FORMIA – “Daje Sara”, “Sara non mollare”, “Sara, siamo con te”. Queste incitazioni calcistiche dei suoi “amici” avevano accompagnato lunedì scorso l’annuncio sul suo profilo facebook della seconda dei non eletti della lista “Formia Città in comune”, la 51enne Sara Mastrobattista, di voler ricorrere al Tar contro la mancata convalida della sua elezione al consiglio comunale per la principale lista civica che, sostenendo il neo sindaco di Formia Paola Villa, aveva letto sei dei suoi 24 candidati, oltre un terzo del gruppo di maggioranza. La dottoressa Mastrobattista ha rasentato forse un’innocente ingenuità pensando che quel suo orientamento di chiedere il giudizio della magistratura amministrativa, “un atto dovuto”, su quella che considerava una palese ingiustizia, finiva abbandonato, nascosto, tra i rami della rete. E invece proprio i suoi amici, probabilmente elettori, hanno contribuito a rendere noto quell’annuncio che non pochi motivi di imbarazzo e di disappunto aveva creato nella maggioranza-Villa quando l’amministrazione comunale non ha compiuto neppure un mese di vita.
Trascorrono alcuni giorni, la volontà legittima della candidata di “Formia città in comune” di ricorrere al Tar (il termine ultimo era il 26 lugli quando sarà trascorso un mese dalla convalida dei nuovi consiglieri comunale di Formia) ha agitato non poco la maggioranza e avrebbe mandato su tutte le furie – secondo alcune indiscrezioni – anche il neo sindaco di Formia Paola Villa. E che fa la Mastrobattista? “Ci ho ripensato”. Anche questo è un legittimo diritto, della serie che solo gli stolti non cambiano idea, ma la Mastrobattista, che aveva confuso le elezioni amministrative al comune di Formia con elezioni politiche (!), è stata costretta a definire quale “unico elemento concreto e inconfutabile” – e meno male, ringraziamenti dalla categoria – la sua “esternazione fatta su facebook qualche giorno prima. Nel post riportavo i fatti rilevati dall’evidenza dei verbali redatti dal seggio elettorale che differiscono tra loro e la mia volontà di voler procedere con il ricorso al Tar, visto il grave errore materiale”. La Mastrobattista, da aspirante (mancata) consigliera comunale di Formia, avrà avuto qualche consigliere di marketing nel sostenere la necessità della sua virata a 180° perché “da un fatto meramente tecnico è stata creata ad arte una contrapposizione politica totalmente inesistente”.
Peccato, perché nell’era dell’informazione iperveloce di oggi avrebbe potuto sostenere che lei non è mai stata cognata del neo assessore alle politiche sociali Giovanni D’Angiò e, consapevole che non può arrivare a tanto, ha atteso (probabilmente) che le pressioni arrivatele all’interno della maggioranza fossero tali da giustificare la mancata presentazione di un ricorso per il quale, invece, si era detta pronta a farsi bruciare viva come Santa Giovanna d’Arco. E gli iniziali mal di pancia della dottoressa Mastrobattista si sono trasformati, come d’incantesimo, in incenso come se il sindaco Villa fosse un’immagine Mariana da venerare in qualche Santuario: “La sottoscritta – aggiunge la mancata consigliera comunale Mastrobattista – ha lavorato intensamente ed incessantemente con tutto il gruppo di appartenenza prima durante e dopo la campagna elettorale. Abbiamo speso enormi energie per supportare questa maggioranza facendo votare e votando io in primis il sindaco Paola Villa. Nel rispetto del mio gruppo di lavoro e della maggioranza tutta con i quali ho condiviso il percorso che ci ha portato al successo elettorale rinuncio a procedere presso il Tar. Questa scelta è a dimostrazione che la mia volontà di chiarezza era dettata esclusivamente da un principio di correttezza e giustizia.”
Se la correttezza è l’elemento basilare di un semplice rapporto umano (figuriamoci tra amici), la giustizia in questo paese, compresa Formia, si persegue in un’aula di Tribunale e, per chi crede, ci si appella a qualcos’altro di divinamente significativo. A proposito, la Mastrobattista nelle ultime notti non avrà dormito e avrà pensato: cosa dico ora ai mei amici su facebook o ai miei 172 elettori, che poi sono 182? La risposta, semplice e banale come nel brano di Mina e Adriano Celentano, è contenuta nell’ultimo rigo della sua virata che avrebbe fatto arrossire anche il miglior Michael Phelps: “Spero che vorranno comprendere e condividere la mia scelta.” Ignoriamo il tipo di formazione culturale che ha permesso alla dottoressa Mastrobattista di gestire a Formia una scuola privata di lingue straniere ma qualcuno, sempre sulla rete, in queste ore sta pensando di regalarle uno scritto del 1784 del padre dell’illuminismo, il prussiano Immanuel Kant. In “Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo”, il filosofo tedesco, facendo rima all’esortazione latina “Sàpere Aude” di Orazio all’amico Massimo Lollio, spiega le ragioni di quella fase storica e filosofica: “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessa è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo”.
Saverio Forte