferivano non far arrivare all’associazione o all’editore di turno una nota del sindacato “perché altrimenti mi tolgono anche questi due soldi”.
Ecco, la situazione è questa e così è difficile provare a dare risposte. Nessuno ha mai preteso di far assumere un addetto stampa sulla base del contratto nazionale a tempo pieno, per esempio, ma abbiamo prodotto non so quante proiezioni e fac simile per dimostrare che quei pochi euro potevano essere gli stessi, però con la tutela almeno di un articolo 2. Nessuno è mai partito lancia in resta per fare vertenze, abbiamo sempre provato a mediare – e il fiduciario di Latina era al corrente degli incontri che si facevano anche a Roma – ma quando si è trattato di avviare delle richieste c’è chi ha preferito, legittimamente, rivolgersi altrove. Salvo poi dire che Stampa Romana non fa niente o non serve a nulla.
Ecco, se c’è un difetto che dobbiamo riconoscerci è che non abbiamo mai vissuto l’associazione come tale. Non le abbiamo dato il credito dovuto, salvo quando si sono verificate le emergenze.
In alcuni casi è stato anche confuso il ruolo che ciascuno di noi ha nel giornale per il quale lavora con quello sindacale. Commettendo un errore. Chi viene chiamato a svolgere il compito di fiduciario ha il dovere di farlo al di sopra delle parti e sono certo – per quanto mi riguarda – di non aver mai confuso i piani.
Oggi passo la mano, serve che a fare il fiduciario sia chi abbia più tempo a disposizione, la possibilità di andare a Roma senza dover rientrare di corsa in redazione, o sottrarre spazio al lavoro e alla famiglia, di poter stare fino al termine di un incontro in Prefettura o una riunione all’Ordine dei medici, di ascoltare le esigenze dei colleghi con maggiore disponibilità. Si è chiusa una fase congressuale, ora che si apre una nuova gestione è giusto che altri assumano questo impegno. Io sarò sempre a disposizione, fosse per un corso di aggiornamento o se c’è da fare – com’è stato – un sit in in Tribunale. Certo è che se scrivo di sono personaggi politici e non che da una vita siedono sulle stesse poltrone non ho alcuna intenzione di emularli.
Mi piace anche ricordare, di questa esperienza, quello che ci ha unito. Ho detto del sit in sulla legge bavaglio, del sostegno ai colleghi della Provincia ai quali abbiamo pagato la benzina e altri generi di prima necessità durante la loro battaglia, ma anche la difesa di coloro che vennero ingiustamente identificati solo perché facevano il loro lavoro sulla scena del delitto di Gaetano Marino, ucciso dalla camorra a Terracina. E’ bene ricordare il manifesto dell’informazione locale realizzato con Graziella Di Mambro e altri colleghi in occasione della giornata di “Libera” contro le mafie, un anno fa, la presa di posizione sull’accesso vietato all’amministrazione provinciale quando la guidava chi ci definiva una “associazione a delinquere finalizzata a mezzo stampa”, l’attenzione alle “querele temerarie” che abbiamo illustrato anche al direttivo di Stampa Romana e per le quali abbiamo coinvolto “Ossigeno”. Siamo stati i primi in assoluto, fra l’altro, a denunciare alla Corte dei Conti chi aveva fatto quelle querele – archiviate o per le quali c’era stato il proscioglimento – usando i soldi dei cittadini. Vedremo se la magistratura contabile deciderà di occuparsene o meno.
A proposito sempre di denunce, è bene sottolineare che il documento che ha portato all’elezione di Lazzaro Pappagallo a segretario ha tra i punti fermi proprio l’attenzione e il contrasto a qualsiasi iniziativa voglia metterci il bavaglio.
Da ultimo, anche se il sindacato formalmente non c’entra nulla, sono stati promossi i corsi di formazione. So che sull’argomento tanti storcono il naso, molti li ritengono un peso e l’Ordine dei giornalisti del Lazio ha proposto persino una sorta di refendum per sapere cosa ne pensa la categoria. A parte che si tratta di un obbligo di legge, io vado controcorrente e penso che siano necessari. Se non altro per confrontarci con alcuni argomenti e tra noi.
Certo, se dopo anni non ci siamo fatti un indirizzo di posta certificata o ancora non conosciamo la piattaforma Sigef è facile dire che i corsi sono una scocciatura…
Mi fermo qui, concludendo con ciò che ho detto al congresso: se inclusione è e deve essere la parola d’ordine, dai collaboratori ai giornalisti dei nuovi media, non possiamo affrontare la sfida da soli. Abbiamo il dovere di proporre ma è un percorso che va fatto coinvolgendo i diversi soggetti in campo e per questo si è parlato di “Stati generali” dell’editoria. Ho proposto al congresso, e lo ribadisco, di organizzarli provincia per provincia, di costruire con i colleghi e con gli imprenditori del settore una piattaforma che porti a un contratto che ci tuteli nella modernità. Al tempo stesso dobbiamo batterci per la nostra credibilità, quella che in provincia è sottoposta a verifica ogni giorno perché le persone delle quali scriviamo le conosciamo e le incontriamo. Dobbiamo riscoprire – pur nelle difficoltà – la bellezza di una professione che non è “copia e incolla”. E’ questa la sfida che ci aspetta.
Alla nostra sezione, a noi tutti, l’augurio di crescere e di acquisire maggiore coscienza sindacale e di categoria”.