FORMIA – Un monito simile a quello rivolto la notte del 13 gennaio 2012 dall’allora comandante Gregorio Di Falco a Francesco Schettino di tornare a bordo e di riprendere la guida della Costa Concordia mentre finiva drammaticamente sugli scogli. E’ quello pesantemente rivolto dal segretario generale del Comune di Formia Alessandro Izzi nella duplice veste di responsabile “Prevenzione della corruzione e per la trasparenza” dell’ente niente meno che al suo “vice” e dirigente dell’avvocatura del Comune di Formia Domenico Di Russo. Si tratta di un pesante ed inedito scontro istituzionali ai massimi livelli del Comune di Formia cui sta partecipando, non si sa se volutamente o meno, anche la sindaca Paola Villa.
Sullo sfondo c’è l’opera pubblica più contrastata e dibattuta di sempre a Formia, il parcheggio multpiano “Aldo Moro” promosso dalla fallita Formia servizi spa e realizzato dalla “Multipiano del Golfo scarl”. L’ultimo capitolo di questa infinita querelle – contrassegnata dalla vendita il 20 dicembre del “piano zero” attraverso l’asta fallimentare indetta dal giudice delegato Linda Vaccarella – si sviluppa dal 18 gennaio in poi. Quel giorno, alle 12.30, venne depositata presso la segreteria del comune la proposta di deliberazione avanzata dall’avvocatura del comune con cui si chiedeva alla Giunta di autorizzare la costituzione in giudizio, davanti il Tribunale civile di Cassino, contro l’istanza della “Multipiano del Golfo” e del suo patron Williams Di Cesare, contro il mancato collaudo del parcheggio multipiano. Se questo procedimento è stato fissato per il prossimo 25 settembre, nello stesso giorno di presentazione della bozza di delibera (il 18 settembre) veniva protocollata al comune di Formia – per un incredibile caso di natura temporale – una relazione-diffida della “Multipiano del Golfo” che sollecitava la nuova amministrazione comunale ad approvare il collaudo tecnico amministrativo del parcheggio di piazzale delle Poste.
Williams Di Cesare in comune era stato il giorno prima accompagnato dal suo legale e aveva incontrato proprio la sindaca Villa e, tra gli altri, proprio l’avvocato Di Russo. Quello che gli aveva chiesto oralmente nel corso del faccia a faccia dai toni (a volte) aspri e duri, l’imprenditore di Gaeta ma spignese d’adozione l’aveva messo per iscritto. Effettuava una “sintetica ricostruzione” di tutte le “singolari” vicende inerenti la realizzazione del multipiano di piazza Moro dalla convenzione del settembre 2000 tra il comune e l’allora Formia Servizi spa e, rimarcando il mancato pagamento di tutte le somme di cui la “Multipiano del Golfo” è “legittimamente creditrice” (i lavori eseguiti sono stati stimati per un importo di 4 milioni e 476mila euro) , chiedeva di velocizzare l’iter per l’approvazione del collaudo della struttura per il quale l’ex Rup e responsabile dell’ufficio tecnico Sista Astarita aveva nominato l’ingegner Antonio Turco.
In effetti questo inadempimento non è di secondaria importanza perché ha impedito, di fatto, alla “Multipiano del Golfo scarl” di acquisire il diritto a far parte dell’assemblea dei creditori della Formia servizi e, dunque, a beneficiare, sul piano prettamente economico, della divisione degli introiti della vendita all’asta del multipiano. Questa battaglia riguardante il mancato collaudo della struttura la famiglia Di Cesare l’aveva continuata a svolgere il 14 febbraio 2018 ma il Tar- sezione di Latina respinge il ricorso presentato contro il diniego per difetto di giurisdizione riconoscendo la “competenza cognitoria” del giudice civile. Quello di Cassino, per intenderci. Un’altra svolta in questa intricata vicenda si registra il 25 settembre quando la Giunta Municipale di Formia, presieduta dalla sindaca Villa (erano presenti tutti gli assessori tranne che la dottoressa Alessandra Lardo), stava per deliberare la citazione in giudizio nel ricorso presentato dalla “Multipiano del Golfo” quando la seduta è stata improvvisamente sospesa… Fatto unico e raro. Secondo una ricostruzione sarebbe intervenuto il segretario Izzi che, memore del contenuto della relazione inviatagli esattamente una settimana prima da Di Cesare, concordava (con l’esecutivo) “all’unanimità di sospendere l’esame della citata proposta di deliberazione al fine di acquisire, preventivamente, ogni utile chiarimento”. Da parte di chi? Chiaro, dai “dirigenti competenti”, il neo responsabile dell’area tecnica Annunziata Lanzillotta e dell’avvocatura interna Domenico Di Russo.
Ma il comune di Formia è obbligato o no ad approvare il certificato di collaudo “dell’opera in questione”? Il segretario Izzi il 28 gennaio scrive ai due dirigenti chiedendo, soprattutto all’avvocatura, un parere riguardante la “quaestio iuris” che ha generato il contenzioso in esame. La prima falla della tanta reclamizzata trasparenza o riservatezza della nuova amministrazione comunale si registra in questi giorni, la richiesta delle delucidazioni del segretario finisce di diventare argomento di scommessa negli uffici del comune neanche fosse un bookmaker inglese. Le maglie della discrezionalità amministrativa si aprono e il 1 febbraio arriva al segretario Izzi la risposta dell’avvocato Di Russo in una nota di risposta sottoscritta anche dalla suo “vice”, Sabrina Agresti. E spiegano le ragioni per le quali l’amministrazione comunale di Formia, sin dal marzo 2017, non ha voluto approvare il collaudo tecnico amministrativo redatto dall’ingegner Antonio Turco. Ecco le ragioni: il fallimento della Formia servizi spa, la decadenza della concessione, la risoluzione per inadempinento del contratto di appalto per la costruzione dell’opera di cui si chiede il collaudo, la sentenza del Consiglio di Stato che retrocede il bene alla curatela fallimentare, la diffida di quest’ultima a “non interferire con il contenzioso in essere e, inoltre, il contenzioso e la sentenza del Tribunale fallimentare resa tra la curatela e la società appaltatrice.
Insomma, il soggetto imprenditore ha tutto l’interesse per il collaudo dell’opera per vedersi ristorare tutti gli investimenti effettuati ma il comune non ha più titolo giuridico per ottemperare a questo adempimento in quanto il parcheggio multipiano è di un nome e di cognome, la curatela fallimentare (l’avvocato Gianmarco Navarra). Gli avvocati Di Russo e Agresti sono arrivati ad una conclusione che ha fatto indispettire il segretario Izzi e, per “presa visione”, la sindaca Villa: hanno difeso a denti stretti dell’operato dell’avvocatura “esclusivamente a tutela dell’interesse del comune di Formia e per la difesa degli atti amministrativi adottati con coscienza e diligenza” ma le “nostre tesi difensive state state e sono oggetto da parte della Multipiano del Golfo e del signor William Di Cesare oggetto di continue accuse, denigrazioni e personalizzazioni. Questa situazione ha determinato il venir meno della fiducia nel lavoro professionale svolto impedendo a noi avvocati di conservare l’indipendenza, la libertà e l’autonomia che deve contraddistingere lo svolgimento del proprio mandato”. Tradotto, in base agli articoli 24 e 32 del Codice deontologioco Forense gli avvocati Di Russo e Agresti hanno annunciato di rinunciare “al mandato di difesa e di assistenza dell’ente nel procedimento in oggetto” e hanno invitato l’amministrazione a “nominare altro difensore nei modi e nei termini previsti dalla legge”.
Queste dichiarazioni, dal forte sapore Aventiniano”, hanno fatto indispettire il segretario Izzi – conosciuto da tempo nell’ente comune di Formia per la azione “moralizzatrice” degli altri amministrativi ma anche osteggiato per la sua forte presa poliziesca – e la sindaca Villa che ora, il 6 febbraio, hanno diffidato i due legali nell’ente a rientrare nei ranghi dopo aver contestato il tenore della loro… difesa d’ufficio perché “nessuna delle motivazioni adotte si ritiene idonea a legittimare la rinuncia al mandato degli avvocati che, peraltro, sono dipendenti pubblici” Questo scontro istituzionale, davvero grave, si è acuito da un particolare che rivela il segretario Izzi: l’avvocato Di Russo tempo fa ha presentato una denuncia querela per diffamazione contro Williams Di Cesare. E Izzi menziona il secondo comma dell’articolo 24 del Codice deontologioco Forense, il quale dispone che “l’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza a difendere la propria libertà da pressioni e condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale. E Izzi- versione Catone invita a Di Russo e Agresti a rilasciare il parere richiesto “non apparendo giustificato un incarico esterno con il relativo aggravio di spese” e conclude con una filosofia pensiero da lasciare ai posteri: “L’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente”.
Saverio Forte