VENTOTENE – Non fu un suicidio ma qualcosa di più inquietante, forse un omicidio. Lo scrivono, senza mezzi termini, il padre e i fratelli di Carmine Taliercio, il giovane di Ventotene di 24 anni che ufficialmente si sarebbe tolto la vita gettandosi dalla falesia di “Parata Grande” la notte tra il 13 ed il 14 agosto 2014. I familiari della vittima – lo zio Francesco e i fratelli Raffaele e Serena – si sono rivolti agli avvocati Vincenzo Macari e Antonio Foti per chiedere l’apertura delle indagini che il sostituto procuratore Alfredo Mattei, dopo le prime informative dei Carabinieri della locale Stazione, ha archiviato il 10 giugno 2016.
L’atto di opposizione alla decisione della Procura di Cassino è finito sulla scrivania del Gip Donatella Perna, davanti al quale si è svolta una lunghissima udienza per respingere – come detto – la richiesta di archiviazione e disporre nuove indagini. Soprattutto nei confronti di una giovane di Ventotene e dell’allora fidanzato per specificare in quali rapporti fosse con la vittima all’epoca della tragedia. Nel mirino degli avvocati Macari e Foti sono finiti anche un finanziere in servizio a Ventotene e un cittadino isolano che avrebbe riferito al primo la circostanza di aver visto Taliercio il giorno prima della scomparsa alle 4 del mattino solo in compagnia della giovane ventotenese, la quale in un interrogatorio reso davanti ai Carabinieri il 12 settembre di quell’anno disse il contrario.
Nell’atto di opposizione si chiede di sentire di nuovo un’altra sorella della vittima ed il suo compagno. L’uomo le raccontò, contrariamente a quanto dichiarato ai Carabinieri il 8 settembre 2014, di aver sentito tra le quattro e dieci e le quattro e mezzo del 13 agosto nei pressi del luogo in cui in cui Carmine Taliercio si sarebbe gettatò in mare una voce femminile chiedere disperatamente “Cosa avete fatto? Come Facciamo? Dove lo portiamo” ed esclamare “Non possiamo farlo, mio Dio”. Gli avvocati Macari ne Foti chiedono di aprire le indagini sulle cause che avrebbero provocato la morte di questo giovane dalla vita non facile anche perché non sono stati ancora portati a termine gli accertamenti disposti dallo stesso Gip Perna sulla memoria del computer in uso dalla vittima. Cercò di approfondire quest’ultima materia anche il comandante dei Carabinieri della Stazione di Ventotene, il luogotenente Gian Carlo Pilia, che il 9 maggio 2016 chiese al dottor Mattei una proroga delle indagini per “l’impossibilità a visualizzare gran parte dei dati in quanto i files non si aprano e necessitano sicuramente di programmi idonei”.
La Procura disse di no perché gli accertamenti sino a quel momento compiuti “non hanno fatto emergere alcuno spunto rilevante ai fini dell’accertamento dei fatti”… e in considerazione del “termine perentorio fissato dal Gip”. E poi il mare in questa triste vicenda avrebbe svolto un ruolo. Nell’istanza di archiviazione il Pm Mattei scrisse che l’”accertamento tecnico sulle correnti marine ha permesso di acclarare che nelle giornate interessate dal decesso di Taliercio non si sono verificate anomalie di sorta rispetto all’andamento ordinario delle stesse.. sicchè non si palesano elementi di significativa novità sul piano investigativo”. La pensano diversamente gli avvocati di parte civile: “Il povero Taliercio ha perso la vita non di certo precipitando “accidentalmente” in acqua da una scogliera (l’esame autoptico del cadavere aveva escluso qualsiasi lesione traumatica a livello scheletrico e viscerale e l’assenza di grossi ecchimosi od escoriazioni che possano indicare la zona dell’impatto) e poi trasportato dalle correnti marine fino al luogo del rinvenimento.
Il giovane è stato invece annegato proprio nella acque antistanti la spiaggia di “Parata Grande” dove è stato rinvenuto il cadavere. Si tratta di acque poco profonde – si legge nell’opposizione alla conclusione delle indagini degli avvocati Macari e Foti – stante la presenza di sabbia e di sedimenti marini rinvenuti nelle vie aeree del cadavere in sede autoptica nelle quali appare alquanto singolare che possa accidentalmente annegare un buon nuotatore, giovane ed in salute, quale era la vittima, pur in considerazione del modesto tasso alcol emico del sangue”.
Saverio Forte