FORMIA – A poco meno di una settimana dalla clamorosa vendita dei capannoni del nuovo stabilimento del Pastificio Paone nell’area industriale di Penitro a Formia, Erasmo Paone, uno dei tre soci che costituiscono la nuova governance dell’antica e prestigiosa azienda alimentare, ha deciso di dire “tante cose” al nostro portale.
Dott. Erasmo Paone, anche se lei non opera direttamente all’interno del pastificio, vorremmo conoscere quale è a sua opinione in proposito degli ultimi sviluppi della vicenda.
In questi anni, pur non vivendo a Formia, abito infatti a Pomezia, mi sono in effetti ampiamente occupato come socio dell’incredibile vicenda in cui è stata coinvolta l’azienda di famiglia, che voglio ricordare, è la più antica della provincia ed una delle più antiche d’Italia. Tutto è iniziato con un progetto di delocalizzazione dal centro cittadino, sempre auspicato da tutte le autorità cittadine, progetto in cui la famiglia ha messo tutte le proprie risorse coadiuvata da una serie di tecnici locali che oggi mi sembrano un po’ defilarsi ma che ci hanno sempre rassicurato in sede assembleare che tutto era perfettamente in ordine.
E invece…
E invece a pochissimi mesi dalla inaugurazione del centro commerciale, che peraltro avrebbe dato lavoro a 90 giovani di Formia e del Golfo, arrivò il fulmine a ciel sereno del sequestro per presunte irregolarità nella procedura di rilascio del permesso a costruire. Giova ricordare che a fianco a quel permesso il Comune di Formia ne ha addirittura emesso un altro in autotutela. Diverso sindaco, diversa Giunta, diverso tecnico, ma questo sembra lasciare indifferente il Tribunale di Latina. Da allora è iniziata una storia lunghissima e complicata che rischia di far sparire immotivatamente un vanto della città ed assomiglia pericolosamente ad altre storie italiane in cui l’imprenditoria seria sembra essere un fastidio da eliminare o meglio una vittima predestinata di predatori economici.
Sì, seguiamo da anni questa incresciosa e per certi versi incredibile vicenda, ma veniamo ad oggi.
Come socio osservo che l’azienda si è trovata davanti ad una duplice sfida, da un lato il risanamento e rilancio in quanto le vicende giuridiche l’hanno addirittura portata ad un breve periodo di chiusura – cosa che era successa solo durante la guerra – e dall’altro quello di ottenere il dissequestro dell’ex opificio in Via Appia su cui è stata investita una somma pari a circa 3/4 dei debiti complessivi. Dal punto di vista industriale l’azienda ha seguito un preciso programma di ristrutturazione che ha coinvolto quasi tutti gli aspetti aziendali e si può affermare con orgoglio che esclusivamente con i propri mezzi ha di fatto azzerato gli effetti della crisi riscuotendo un grosso successo sui mercati internazionali. Dal punto di vista giuridico, invece, nonostante sforzi e spese ingenti ci siamo scontrati con la pervicace resistenza del Tribunale di Latina che sembra veramente averne fatto una questione fondamentale ma senza peraltro riuscire a garantire tempi compatibili con il concetto di giustizia e spesso lasciandoci completamente basiti in merito alle decisioni prese. Così in presenza di un processo che si è voluto comunque iniziare ben 8 anni dopo e con la maggior parte dei reati ipotizzati ormai prescritti, oggi si arriva alla messa all’asta dell’immobile di Penitro dove l’azienda lavora, un immobile libero da ipoteche e completamente pagato.
Cosa comporta per il Pastificio questa possibile vendita?
Si tratta di una doccia fredda sul processo di rilancio aziendale, ci toglie serenità ed aggiunge un costo iniquo all’azienda facendogli fare passi indietro senza alcun vantaggio per i creditori. Spiego bene questo punto, l’immobile è svenduto a meno del 50% del suo valore ma essendo stato inopinatamente fissato un importo fisso di affitto, l’azienda si trova un costo altissimo che non porta alcun vantaggio alla sua posizione debitoria ma solo agli speculatori che hanno un doppio vantaggio, sull’immobile che pagano pochissimo e sul suo rendimento più che doppio di quello previsto dalle tabelle OMI pubblicate dalla Agenzia delle Entrate! E’ tutto piuttosto assurdo e sostanzialmente contro il principio di legge che in questi casi dovrebbe sempre favorire i creditori (che invece perdono un asset a garanzia) e che dovrebbero puntare al risanamento aziendale, cosa che il Pastificio Paone è riuscito a fare. Veramente incomprensibile anche se magari formalmente tutto potrebbe sembrare in regola. In sostanza perde il Pastificio e perdono i creditori mentre vincono gli speculatori.”
Cosa vede come soluzione?
Come da più parti indicato, come socio auspico fortemente l’intervento benemerito del Consorzio Industriale che ha la prelazione sull’acquisto dell’immobile. Il Consorzio realizzerebbe molti vantaggi da una operazione come questa perché potrebbe fare una operazione di consolidamento dell’attività del Pastificio Paone ricavandone un reddito in linea con le previsioni dell’Agenzia delle Entrate, magari anche prevedendo la possibilità per il Pastificio, una volta risolta la vicenda giuridica, di poterlo riacquistare cosa che potrebbe essere anche di interesse di un possibile investitore partner. Questo tutelerebbe anche i creditori perché riceverebbero la stessa somma ma eviterebbero il depauperamento delle risorse del Pastificio a tutto vantaggio del consolidamento dello stesso e quindi del suo valore a sua volta garanzia dei creditori. Infine si realizzerebbe una operazione socialmente valida sotto tutti i punti di vista anche di preservazione di un territorio già martoriato, in sostanza ne guadagnerebbero tutti tranne gli speculatori esogeni al territorio.
Saverio Forte
VIDEO L’intervista