FORMIA – Nell’ambito della seconda edizione dell’iniziativa promossa dalla Regione si apriranno, tra il 25 ed il 28 aprile, al pubblico circa 80 siti denominate “dimore storiche”. Tra le località prescelte c’è anche il Castello di Gianola di proprietà dell’avvocato Gennaro Orefice. A manifestare la sua contrarietà per questa scelta è niente meno che la sindaca di Formia che ha utilizzato la sua pagina facebook per censurare uno dei più intricanti casi (dal 2011) di quelli che definisce “abusi edilizi, vincoli paesaggistici, ambientali e archeologici non rispettati, in spregio a tutte le leggi di tutela ambientale”.
Già dal 2011 il Comune di Formia, il Parco Regionale “Riviera di Ulisse” e privati cittadini presenteranno una serie di esposti per mettere in evidenza come il Castello di Gianola ed il parco limitrofo “abbiano subito abusi di ogni genere, senza tener conto di qualsiasi rispetto delle leggi”. Tutto questo fino al luglio 2018, quando il Tar Lazio, con la sentenza numero 405, respinse – ricorda la Villa – i ricorsi del proprietario del bellissimo immobile, l’avvocato Gennaro Orefice, e diede mandato all’Ente Parco di pretendere il ripristino dei luoghi.
“Oggi questo sito non può ergersi a dimora storica, oggi questo sito come sottolineato da una nota dettagliata, inviata dal Comune di Formia alla Regione Lazio, non può rappresentare un luogo di bellezza paesaggistica archeologica. Oggi il Castello va prima ripristinato, ai luoghi va prima ripristinato la legalità e poi al Castello gli si potrà dare una giusta collocazione di rispetto e bellezza”. In un altro post la sindaca di Formia ricorda quelli che a suo dire sarebbero stati realizzati: “abusi edilizi, disboscamento di macchia mediterranea non autorizzata, colate di calcestruzzo e tanto altro fatto senza acquisire pareri”.
Lo scorso luglio con una sentenza ad hoc il Tar ha richiesto il ripristino dei luoghi, da qui la “fatwa” della sindaca di Formia: “Il Castello di Gianola non può essere considerato un luogo dove apprezzare bellezze archeologiche, perché quelle stesse bellezze non sono state rispettate e conservate.”
Saverio Forte