FORMIA – Una diffida di venti giorni non è servita. Ora il Comune di Formia ha deciso di ricorrere al Tar (ha chiesto un pronunciamento nel merito che deve essere ancora calendarizzato) contro la sempre possibile installazione nella zona di Molo Vespucci degli impianti di dissalazione. Nel mirino dell’avvocatura interna sono finiti gli atti della segreteria tecnica operativa dell’Ato 4 che, concludendo il 2 ottobre la conferenza di servizio, ha approvato il progetto esecutivo per la fornitura e realizzazione dell’impianto di dissalazione temporaneo – modello Skid – nella zona del porto commerciale della città. Il Comune ha promosso il ricorso contro tutti gli enti che hanno partecipato alla conferenza di servizio e, tra questi, l’Ato 4, la Soprintendenza archeologica e per i beni culturali, il Ministero omonimo, la Provincia, Acqualatina e la stessa Regione Lazio.
La decisione del Comune di ricorrere al Tar è “figlia” di una determina del braccio tecnico dell’Ato 4 che il 23 ottobre ha deciso di proseguire l’iter per l’installazione dei dissalatori quando, invece, il 18 luglio scorso l’assemblea dei sindaci dello stesso ambito territoriale, su impulso dell’amministrazione formiana, aveva stralciato all’unanimità i dissalatori dal piano per l’emergenza idrica perché definiti troppo impattanti, inquinanti e non risolutivi dell’emergenza idrica tuttora in piedi. Il ricorso del comune – elaborato dal dirigente dell’avvocatura Domenico Di Russo e da Sabrina Agresti – stigmatizza anche il doppiopesismo della Regione che nel 2010 con una legge ad hoc dichiarava il Golfo di Gaeta area sensibile sotto il profilo ambientale e quest’estate, durante la pausa ferragostana (era il 17 agosto) ha espresso il proprio parere favorevole per l’installazione dei tanto temuti dissalatori nonostante i suoi scarti – la salamoia – siano considerati acque reflue e, dunque, industriali.
Il dimissionario sindaco di Formia aveva cercato di bloccare l’iter della segreteria tecnico operativa dell’Ato 4 inviando una diffida alla presidente della Provincia e dello stesso ambito territoriale ottimale Eleonora Della Penna: “Non comprendiamo come sia possibile che una decisione politica (quella dell’assemblea dei sindaci che per legge sono espressione diretta dei territori d’appartenenza) così importante venga ignorata dall’apparato amministrativo. Sarebbe come se un dirigente comunale decidesse di realizzare un’opera pubblica contro cui si è espresso il Consiglio Comunale. La decisione dell’Ato4 va pertanto immediatamente revocata. Altrimenti – annunciava Sandro Bartolomeo dovremo ricorrere al Tar e avviare una battaglia legale inutile e costosa, che non porterà a nessun risultato per le nostre comunità già umiliate da una crisi idrica che dura da cinque mesi”.
Naturalmente la questione è soltanto economica. Acqualatina, dopo il decreto con cui il governo Gentiloni ha proclamato quest’estate lo stato di emergenza anche per l’assetato sud pontino, ha ottenuto un finanziamento di un milione e mezzo di euro per i dissalatori e attenderà che cambi il corso politico al comune di Formia per rendere esecutivo quanto deciso dalla conferenza dei servizi, una scelta, discutibile, che l’amministrazione Bartolomeo giunta al capolinea intende comunque portare all’attenzione dei giudici amministrativi. E Acqualatina non a caso sa che il decreto per l’emergenza varato da Palazzo Chigi contro l’emergenza idrica per la realizzazione di interventi “urgenti, indifferibili e di pubblica utilità” può avvenire anche in deroga alla disciplina urbanistica vigente di un comune. Nel caso, quello di Formia.
E questo concetto lo ribadisce l’ormai ex assessore alla sostenibilità urbana del comune, Claudio Marciano: “I fondi stanziati per l’emergenza idrica fanno gola ad Acqualatina – spiega -. Per questo si insiste, malgrado la chiara opposizione di tutta la comunità del sud- pontino, a voler insediare i dissalatori. L’Ato4 si facesse carico di una modifica al piano dell’emergenza da portare in Regione affinché i fondi stanziati per i dissalatori vengano convertiti in interventi per il rifacimento della rete idrica e, se non compatibili questi ultimi con il concetto di ‘emergenza’, per realizzare da subito alcune opere di manutenzione straordinaria sulla rete e sui serbatoi, come quello di Sant’Antonio. Un’altra destinazione coerente con gli indirizzi della Protezione civile potrebbe essere quella di collegare alla rete i pozzi esistenti, specialmente in zona Capodacqua, mettendoli a norma, oppure realizzarne in zone dove vi sono sorgenti mai utilizzate come quelle nella parte di Levante di Formia, Acqualonga, Penitro”.
E ancora un commento sagace del dimissionario sindaco di Formia: “Il comune, malgrado la sua storica contrarietà alla gestione Acqualatina, ha collaborato dal primo minuto con il gestore per risolvere la crisi idrica. Questo ci ha esposti a critiche e strumentalizzazioni, a cui non diamo alcun credito, perché il dovere istituzionale viene prima della ricerca spasmodica di consenso. Tuttavia, la politica provinciale deve capire che la nostra comunità è allo stremo e che provocazioni come quelle dei dissalatori rischiano di incrementare i conflitti e ridurre la già precaria credibilità delle istituzioni. È necessario un intervento della politica, perché nessuna ragione burocratica o economica può venire prima della volontà popolare, espressa dai suoi rappresentanti”.
Saverio Forte