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Formia / Don Vincenzo Macera celebra messa in Vaticano al fianco di Papa Francesco

FORMIA – Protagonista di un’esperienza che non dimenticherà molto facilmente. Nei giorni in cui alcuni sacerdoti della chiesa di Gaeta sono finiti nel tritarcane mediatico per alcune loro scelte (il parroco della chiesa di Sant’Albina di Scauri, don Simone Di Vito, si è dimesso dall’incarico dopo 31 anni di ininterrotto mandato pastorale) o vittime di episodi di cronaca nera (il Rettore del santuario di San Nilo Abate di Gaeta, don Antonio Cairo, aggredito e minacciato per le sue continue iniziative festaiole), un loro confratello ha festeggiato – come meglio non avrebbe potuto – i suoi primi 50 anni di ordinanza. Monsignor Vincenzo Macera, parroco della chiesa di San Giuseppe Lavoratore nel quartiere di Rio Fresco-Scacciagalline di Formia, il miglior regalo per queste specialissime “nozze d’oro” con il Signore l’ha ricevuto (forse) con due mesi di ritardo. E’ stato invitato a concelebrare la messa del mattino (alle 7) a fianco di papa Francesco. Dove? Naturalmente nella cappella della residenza in cui vive il pontefice, Casa Marta in Vaticano.

Don Vincenzo Macera

E per farlo Monsignor Macera ha rivisto alcuni confratelli con i quali aveva studiato presso il seminario Leoniano di Anagni ed era stato ordinato sacerdote mezzo secolo fa: due sacerdoti di Frosinone – don Giuseppe Sperduti e don Franco Quattrociocchi – uno di Anagni – don Giuseppe Santucci – uno di Frascati – don Gioacchino Liberti – ed il quinto di Brindisi, don Giuseppe Lunghezza. Dopo la messa, cui ha potuto assistere una selezione ristretta di altri religiosi e laici provenienti da ogni parte del mondo, i sei sacerdoti, ex seminaristi di Anagni, si sono intrattenuti a lungo con papa Francesco. E il più dinamico, vincendo la sua nota timidezza, è stato proprio il 75enne Monsignor Macera che ha voluto al papa una confezione di lenticchie di Ventotene, di cui è tuttora lo storico parroco, mentre don Quattrociocchi ha consegnato al Santo Padre un stock di liquori preparati dai monaci Cistercensi dell’abbazia di Casamari. Papa Bergoglio ha chiesto la provenienza del parroco di Rio Fresco Scacciagalline “e mi è sembrato di capire dove si trovasse Formia e l’Arcidiocesi di Gaeta”.

Nel loro colloquio privato in effetti è proseguita l’omelia di papa Bergoglio che, commentando il brano del Vangelo di Luca che riferisce del miracolo della resurrezione del figlio unico di madre vedova, ha sottolineato come Gesù avesse autorità davanti al popolo, non per la dottrina che predicava ma perché era “umile e mite di cuore. Lui non sgridava, Lui non diceva “io sono il Messia” o “sono il Profeta”; non faceva suonare la tromba quando guariva qualcuno o predicava alla gente o faceva un miracolo come la moltiplicazione dei pani. No. Lui era umile. Lui faceva”. Soprattutto Lui era ‘vicino alla gente’, al contrario dei dottori della Legge, che invece “insegnavano dalla cattedra e si allontanavano» dal popolo. Forse non erano nemmeno interessati a stargli vicino, lo facevano “solo per dare comandamenti” che poi «moltiplicavano fino a più di 300″. Papa Francesco ha chiesto ai sacerdoti che lo affiancavano nella concelebrazione della Messa di essere “vicini alla gente, non ai gruppetti dei potenti, degli ideologi… Questi ci avvelenano l’anima, non ci fanno bene!Il pastore deve avere la potenza e l’autorità che aveva Gesù, quella dell’umiltà, quella della mitezza, della vicinanza, della capacità di compassione, della tenerezza”.

Si tratta di virtù che Cristo ha mantenuto fino alla fine, anche davanti alla “gente che lo insultava, quel Venerdì Santo, e gridava “crucifige” – ha aggiunto papa Francesco – Anche lì, Lui rimaneva zitto perché aveva compassione di quella gente ingannata dai potenti del denaro, del potere… Stava zitto. Pregava. Il pastore, nei momenti difficili, nei momenti in cui si scatena il diavolo, dove il pastore è accusato, ma accusato dal Grande Accusatore tramite tanta gente, tanti potenti, soffre, offre la vita e prega. E Gesù pregò. La preghiera lo portò anche alla Croce, con fortezza; e anche lì ebbe la capacità di avvicinarsi e guarire l’anima del Ladrone”. Papa Francesco ha concluso la sua omelia in questi termini: “Oggi chiediamo a Dio la grazia che tutti noi pastori abbiamo questa autorità: un’ autorità che è una grazia dello Spirito Santo…”

Saverio Forte

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