FORMIA – “L’animologo” è il nuovo romanzo di Antonia De Francesco, pubblicato da “Giovane Holden Edizioni”, che sarà presentato per la prima volta a Formia, venerdì 27 aprile, alle 18, presso la Sala Falcone – Borsellino ( ex-Officine culturali – Piazza Santa Teresa) con un ammiraglio d’eccezione, la scrittrice Carmina Trillino, ad accompagnare tutti nel viaggio tra le pagine del libro, nella cornice suggestiva dell’allestimento narrativo del Maestro fioraio Gaetano Savino. Letture dell’attrice Danila Di Lanna.
Alle volte si brancola nel buio alla ricerca di un interruttore, altre si annega in punti di non ritorno. Può capitare a chiunque. Sono quei momenti in cui si ha la netta sensazione di non avere più un ruolo nella propria storia, pensando che la trama sia stata sovvertita da una mano che impugna un calamaio esclusivamente nostro. Quei momenti in cui pensi: non doveva andare così! È ciò che accade a Giorgio che, in una tempesta di domande senza alcuna risposta, davanti a un attimo spezzato, un cordone ombelicale reciso, in preda alla paura sente il desiderio di uscire fuori, per sempre, dalle righe del suo quaderno e ci prova. Il punto è che nessuno può cancellarsi o essere cancellato lasciando dei puntini sospensivi. Non è giusto. Per fortuna, nonostante l’essere diventati i più criptici dei messaggi, la vita è disseminata di persone che possono e scelgono di decifrarci: gli animologi.
Ma chi saranno mai gli “animologi”? “Si fanno avanti da uno dei tanti punti del foglio – spiega l’autrice Antonia De Francesco – e cominciano, pian piano, a guidare la mano in un esercito di punteggiatura e diluvi di parole, permettendoci di guarire. Accanto a Giorgio arriva Levante: gli fa dono, nel silenzio, delle sue parole imbustate, vecchie di anni bellici, intrise di lacrime, speranza, ma costantemente d’amore. Il divario generazionale è però intangibile, vicini come sono empaticamente nello sterile spazio di una bianca corsia, in cui viaggia un ritorno a casa dall’essenziale, come insegnano quei casi di miseria in cui a colmare i morsi della fame ci pensa un semplice pugno d’erba bollita. Una sorta di pozione magica che andrebbe data in pasto a chiunque smarrisca il senso di sé e della propria vita. Giorgio, curato dalle lettere di Levante, lo comprende e non ferma il potere salvifico di quelle parole, diventando a sua volta un animologo”.
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