CASSINO – Potrebbe aggravarsi ora la posizione di Alessio Di Bernardo, il Carabiniere in servizio per diversi anni – lo è stato sino al febbraio 2017 – presso la Compagnia di Cassino tra i tre imputati nel processo di Stefano Cucchi, il geometra romano picchiato a morte dai militari che lo fermarono nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2009 con l’accusa di detenzione di alcuni dosi di droga. Contro Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, l’altro collega che ebbero a che fare con Cucchi, ha svuotato il sacco, dopo 9 anni dalla tragica vicenda, Francesco Tedesco. Il Carabiniere ha raccontato tutto perché non riusciva più a supportare, a gestire il peso che aveva dentro dopo la violenta morte – avvenuto all’ospedale Pertini della capitale dopo una settimana dall’arresto – del giovane geometra. E l’ha messo per iscritto in tre deposizioni volontarie rese davanti al sostituto procuratore Francesco Musarò, il magistrato che ha chiesto il processo per i tre Carabinieri con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Quello che ha dichiarato in tre interrogatori Tedesco contro il collega di Cassino e Raffaele D’Alessandro è stato un racconto agghiacciante: Cucchi, una volta finito a terra, fu vittima di un pestaggio violento con i carabinieri che in un’”azione combinata” infierirono sul geometra a poche ore dal suo fermo. Tutto iniziò con un battibecco tra il giovane appena arrestato e uno dei due carabinieri. All’uscita dalla sala del fotosegnalamento della Compagnia Casilina, dopo una serie di insulti arrivò lo schiaffo di Di Bernardo e partì il pestaggio. Fu “un’azione combinata” durante la quale Stefano perse l’equilibrio e cadde sul bacino per un calcio di un carabiniere e una violenta spinta dell’altro. Infine una botta alla testa, tanto violenta da far sentire il rumore – si legge nel verbale – e l’ultimo colpo sferrato da D’Alessandro con un calcio in faccia a Cucchi mentre questi è a terra. “Gli dissi ‘basta, che c…fate, non vi permettete” – ha fatto mettere a verbale Tedesco che aiutò Cucchi a rialzarsi- “Sto bene, io sono un pugile”, gli rispose il geometra. Poi fu alzato un inquietante muro di silenzio di fronte al quale, dopo una serie di tentativi, lo stesso Tedesco apparve impaurito, stordito per quanto avvenuto.
In effetti a sintetizzare le dichiarazioni del Carabinieri pentito è stato il Pm inquirente nelle fasi iniziali della nuo-va udienza di un processo che ha conosciuto una svolta a dir poco clamorosa. Tedesco ha dichiarato alla Procura di essere stato minacciato, vittima di un tentativo di insabbiamento. Fin dai primi minuti successivi all’episodio, il militare informò l’allora comandante della stazione Appia dell’Arma, Roberto Mandolini, imputa-to al processo per calunnia e falso assieme a Vincenzo Nicolardi. “D’Alessandro e Di Bernardo mi dissero che avrei dovuto farmi i fatti miei, ha spiegato Tedesco al pm presentando una denuncia contro ignoti per la spa-rizione della notazione di servizio. Mandolini prima dell’interrogatorio gli consigliò di “dire che non era succes-so niente”. In effetti Tedesco ha dovuto attendere del tempo per parlare: si era reso conto che, preoccupato per il futuro della sua carriera, il muro del silenzio si sta sbriciolando anche perché, nel frattempo, altri militari cominciarono a parlare. Il primo, in assoluto, a farlo, fu l’appuntato Riccardo Casamassima che con le sue dichiarazioni fece riaprire l’inchiesta. Oggi ha detto a Tedesco: “Bravo, ti sei ripreso la tua dignità”. “Dopo nove anni è stato finalmente abbattuto il muro dell’omertà e in tanti dovranno cominciare a chiedere scusa” – è stato questo il primo commento sul suo profilo facebook di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano che più di tutti ha mantenuto accesi i riflettori (anche grazie ad un bellissimo film presentato un mese fa alla mostra internazionale di Venezia) su quello che ora viene definito, forse a ragione, un “pestaggio di Stato”. Il Ministro degli Interni Matteo Salvini l’ha invitata al Viminale e Ilaria ha rassicurato che andrà dopo aver chiesto che vengano puniti “eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa”.
Saverio Forte