FORMIA – La Soprintendenza ai beni Architettonici del Lazio autorizzò quel trasferimento. Probabilmente quel nulla osta finì nel dimenticatoio al punto da far prefigurare il suo mancato rilascio. Con questo colpo di teatro dell’avvocato Luca Scipione è stato vivacizzato, davanti il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Gaetano La Milza, il processo sul presunto ed illegittimo trasferimento di 14 elementi architettonici – per lo più epigrafi di origine romana – nella restaurata villa comunale di Formia nel giorno della sua inaugurazione – il 26 marzo 2014 – alla presenza del governatore del Lazio Nicola Zingaretti.
Per quel ritorno “illegale” a distanza di quasi cinque anni sono sotto processo l’allora responsabile unico del procedimento Giuseppe Caramamica, la dirigente dell’epoca della ripartizione Lavori Pubblici del Comune di Formia Marilena Terreri e Giuseppe Verrazzo, l’amministratore unico della “Cogever”, l’impresa che si aggiudicò e realizzò i lavori. E invece la deposizione del Rup Caramanica ha ridimensionato la portata dell’accusa, all’epoca rappresentata dal sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo. Il ritorno di questi “ceppi” dal centro nazionale di preparazione olimpica “Bruno Zauli” nella villa di via Vitruvio venne autorizzato dalla Soprintendenza che probabilmente confuse questo trasferimento per altri reperti archeologici che si trovavano da anni presso il centro Coni in attesa di essere sistemati nei luoghi d’origine da cui erano stati rimossi per essere sottoposti ad interventi di restauro.
Secondo le risultanze investigative della Procura di Cassino il terzetto andava processato per aver violato – si legge nel suo decreto di citazione a giudizio – in concorso l’articolo 169 del decreto legislativo 42 del 2004, quello che ha introdotto in Italia il codice per la gestione e conservazione dei beni culturali e del paesaggio. Nell’occhio del ciclone finì la stessa impresa appaltatrice che, sprovvista di requisiti e mezzi idonei, eseguì interventi pulitura che, non autorizzati, risultarono del tutto arbitrari e danneggiarono gli stessi reperti”. Davanti al giudice monocratico del Tribunale di Cassino Gaetano La Milza, dopo il Rup Caramanica, nella prossima udienza comparirà il direttore dei lavori incaricato dal Comune, Vittorio D’Argenio, al quale la soprintendenza per una questione di zelo avrebbe voluto affiancare un proprio consulente di fiducia.
Intanto il legale di Caramanica e Terreri, l’avvocato Luca Scipione, ha rispolverato anche una lettera della direzione Coni che invitava il comune a riprendersi quegli elementi architettonici perché il deposito in cui erano stati sistemati da mesi serviva per altre mansioni. Il processo per la sentenza è stato rinviato al prossimo 19 aprile.
Saverio Forte