FORMIA – Non ci sono responsabilità e tantomeno omissioni nei soccorsi prestati a Christian Repici, l’aspirante sceneggiatore cinematografico di Formia deceduto in circostanze poco chiare la mattina del 20 settembre 2014, in via Efeso, nel quartiere di San Paolo di Roma. Lo scrive il Gip del Tribunale della capitale, Flavia Costantini, che ha accolto la richiesta del sostituto Procuratore Roberta Capponi di archiviare il fascicolo con la grave ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso. A chiedere agli uffici giudiziari di piazzale Clodio di riaprire il caso e di promuovere nuove e più corrette indagini, invece, era stata una circostanziata opposizione presentata dall’avvocato Raffaella Scutieri per conto della famiglia di Repici, di papà Aldo, di mamma Lina e dei fratelli Daniele e Roberta. Veniva ipotizzato un comportamento nei primi soccorsi caratterizzato da “negligenza, imperizia e imprudenza”, soprattutto da parte delle forze dell’ordine e dei sanitari intervenuti che, “nonostante il manifesto stato di agitazione e stato delirante del ragazzo, non avevano fatto tutto il necessario per metterlo in sicurezza ed evitare l’evento…”
L’aspirante sceneggiatore di Formia fu vittima di una crisi improvvisa, fu rinvenuto in uno stato confusionale in strada, nei pressi della sua abitazione. E’ rimasto un mistero cosa avvenne prima e dopo. I sanitari del 118 e i Carabinieri lo accompagnarono a casa ma – secondo i suoi familiari – sarebbe stato più opportuno un suo ricovero d’urgenza, un trattamento sanitario ospedaliero di natura psichiatrica (Tso). Alle prese con le sue allucinazioni il giovane 27enne di Formia, conosciuto con il nomignolo di “Oz”, considerò erroneamente una via di fuga un balcone della sua abitazione e, rimasto lì solo, precipitò dal terzo piano. Il Gip Costantini scrive nell’ordinanza di archiviazione che non è stato possibile individuare le persone che cedettero al giovane universitario la “salvia divinorum”, l’assunzione della quale aveva creato nel ragazzo una “alterazione psicofisica caratterizzata da fenomeni allucinatori”. Il giudice per le indagini preliminari non ha riscontrato neanche una condotta colposa dei Carabinieri e del personale del 118 che accompagnarono Repici nella camera da letto della sua abitazione. Erano tutti consapevoli – come detto – dello stato delirante del giovane che, complice la sua velocità e lo stato di sudorazione, nessuno riuscì a bloccare tempestivamente. Nessuno dei presenti – conclude il Gip Costantini – si era accorto della finestra aperta perché davanti vi era una tenda”.
Il Tribunale nell’archiviare il fascicolo con l’ipotesi penale di concorso in omicidio sostiene che sono “inutili ulteriori indagini” dal momento che “soltanto coloro che erano presenti all’interno dell’appartamento nel momento nel quale il ragazzo si è gettato dal balcone potrebbe meglio chiarire l’effettiva dinamica di quanto accaduto. E oltre ai Carabinieri, che hanno redatto le annotazioni di servizio, e al personale paramedico, non vi erano altre persone”.
Il Gip, comunque, censura il comportamento di questo personale qualificato: “E’ sconcertante che non sia stato in grado di impedire che un ragazzo di 27 anni con un gesto fulmineo ‘volasse’ davanti ai loro occhi dal balcone….” Qualcuno dei soccorritori, a conoscenza della patologia del giovane studente, perché non chiuse quella finestra segnalata aperta da un vicino di appartamento di Repici? La morte avvenne poi sul colpo ma – secondo papà Aldo e mamma Lina – furono commessi ulteriori errori nella gestione di quell’emergenza clinica nel frattempo trasformata in tragedia: bisognava, forse, aspettare l’arrivo del magistrato o di un medico legale e, invece, qualcuno autorizzò il trasferimento del cadavere che a bordo di un’ambulanza raggiunse inutilmente l’ospedale S.Eugenio? Il Gip Costantini ha archiviato come proposto dalla Procura di Roma il fascicolo nonostante si sia trovato – secondo quanto è trapelato – tre ricostruzioni distinte e separate sui soccorsi prestati a Christian, da almeno otto persone, dopo il suo malore: la prima dei Carabinieri (intervenuti con due pattuglie…per di più in rappresentanza di due Compagnie d’appartenenza), la seconda del commissariato della zona, la terza del…118. Sconcerto ed incredulità per il provvedimento del Gip Costantini sono stati espressi dai familiari del giovane e del legale di parte civile, l’avvocato Scutieri: le indagini della Procura non sono riuscite a cristallizzare in tempo le dichiarazioni di due testimoni oculari, il barista conoscente della vittima che successivamente non hai confermato la sua versione sui fatti ed una persona che, nel frattempo, è deceduta…
Il legale di parte civile, intanto, aveva chiesto che venisse proprio trascritto il contenuto di una telefonata al 118 effettuata dal proprietario di un bar davanti al quale Christian transitò nudo perché alle prese con le allucinazioni. Arrivò a bordo dell’ambulanza il personale preparato e competente per affrontare quel caso clinico davvero unico nella sua drammaticità? E poi la posizione di un dipendente di un parrucchiere di via Efeso: venne invitato in una prima circostanza a rendere la sua versione su quanto avvenuto ma stranamente declinò l’invito della Procura di Roma perché “aveva da fare”. Il nome dell’avvocato Scutieri non è nuovo alle cronache giudiziarie (che contano) della capitale: aveva assistito nel 2014 alcuni degli indagati eccellenti coinvolti nel primo filone di indagine sulle cosiddette ‘baby squillo’ che si prostituivano in un appartamento nel quartiere Parioli. Per l’avvocato Scutieri bisogna riscriverla dall’inizio la vicenda della dolorosa e prematura morte di Christian.
Saverio Forte
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