VENTOTENE – Inizia in salita il processo d’appello per la morte, avvenuta il 20 aprile 2010, di Sara Panuccio e di Francesco Colonnello, le due studentesse romane travolte mortalmente da un costone tufaceo sulla spiaggia di Cala Rossano a Ventotene dove si trovavano per svolgere un campo scuola. Un vizio di notifica per due dei quattro imputati – Pasquale Romano e l’ex sindaco Vito Biondo – e per il professor Franco Coppi, il nuovo legale del sindaco in carica all’epoca dei fatti, Giuseppe Assenso, ha provocato uno slittamento per l’inizio del procedimento in programma davanti la prima sezione penale della Corte d’appello di Roma.
Il processo scatterà ora il 19 aprile 2017 ma, in prospettiva di questa data, i genitori e i familiari delle due vittime, hanno preannunciato la costituzione di parte civile nei confronti degli imputati. Si tratta dell’ex sindaco di Ventotene Assenso, condannato in primo grado nel febbraio 2014 dal Tribunale di Latina ad una pena di due anni e quattro mesi di reclusione, del responsabile della ripartizione tecnica del comune Pasquale Romano, anch’egli condannato alla stessa pena, dell’ex primo cittadino Vito Biondo e dell’ingegnere del Genio Civile di Latina Luciano Pizzuti, condannati entrambi ad un anno e 10 mesi di carcere.
Che la tragica vicenda rischi di conoscere la prescrizione per i protagonisti ne è convinto, invece. il papà di Sara Panuccio, il primo a sapere che la prescrizione sarà inevitabile se non arriverà la sentenza definitiva entro un anno. Panuccio vuole vincere, comunque, la sua battaglia personale: a suo dire non c’è solo fatalità dietro episodi o fatti derivanti dal dissesto idrogeologico. In effetti nelle oltre 100 pagine della sentenza di primo grado erano emerse alcune responsabilità – in vario modo – degli imputati: omessa di segnalazione degli eventi franosi precedentemente accaduti alle autorità competenti, che si sono verificati nella zona immediatamente prossima a quella della tragedia dell’aprile 2010; omesso esercizio del diritto/dovere di far sentire la propria voce nelle sedi istituzionali in cui si affrontavano i problemi di tutela del territorio e delle persone e , nonostante la coscienza dello stato del territorio, infatti, l’assenza nell’area soggetta a pericolo crolli di alcuna interdizione all’accesso o cartello di pericolo.
Saverio Forte