SPERLONGA – Le ipotesi sono le più disparate, alcune anche inquietanti. I Carabinieri della Stazione di Sperlonga stanno indagando sul misterioso furto portato a termine, di buon mattino, nell’abitazione del sindaco in carica e due volte presidente della Provincia Armando Cusani, il 53enne uomo politico finito in carcere lo scorso 16 gennaio nell’ambito dell’operazione “Tiberio” con le accuse di corruzione e turbativa d’asta e considerato l’esponente di punta di un’organizzazione in grado di pilotare l’esito di appalti pubblici a Sperlonga ma anche a Maenza e Prossedi. I ladri hanno operato in pieno centro storico, non molto lontano dall’antichissima chiesa di S.Maria ad Speloncam che, sconsacrata, è stata adibita ad aula consiliare del comune.
I malviventi hanno atteso – secondo una prima ricostruzione – che uscisse la moglie del sindaco di Sperlonga per forzare l’ingresso e portare via, indisturbati, monili ed oggetti valori e soprattutto alcuni mirati documenti riguardanti l’attività amministrativa del comune di Sperlonga. Gli inquirenti non trascurano alcuna pista, le più inquietanti delle quali sono essenziamente due: nascondere prove importanti o acquisirne delle nuove per esercitare pressioni nei confronti del sindaco che il 16 maggio comparirà nella prima udienza del giudizio immediato chiesto ed ottenuto dal Sostituto Procuratore Valerio De Luca.
Nei giorni scorsi la Cassazione aveva disposto l’annullamento con un rinvio ad un’altra sezione del Tribunale del Riesame l’ordinanza di custodia cautelare che lo stesso Riesame aveva convalidato a fine gennaio all’indomani dei clamorosi arresti. La difesa di Cusani aveva sollevato alcune questioni di natura procedurale a partire dalla nullità delle intercettazioni telefoniche depositando una lista testimoni di 58 persone tra cui anche tre consulenti.
Saverio Forte