VENTOTENE – Pasqua di lavoro per il collegio difensivo di due dei quattro imputati condannati in via definitiva lo scorso 16 febbraio dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione per la tragedia di Cala Rossano a Ventotene dove le studentesse romane di 13 e 14 anni, Sara Panuccio e Francesca Colonnello, morirono il 20 aprile 2010 travolte dalla caduta di un costone di tufo mentre stavano partecipando sulla seconda isola pontina ad un campo scuola ambientale. Stanno leggendo e rileggendo le motivazioni della sentenza emessa dalla quarta sezione penale della Suprema Corte, presieduta dal giudice Fausto Izzo, soprattutto i legali del penultimo e del terz’ultimo sindaco di Ventotene, Giuseppe Assenso e Vito Biondo, condannati in via definitiva alle condanne rispettivamente di due anni e quattro mesi e ad un anno e dieci di reclusione per la morte delle due ragazzine frequentanti un istituto comprensivo nel quartiere romano di Sant’Anna Morena.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione Assenso e Biondo andavano condannati perché – a loro dire – non avrebbero adottato durante i rispettivi mandati amministrativi alcuna iniziativa “a tutela dell’incolumità pubblica nonostante fossero consapevoli del pericolo sulla spiaggia di Cala Rossano, dove si erano già verificati due crolli nel febbraio e nel maggio del 2004”. Nello specifico le ragioni per le quali Biondo e Assenso sono stati gli unici ad essere stati condannati sono pressochè analoghe. A Biondo è stata attribuita “la condotta omissiva posta in essere come sindaco dal 6 aprile 2000 sino all’otto gennaio 2005 relativamente all’omessa segnalazione del pericolo esistente sulla spiaggia di Cala Rossano all’Autorità dei Bacini regionali del Lazio in seguito agli eventi franosi del 4 febbraio e del 14 maggio 2004, intervenuti in zona prossima a quella dovesi è verificato il crollo del 2010,e nell’omessa adozione di misure (interdizione all’accesso, cartelli di pericolo) a salvaguardia della pubblica incolumità”. La colpa o, meglio, la responsabilità palesata dall’ex sindaco Assenso è consistita nel “non aver segnalato all’Autorità dei Bacini il pericolo eistente a Cala Rossano e nell’omesso riscontro all’invito a partecipare alla Conferenza programmatica predisposta dall’Autorità dei Bacini per pianificare gli interventi sul territorio, oltre alla mancata adozione di misure di sicurezza”.
Insomma quello che paventano i legali difensori è stato messo nero su bianco dai giudici della Cassazione: Assenso e Biondo sono stati condannati perché non avrebbero esercitato al meglio le funzioni attribuitigli dalla legge quali massimi responsabili, a livello locale, dell’autorità di protezione civile. Chi vuole continuare a condurre la sua personale battaglia giudiziaria è l’ex primo cittadino di Ventotene Assenso che, attraverso i suoi legali, gli avvocati Franco Coppi e Renato Archidiacono, deve decidere se impugnare la sentenza della Corte di Cassazione davanti la Corte di Giustizia Europea o, in alternativa, proporre – come prevede il codice di procedura penale – la revisione di un processo, la cui “ingiusta sentenza è stata condizionata da non pochi fattori esterni, soprattutto quelli mediatici”. Intanto sia Assenso che Biondo ( il cui quadro clinico non è dei migliori) non andranno in carcere, soluzione che lo stesso codice preclude per alcune ragioni. Addirittura la condanna della Suprema Corte per Biondo è sospesa perché inferiore ai due anni. Assenso non potrà andare in carcere in quanto la sua pena non supera i tre anni di reclusione.
E allora? Bisogna solo attendere e ad attendere dovrà essere il solo Giuseppe Assenso: appena gli sarà notificato il dispositivo della sentenza della Cassazione, dovrà chiedere entro un mese l’affidamento in prova ai servizi sociali. A decidere con un’udienza ad hoc sarà il Tribunale di Sorveglianza che per questi casi potrebbe riunirsi non prima di sei-otto mesi. In discesa, invece, il cammino processuale per gli altri due imputati coinvolti nella tragedia di Cala Rossano. La Suprema Corte un mese e mezzo fa aveva annullato con rinvio le condanne di Pasquale Romano per valutare se il tecnico avesse o meno un ruolo da dirigente del settore urbanistica nel Comune di Ventotene, e di Luciano Pizzuti, dirigente dell’ex Genio Civile di Latina, per valutare se avesse o meno delle responsabilità in quanto accaduto. Il processo per loro (in appello) è da rifare, ma ormai il reato è già prescritto. E’ calato, così, il sipario su questa triste e tragica vicenda per quanto riguarda l’aspetto risarcitorio alle famiglie di Sara e Francesco: hanno accettato, pochi giorni prima delle sentenza della Cassazione, una transazione economica prospettategli dalla Regione Lazio e dal Comune di Ventotene per oltre un milione di euro per ogni vittima.
Saverio Forte