FORMIA – Il comune di Formia non sarà esposto “neanche per un euro” alla luce della clamorosa sentenza della sezione lavoro della Corte d’Appello di Roma che ha sentenziato come debbano essere ora rimborsati di 24 mensilità (cui si aggiungono gli interessi e la svalutazione monetaria) i sette ex dipendenti della Golfo Ambiente. A dichiararlo è stato il dirigente dell’avvocatura del comune, Domenico Di Russo, che insieme alla collega Sabrina Agresti, aveva difeso l’ente in secondo grado a fronte della richiesta risarcitoria degli ex lavoratori di quella che doveva diventare dieci anni fa, nel 2008, la municipalizzata del Comune per quanto concerne il ciclo della gestione dei rifiuti”. La Corte d’appello infatti ha respinto l’istanza degli ex lavoratori ma ha condannato la Golfo Ambiente a risarcirli – l’importo supera il mezzo milione di euro – ma questa società non esiste più pur essendo stata messa in liquidazione dalla politica dieci anni fa. Fu uno dei primi provvedimenti del consiglio comunale, a maggioranza centrodestra, dopo l’elezione a sindaco del compianto Senatore Michele Forte.
Fu un colpo di spugna – contestò l’allora minoranza di centrosinistra – contro un soggetto istituzionalizzato negli ultimi mesi del 2007 e che cominciò ad operare in via XXIV Maggio. Fu indicato anche il presidente, Mattia Aprea, poi diventato consigliere comunale. Ma quella società rimase in vita pochi mesi in vita perché il consiglio comunale dopo la decisione di chiuderla conferì l’incarico alla Giunta di nominare il liquidatore. La proposta di nomina arrivò dall’allora assessora al bilancio Raffaele Manna e l’incarico fu conferita ad un’avvocatessa di Formia. Da questo momento inizia una stagione di misteri e di comportamenti poco chiari. Il motivo? Nel 2018 la Golfo Ambiente non è stata ufficialmente dichiarata liquidata e l’hanno capito nei giorni scorsi gli stessi capigruppo quando è stato convocato per il 28 settembre il consiglio comunale per l’approvazione del bilancio consolidato. Strano a dirsi ma nel documento contabile ci sono tracce di risorse legate a quella società chiusa per permettere l’arrivo a Formia della Latina Ambiente, municipalizzata del capuologo pontino poi dichiarata fallita.
La liquidatrice per ottemperare al suo ruolo professionale avrebbe dovuto effettuare tre oneri “semplici e banali” per chi esercita questa mestiere: approvare gli ultimi due bilanci, consegnare i libri documentali della Golfo Ambiente ed estinguere la società presso la Camera di Commercio. Perché non l’ha mai fatto? Intanto la liquidatrice si è resa conto di trovarsi in mano una bomba ad orologeria innescata nel momento in cui sette lavoratori (assistiti dall’avvocatessa Stefania De Santis) le hanno fatto causa, il presidente mancato Mattia Aprea ha chiesto di vedersi riconosciute le sue indennità di carica (“quando mi sono reso conto che non sarei mai stato pagato ho ritirato gli atti”) alla stessa stregua dei consulenti nominati su indicazione della politica e del proprietario della sede di via XXIV Maggio che chiedeva il pagamento degli affitti pregressi.
A fare il resto ci ha pensato Equitalia le cui cartelle esattoriali hanno motivato, durante l’ultima amministrazione di centrosinistra, l’avvocatessa liquidatrice a chiedere ai revisori dei conti del comune di Formia – l’unico socio della Golfo Ambiente – il parere di legge per l’approvazione dei bilanci. Il parere espresso fu naturalmente “negativo” . La situazione si è definitamente impantanata sino alla sentenza della sezione Lavoro della Corte d’appello: la Golfo ambiente (o l’avvocatessa liquidatrice?) risarcisca i suoi sette mancati lavoratori. Uno, nessuno e centomila…
Saverio Forte