“Latina chiama Stato, ma lo Stato non risponde”. E’ il commento del senatore Vacciano (iscritto al gruppo Misto), di fronte alla risposta scritta fornita dal governo alla sua interrogazione sul ristoro nucleare. In provincia di Latina il solo comune di Minturno ha fatto ricorso, avendo riconosciuto, insieme al comune di Sessa Aurunca e ad altri comuni italiani la partecipazione ad un fondo di indennizzo di 100 milioni (nel 2005 i fondi destinati ai comuni erano ridotti del 70%). Dopo la sentenza del tribunale di Roma del luglio 2016, il governo ha proposto appello ed ottenuto a febbraio la sospensione del pagamento, almeno fino al 5 dicembre 2018, quando il tribunale d’appello prenderà una decisione definitiva. Rimarrà invece in ogni caso esclusa da questo tipo di ristoro Latina, non essendo parte in causa. Nell’interrogazione Vacciano, dato il termine così lungo, chiedeva di intavolare una trattativa sia con i comuni ricorrenti, sia con quelli, come Latina, esclusi da ogni possibilità di ristoro per non aver partecipato al ricorso, ma che di fatto ospitano sul loro territorio ancora strutture nucleari, dato che i tempi dello smantellamento si sarebbero protratti oltre le previsioni.
La nota del senatore Vacciano. “È arrivata la risposta dell’interrogazione con cui si chiedeva al MEF di riferire sul mancato conferimento delle cifre riconosciute come ristoro ambientale ai comuni nei quali insistono ex centrali nucleari o siti di stoccaggio di combustibile atomico. Un nulla di fatto, tante parole per comunicare che il Consiglio dei Ministri e il CIPE intendono perseguire le vie legali per dirimere questa circostanza che, comunque, non è di natura giurisprudenziale bensì normativa.
Nel luglio del 2016 un giudice del Tribunale di Roma ha stabilito che l’amministrazione statale avrebbe dovuto provvedere al pagamento in solido della cifra di 100 milioni di euro – calcolati sui tagli al ristoro – in favore degli enti locali ricorrenti, cioè i Comuni di Ispra, Rotondella, Saluggia, Caorso, Trino, Piacenza, Minturno e Sessa Aurunca. Latina invece, non inclusa dalle passate amministrazioni in questa platea di risarcibili, continua a percepire a singhiozzo la servitù nucleare per di più ridotta del 70% a causa di un comma della Legge Finanziaria del 2005 non armonizzato con la normativa che a tutt’oggi regola questa materia.
In sostanza, con l’interrogazione si chiedeva al Ministro Padoan di aprire un confronto con le amministrazioni diverse da quelle partecipanti al contenzioso originario, sia per non aprire ulteriori contenziosi sia per trovare una soluzione normativa orizzontale di modo da non penalizzare i Comuni che non hanno adito le vie legali ma che pagano il peso della presenza di materiale contaminato nel territorio di loro competenza. Si ricorda che a Latina, nella ex centrale di B.go Sabotino è ancora lì – e chissà per quanto tempo vi rimarrà – il reattore Magnox che nessun tecnico di settore è ancora in grado di smantellare.
Tutto ciò è stato ribadito durante la mia replica al Viceministro, ma malgrado sia un ragionamento logico e condivisibile il MEF ha deciso di affidare a queste parole l’epilogo della vicenda: “La causa è stata rinviata al 5 dicembre 2018 per la precisazione delle conclusioni”.
L’interrogazione parlamentare completa. Atto n. 3-03341 (in Commissione)
Pubblicato il 6 dicembre 2016, nella seduta n. 731
VACCIANO , BIGNAMI , MOLINARI , SIMEONI , MUSSINI , PEPE , CASALETTO – Al Ministro dell’economia e delle finanze. –
Premesso che:
con la sentenza n. 14894 del 22 luglio 2016, il giudice della II sezione civile del Tribunale di Roma ha riconosciuto che l’amministrazione statale non ha integralmente corrisposto le somme relative al contributo che legittimamente spettano, o dovrebbero spettare, alle città che ospitano o confinano con una centrale nucleare in via di dismissione e impianti del ciclo di combustibile nucleare;
nello specifico, ad intentare causa nel 2011 furono solo i Comuni di Ispra (Varese), Rotondella (Matera), Saluggia (Vicenza), Caorso (Piacenza), Trino (Vicenza), Piacenza, Minturno (Latina) e Sessa Aurunca (Caserta), ed è evidente che le città nominate sono solo una parte dei Comuni vittime di questa decurtazione che, secondo il Tribunale di Roma, è indebita. Il Comune di Latina, nonostante ospiti sul proprio territorio un’ex centrale nucleare, è rimasto escluso da questo procedimento giudiziario poiché le due amministrazioni che hanno preceduto quella attuale, a tempo debito, non hanno provveduto ad inserire la città pontina tra le parti della causa poi vinta lo scorso luglio dai Comuni menzionati;
considerato che:
il magistrato ha condannato in primo grado la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Cipe ed il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento in solido della somma complessiva di circa 100 milioni di euro relativa alla parte di contributi non versati ma previsti dall’articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 368 del 2003, il quale stabilisce misure di compensazione territoriale per quei siti che ospitano centrali nucleari e affini. La causa era scaturita da un’interpretazione della Presidenza del Consiglio dei ministri dell’articolo 1, comma 298, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), che ha comportato il taglio del 70 per cento dei fondi destinati ai Comuni interessati dal decreto-legge n. 314 del 2003;
le misure compensative sono regolate dall’art. 4 citato, il quale al comma 1-bis indica che una delle componenti della tariffa elettrica (A2) corrisponde al contributo che viene assegnato “annualmente con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica sulla base delle stime di inventario radiometrico dei siti, determinato annualmente con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), valutata la pericolosità dei rifiuti, ed è ripartito, per ciascun territorio, in misura del 50 per cento in favore del comune nel cui territorio è ubicato il sito, in misura del 25 per cento in favore della relativa provincia e in misura del 25 per cento in favore dei comuni confinanti con quello nel cui territorio è ubicato il sito. Il contributo spettante a questi ultimi è calcolato in proporzione alla superficie ed alla popolazione residente nel raggio di dieci chilometri dall’impianto”. Il presente alinea è stato introdotto, insieme all’attuale comma 1, da modifiche apportate dal legislatore con il comma 560 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) e con l’art. 7-ter del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009, modifiche successive alla legge n. 311 del 2004 con la quale è stata introdotta la decurtazione (mai espressamente citata) del 70 per cento della portata finanziaria totale della voce A2 destinata agli enti locali a compensazione dei disagi ambientali derivanti dalla servitù nucleare. È evidente che nel comma 1-bis dell’art. 4 non lascia intendere alcuna corresponsione parziale della voce A2 della tariffa elettrica;
è a conoscenza degli interroganti che la sentenza sembra essere ormai passata in giudicato e che l’appello tempestivo nel frattempo proposto dall’Avvocatura dello Stato risulterebbe inammissibile, stante la mancanza di elementi essenziali per la validità dell’azione;
considerato inoltre che al comma 1 dell’art. 4 del decreto-legge n. 314 del 2003 si legge “Alla data della messa in esercizio del Deposito nazionale di cui all’articolo 1, comma 1, le misure sono trasferite al territorio che ospita il Deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi”, frase che, a parere degli interroganti, apre ad una necessaria riflessione. Alla luce della decurtazione del 70 per cento della compensazione territoriale e visti i ritardi con cui negli anni è stato portato avanti lo smantellamento degli impianti nucleari soggetti a decommissioning, tale disposto, seppure pensato sulla base di un’auspicata contemporaneità tra minori somme da destinare a compensazione territoriale a fronte dell’avanzamento dell’azione di dismissione, pone i Comuni ospitanti ex centrali nucleari o impianti del ciclo di combustibile nucleare in una posizione di svantaggio economico,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza che l’appello giudiziario presentato dall’Avvocatura contenga elementi di grave criticità che ne pregiudicano (o possono pregiudicarne) la stessa ammissibilità;
quali disposizioni abbia adottato, o intenda adottare, per far fronte al rilevante debito scaturente dalla sentenza citata, ritenuto che la sentenza del giudice civile in primo grado è immediatamente esecutiva;
se non ritenga opportuno aprire un confronto con le amministrazioni diverse da quelle partecipanti al contenzioso originario, poiché appare inutile avviare un nuovo contenzioso pur a fronte di un chiaro disposto giurisdizionale;
se ritenga utile avviare un confronto con gli enti locali aventi diritto alle utilità economiche, definendo anche con provvedimenti aventi forza di legge, modalità e termini del pagamento del contributo, arretrato e futuro, al fine di consentire l’utilizzo effettivo delle risorse per le finalità ambientali previste dalla norma.
La risposta del ministro dell’Economia e Finanze.
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