GAETA – No del Comune di Gaeta al Trattato CETA, in difesa degli interessi dei cittadini italiani, delle imprese agricole e del Made in Italy: il Consiglio Comunale ha, infatti, approvato, nella seduta del 26 ottobre u.s. la delibera che impegna l’Ente ad intraprendere iniziative per sollecitare il Parlamento ed il Governo ad impedire l’entrata in vigore nel nostro Paese del Trattato CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), un accordo economico e commerciale globale stipulato tra l’Unione Europea ed il Canada.
L’assise civica si pone così al fianco della Coldiretti che, con una coalizione di altri portatori di interesse, sta portando avanti un’azione tesa ad informare e sensibilizzare il Governo ed i Parlamentari italiani affinché non si proceda alla ratifica del Trattato in questione. Il no è ampiamente motivato da considerazioni che vanno nella direzione di ragioni di scambio improntate alla democrazia economica ed alla salvaguardia dei diritti dei consumatori e delle imprese. Tali motivazioni sono state oggetto di valutazione e discussione nella seduta consiliare.
Il CETA prevede l’abolizione della maggior parte dei dazi doganali tra le parti. Si pone come obbiettivi fondamentali: procedere alla progressiva liberalizzazione degli scambi assicurando alle merci dell’altra parte il trattamento disposto a livello nazionale; avviare un’attività di riduzione o soppressione reciproca dei dazi doganali sulle merci originarie dell’altra parte; assicurare l’astensione dall’adozione o dal mantenimento in vigore di divieti o restrizioni all’importazione merci dell’altra parte o all’esportazione, alla vendita per esportazione di merci destinate al territorio dell’altra parte. All’entrata in vigore dell’Accordo è previsto l’annullamento di circa il 98% di tutte le tariffe dell’Unione Europea, ma la cooperazione regolamentare conduce alla graduale eliminazione delle regole che, nei diversi settori della sanità pubblica, della sicurezza degli alimenti della protezione dei consumatori e dell’ambiente, possono essere ritenuti di ostacolo alla libertà del commercio.
Ad esempio il CETA introduce l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie che consente di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto e che quindi permetterà ai prodotti canadesi di non sottostare a nuovi controlli nei paesi in cui verranno venduti, dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Tale meccanismo risulta alquanto rischioso per la salute e per i consumatori, considerando che in Canada sono impiegate un numero rilevante di sostanza attive vietate in Unione Europea, tra cui a titolo di esempio, il glifosato in fase di pre – raccolta del grano, proibito in Italia. Inoltre in Canada vi è un diffuso impiego di ormoni negli allevamenti, non consentito nel nostro Paese.
“In sostanza, il CETA – spiegano dalla Coldiretti – semplifica e vanifica il complesso sistema di regole di produzione, della qualità e dell’ambiente vigente a livello comunitario e nazionale rispondendo all’unico criterio della facilitazione commerciale ed affidando valutazioni e giudizi di conformità e responsabilità, in modo permanente, a più di una decina di commissioni apposite create dal Trattato e sottratte allo scrutinio giurisdizionale, tecnico e parlamentare, sia di livello comunitario, sia nazionale. Inoltre sul fronte dell’export agroalimentare, all’Italia sono riconosciute appena 41 indicazioni geografiche a fronte di 291 Dop e Igp registrate, con la conseguente rinuncia alla tutela delle restanti 250 e con impatti gravissimi sul piano della perdita della qualità nel nostro made in Italy”.
Nel suo intervento in Aula Consiliare il Vice Sindaco Angelo Magliozzi ha sottolineato come “In un momento di grave crisi in cui il nostro Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell’economia e della crescita occupazionale, il made in Italy ed in particolare quello agroalimentare sia universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva ad alto valore aggiunto per la crescita del Paese. Come ben si evince dalle motivazioni addotte dalla Coldiretti, a fronte di presunti benefici attesi, il CETA introduce sostanzialmente un meccanismo di acritica deregolamentazione degli scambi e degli investimenti che non giova alla causa del libero scambio e pregiudica in modo significativo la competitività e l’identità del made in Italy e del sistema agricolo nazionale.
Per tali fondamentali ragioni sosteniamo la posizione della Coldiretti ed ci adopereremo nelle azioni di sensibilizzazione del Governo e del Parlamento affinché non sia ratificato il Trattato ed affinché l’Unione Europea ed i suoi partner si orientino verso politiche commerciali multilaterali e bilaterali al servizio dell’interesse generale, della qualità dello sviluppo, della cooperazione tra paesi e aree regionali.”