FORMIA – Il Gup del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone nell’udienza preliminare del 23 gennaio scorso ha già inferto una durissima picconata al castello accusatorio della Procura: al Comune di Formia non c’era alcun tipo di organizzazione in grado di gestire e pilotare, dal 2008 al 2012, appalti, incarichi e concessioni grazie alla ipotizzata “commistione” tra politica, imprenditoria e l’apparato burocratico dell’ente. Ora è tutto pronto – nella giornata di mercoledì – per l’inizio del processo che si incardinerà con un altro aspetto meno secondario: nessuna proposta di costituzione di parte civile, soprattutto da parte dell’ente che – documenti alla mano – sarebbe stato offeso: il Comune di Formia. Un tentativo di costituzione l’aveva avanzata il meet up del Movimento Cinque Stelle ma fu bocciata dal Gup Bortone.
La Giunta formiana aveva voluto attendere la conclusione dell’udienza preliminare durata diversi mesi ma, cadendo il vincolo associativo, ha deciso di non costituirsi. E forse ha fatto bene perché il processo in cui sono imputati 13 dei 18 indagati iniziali – due nel frattempo sono scomparsi, il costruttore Antonio D’Ambrosio e l’ex sindaco di Formia Michele Forte – poggia soltanto su singoli episodi della vita amministrativa su cui ha indagato a lungo la Procura: la riconversione dell’ex pastificio Paone, una consulenza gonfiata per l’acquisto da parte del comune di un vecchio immobile nel quartiere di Castellone, false dichiarazioni al consiglio per realizzazione una lottizzazione edilizia, la gestione dell’appalto dell’asilo nido comunale ed il mancato sequestro di un manufatto abusivo. Fatti rilevanti sì ma meno significativi rispetto alla gravità dell’ultimo capo di imputazione del sostituto procuratore Miliano che ipotizzava – come detto – un’associazione a delinquere per dirigenti e politici in grado di compiere reati di corruzione, concussione, abuso e omissione d’ufficio e peculato nell’esercizio delle loro funzioni.
Nell’ultima fase dell’udienza preliminare la dirigente della Polizia locale Rosanna Picano aveva chiesto di essere giudicata con il rito abbreviato per tre distinti episodi con le ipotesi di peculato, falso ed abuso. Il Pm Miliano aveva chiesto due anni di carcere ma il Gup l’ha prosciolta nella sentenza finale insieme alla collega Tiziana Livornese, al tecnico comunale Filippo Gionta, all’imprenditore di Gaeta Flavio Fantasia e al giovanissimo consigliere comunale dei “Centristi per Formia” Antonio Di Rocco, l’unico politico per il quale “dopo tre anni era terminato davvero un incubo”. Il nutrito collegio difensivo – formato dagli avvocati Di Croce, Cardillo Cupo, Scipione, Aprea, Archidiacono, Fargiorgio e Macari – si dice pronto a demolire definitivamente in Tribunale il castello accusatorio della Procura che già davanti il Gup ha accusato – come detto – vistose crepe.
Saverio Forte