VENTOTENE – Venerdì mattina, dopo quasi otto, dovrebbe calare il sipario, processualmente parlando, sulla tragedia di Cala Rossano a Ventotene quando il 20 aprile 2010 quando due giovanissime studentesse romane, Sara Panuccio e Francesca Colonnello, di 13 e 14 anni, morirono travolte da un costone di tufo staccatosi dalla falesia della spiaggia mentre partecipavano ad un campo scuola ambientale. Si svolgerà infatti, il processo davanti la Corte di Cassazione, il cui pronunciamento è molto atteso per conoscere il futuro giudiziario dei quattro illustri imputati. Soprattutto dopo che lo scorso 11 settembre la prima sezione della Corte d’Appello di Roma aveva confermato integralmente la sentenza emessa nel febbraio 2014 dall’ex Tribunale di Gaeta su quanto avvenne in un tranquillo giorno di primavera di otto anni fa.
I giudici di secondo grado con l’ipotesi di omicidio colposo avevano condannato di nuovo a due anni e quattro mesi di reclusione l’ex sindaco dell’isola Giuseppe Assenso e l’ex responsabile della ripartizione tecnica del comune, Pasquale Romano, mentre era stata confermata la condanna ad un anno e dieci mesi anche per gli altri due imputati, il predecessore del sindaco Assenso, Vito Biondo, e il dirigente del Genio Civile di Latina, l’ingegner Luciano Pizzuti. La Corte d’appello aveva anche disposto la stessa provvisionale, quale risarcimento danni, emessa dall’ex giudice monocratico Carla Menichetti nei confronti dei familiari delle due vittime costituitisi parte civile, due milioni e 600 mila euro.
L’epilogo del processo d’appello, dopo l’udienza inaugurale di giugno e alcuni rinvii tecnici, aveva avuto una durata “flash”: gli avvocati Franco Coppi e Giuseppe Zupo, in rappresentanza degli altri componenti del collegio difensivo – composto anche da Dino Lucchetti, Renato Archidiacono, Luca Scipione, Gianni Lauretti e Lino Magliuzzi – avevano chiesto il proscioglimento per i loro assistiti mentre il rappresentante della procura generale aveva insistito per la conferma delle condanne di primo grado evidenziando come la parete rocciosa sovrastante la spiaggia di Cala Rossano non fosse stata interessata da alcun provvedimento di interdizione. Se pende la pesantissima spada di Damocle dell’aspetto risarcitorio, il processo in Cassazione potrebbe conoscere una svolta clamorosa se dovessero scattare – come temono i genitori e i familiari delle due giovanissime vittime – i termini della prescrizione.
Saverio Forte