FORMIA – Formia potrebbe avere, quanto prima, un proprio cittadino di cui si ricorderà per esempio il gesto e la figura nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Si tratta di Giuseppe D’Urso che nell’inverno tra il 1943 ed il 1944 nascose due famiglie ebree in un ricovero agricolo di sua proprietà sul versante formiano dei Monti Aurunci, si prese cura di loro provvedendo alla loro sistemazione e alla periodica consegna di viveri e di indumenti. Giuseppe, originario della frazione di Maranola, ebbe tanto coraggio sfidando le truppe naziste che, in ritirata, rastrellarono dopo l’armistizio la fascia collinare di Formia e quelle marocchine che non pochi lutti provocarono ai danni della popolazione civile. A promuovere l’iscrizione del nome di Giuseppe D’Urso sul muro d’onore del Giardino dei Giusti di Gerusalemme è niente meno che il figlio, tra i più noti politici e filantropi americani. Si tratta di Anthony ‘Tony’ D’Urso, membro democratico dell’assemblea per il 16° distretto dell’Assemblea dello Stato di New York, il distretto che comprende la maggior parte della città di North Hempstead nella contea di Nassau a Long Island.
Il ritorno di D’Urso nei prossimi giorni nella natia Maranola, che ha lasciato all’età di 21 anni, sarà davvero flash: lo attende infatti, nell’ambito dell’annuale Giornata della memoria, la più importante visita di cui sarà ospite presso la comunità ebraica di Napoli per illustrare davanti a duecento studenti il progetto finalizzato a far incidere il nome di papà Giuseppe sul muro d’onore che nel giardino dei Giusti, non ebrei, che hanno salvato la vita ad ebrei e si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi. Non sono tanti gli italiani che vantano una citazione nel Giardino dei Giusti che, nato a Gerusalemme nel 1962, è dedicato ai Giusti tra le nazioni.
Il promotore fu Moshe Bejski che, salvato da Oskar Schindler – l’industriale immortalato nell’indimenticato film diretto da Steven Spielberg – dedicò la sua vita a ricercare nel mondo i Giusti tra le nazioni. Il giardino si trova nel museo dello Yad Vasheme ma, esaurito lo spazio per i tanti alberi piantumati, ha continuato la sua importantissima opera ospitando – come detto – il “Muro d’Onore” su cui vengono scolpiti i nomi dei benemeriti. E uno di questi potrebbe essere ora il papà di Anthony ‘Tony’ D’Urso, la cui vita è già di per se una bellissima storia da raccontare alle future generazioni. Arrivò all’ombra della statua della libertà da emigrante, come tanti, con la sua povera famiglia di Maranola.
Di strada D’Urso ne ha percorsa davvero tanta: da semplice manovale ad architetto, da dipendente a dirigente del settore opere pubbliche del Comune di New York. Marito di Maria, padre di quattro figli (Anthony Junior, Joseph, Peter e Rosanna) e nonno di sei nipoti (Aidan, Hannah, Luca, Matteo, Nicholas e Ryan), Antonio “Tony” D’Urso ricorda sempre di essere arrivato in America con il titolo di studio della scuola media inferiore e di aver svolto tutti i lavori proposti: mobiliere, lavapiatti, carpentiere e muratore e, soprattutto, continuare ad apprendere la lingua. Andò a scuola part-time per migliorare la sua istruzione, alla fine conseguì un master presso il “Pratt Institute” . Nel 1971 iniziò a lavorare – come detto – presso il Dipartimento degli edifici della città di New York, il “New York City Department of Housing”, la nostra Ater tanto per intenderci, e con uno staff di oltre 300 persone e un budget di 300 milioni di dollari curò la progettazione e la costruzione di migliaia alloggi popolari a prezzi accessibili e trovò il tempo di insegnare al “Bronx Community College”.
Il suo debutto in politica nel 1991 quando venne eletto consigliere nel Nord dell’Hempstead ma, quando la sua città venne colpita da una grave crisi economica, accettò di tagliare il suo stipendio del 25% e, per risparmiare i soldi dei contribuenti, evitò di esternalizzare gli appalti e ridusse quelli esterni ad alto costo.
Oltre alla sua carriera professionale e politica, Tony D’Urso è sempre stato profondamente coinvolto e protagonista, a livello associativo, sportivo e culturale, nella sua comunità. Da quando è in pensione Tony D’Urso fa parte di una decina di associazione filantropiche, molte delle quali è presidente. Il dato è carente per difetto ma pare che il deputato di origini formiane ha organizzato sinora una quarantina di viaggi in Africa, America Centrale e Haiti per aiutare le persone bisognose. Sull’isola caraibica ha aiutato gli orfani in seguito alla devastazione del terremoto del 2010, ha costruito molte scuole in Nicaragua, e ha contribuito a fornire cibo e le risorse per salvare i bambini dalla fame nelle baraccopoli di Nairobi, in Kenya. Antonio Tony D’Urso è stato rieletto l’ultima volta deputato nel 2016 il partito Democratico nello stato del presidente Trump, quello di New York.
E’ accomunato al nuovo inquilino della Casa Bianca dal successo ottenuto nel settore immobiliare, in quello edilizio, ma è impegnato ora a creare un’alternativa politica al magnate newyorkese. A suo dire, dopo la Signora Clinton, ha un nome ed un cognome, Michelle Obama. Il 2020 non è così poi tanto lontano e per mister D’Urso il tempo è sempre stato un fedele alleato.
Saverio Forte
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