FORMIA – La loro colpa? Essere soltanto italiani. Anche Formia 75 anni fa di questi giorni ha avuto il suo eccidio nazista, una strage che ricorda molto quella di Sant’Anna di Stazzema o quella più nota delle fosse Ardeatine a Roma. Erano trascorsi due mesi dall’armistizio che i tedeschi cominciarono a minare i principali nodi di collegamento e i centri di telecomunicazione di Formia e del Golfo mentre gli alleati anglo-americani avviarono i loro devastanti bombardamenti dal mare. Per i tedeschi l’affronto del tradimento fu talmente duro da digerire che nella frazione collinare di Maranola il 17 ottobre 1943, a distanza di poche ore, vennero fucilati due antifascisti come Antonio Ricca e Aurelio Pampena. Anche nella vicina Trivio il timore degli uomini di essere rastrellati e mandati a lavorare al fronte, esposti a continui bombardamenti e mitragliamenti, era palpabile.
Per rappresaglia contro le continue azioni di sabotaggio, la mattina del 26 novembre 1943, più di cinquanta “SS”, agli ordini del tenente Kramer, dopo aver bloccato le vie d’accesso e circondato i borghi collinari di Castellonorato, Maranola e Trivio, fecero irruzione nelle case rastrellando tutti gli uomini, compresi i vecchi e gli inabili. Dappertutto pianto e disperazione. Solo pochi uomini, alle prime avvisaglie, riuscirono a dileguarsi in località Costarella, ma, inseguiti dalle belve naziste, furono catturati e fucilati barbaramente. Si trattava di Angelo Nocella, di 34 anni, di Luigi, Giovanni, Francesco e Ersilio Filosa, rispettivamente di 30, 73, 38 e 18 anni, di Antonio Guglielmo, di 38 anni, di Salvatore Marciano di 37 anni e di Alfredo Lagni, di 35 anni. I loro corpi furono lasciati a terra fino a tarda sera, malgrado il pianto disperato e le implorazioni dei familiari. Seguendo il loro bieco costume, i tedeschi effettuarono un massiccio rastrellamento, radunarono tutti gli uomini, circa 400, nella piazza del paese, quella intitolata a S. Andrea, e davanti al cimitero di Maranola, e caricati sulle camionette colme di soldati armati fino ai denti, incolonnati alla volta di Formia. Ovunque grida e pianti e poi il compito doloroso di recuperare in località Costarelle, una collinetta che sovrasta il centro di Trivio ai piedi di Monte Redentore, i corpi rimasti senza vita, tra gli arbusti, di Angelo, Luigi, Giovanni, Francesco, Antonio, Salvatore e Alfredo Lagni e Ersilio, il più piccolo di tutti: aveva appena compiuto 18 anni. I giovani fanatici soldati tedeschi se ne andarono ripetendo con ossessione: “Tutti kaputt”.
Ora Formia, a distanza di 75 anni, vuole rendere omaggio ai suoi martiri, non può e non vuole dimenticarli. Vuole celebrare il loro nome, fare in modo che uno degli episodi più dolorosi della storia di Formia e dell’intero Golfo di Gaeta non si perda tra le nebbie della storia ma resti fisso nella coscienza delle nuove generazioni. Convinta che “Una città che non dimentica è una città che ha ferme basi per costruire il proprio futuro” è la neo sindaca Paola Villa che ha personalmente condiviso l’organizzazione da parte del centro socio culturale di Trivio dello svolgimento di alcune celebrazioni per ricordare le vittime di una rappresaglia che fu violenta, inumana e perpetrata a danno di civili che altra colpa non ebbero se non quella di essere italiani.
Il via al 75° anniversario di questo eccidio nazista è in programma domenica 25 novembre 2018. Il via ci sarà alle 15.30 con la deposizione di una corona ai caduti sul luogo dove avvenne il violento atto e dove oggi sorge un monumento realizzato dall’attivissimo centro socio culturale della frazione collinare di Formia e finanziato all’epoca dall’amministrazione comunale di Formia. A seguire, alle 16.15, presso la scuola primaria “Collodi” si svolgerà il convegno sulle cause della rappresaglia. La conferenza, dopo i saluti del presidente del Centro Socio Culturale Trivio, Luigi Saraniero, registrerà gli interventi del dottor Gianfranco Macelloni, dell’ingegner Giovanni Nardella (presidente dell’Anpi, l’associazione nazionale partigiani d’Italia di Formia), del dottor Marco Tedesco (dottore in storia dell’arte), della sindaca di Formia Paola Villa , dell’onorevole Giuseppe Simeone (presidente commissione sanità, politiche sociali, integrazione socio-sanitaria e welfare della Regione Lazio), del deputato Francesco Zicchieri (segretario della IV Commissione del Ministero della difesa). Nell’occasione verranno esposti i lavori realizzati dagli alunni della Scuola Collodi. “Ci teniamo molto a questa giornata – ha sottolineato Luigi Saraniero, presidente del Centro Socio Culturale Trivio – perché forte è la volontà di riscoprire e diffondere nei cittadini, soprattutto tra i più giovani, i valori profondi della nostra storia locale. Vogliamo ricordare ai nostri figli di non dimenticare il sacrificio di chi ha dato la sua vita per renderci liberi”.
Per Formia l’eccidio della Costarella è una cicatrice ancora aperta. Oltre alla ferocia mostrata dalle truppe tedesche, colpì la totale assenza di motivazioni. Non si trattò di una risposta ad un’azione militare, né di una punizione per atti di insubordinazione. Il comune spera che uno degli episodi più dolorosi della storia di Formia e dell’intero Golfo non si perda tra le nebbie della storia ma resti fisso nella coscienza delle nuove generazioni. “Dovunque un uomo è morto per riscattare l’Italia, bambini, andate lì perché lì è nata la Costituzione” lo profetizzò uno dei padri dell’Italia repubblicana e democratica Piero Calamandrei. Benedetta Magliocco, moglie di una delle otto vittime dell’eccidio, chiese ai tedeschi il corpo del marito e loro rifiutarono la richiesta. Le dissero testualmente: ‘I banditi non avere famiglia’. La verità è che gli otto civili fucilati sulla Costareella non partecipavano alla guerra e non proteggevano partigiani: furono vittima della ferocia dei regimi oppressivi, uccisi dall’insensata crudeltà della guerra… Quella vera.
Saverio Forte
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