VENTOTENE – “E’ giunto il momento che l’attuale amministrazione avvii l’iter per un riconoscimento istituzionale che consegni alla storia la figura del personaggio: una via, un vicolo, uno slargo, una piazzetta, una targa commemorativa, qualcosa che renda merito a chi, nel corso della vita si è speso per il paese.” Sta ottenendo moltissime adesioni, più del previsto, la proposta che l’associazione di promozione turistica “Ventotene mia” ha inviato al sindaco Gerardo Santomauro e all’intero consiglio comunale per ricordare il compianto primo cittadino Beniamino Verde ed il suo “vice” Gaetano “Nino” Montano a vent’anni esatti da quello che fu considerato il loro “sacrificio”. Era il 14 luglio 1999, in Francia era giornata di festa nazionale ma non era Verde e Montano. Entrambi morirono in missione. Fu proprio così. Erano in viaggio con destinazione la Prefettura a Latina per affrontare due tipiche emergenze di un’isola e di un’isola minore in particolare, i rifiuti e i trasporti.
Sono trascorsi vent’anni esatti da quel tragico e torrido pomeriggio. In un incidente stradale verificatosi sulla strada regionale Flacca, in località Salto di Fondi ai confini con il comune di Monte San Biagio, morirono il sindaco ed il vice-sindaco di Ventotene. Fu una trasferta di cui avrebbe fatto a meno di effettuare nel cuore dell’estate il sindaco Verde, carattere apparentemente spigoloso e burbero ma fondamentalmente buono ed innamorato della sua isola. L’aveva definita, alla partenza, “fastidiosamente necessaria”. Verde e Montano morirono “sul campo” per ottenere alcune risposte dall’allora Prefetto di Latina Giuseppe Procaccini, risposte che i rappresentanti dell’amministrazione isolana attendevano da settimane se non da mesi. Alla guida di quella Golf, dopo una breve sosta in un’area di servizio, c’era Montano ed una ragione c’era: a Beniamino non piaceva guidare, le auto le aveva bandite dalla sua isola sin dalla sua prima e storica elezione a sindaco, nel lontano 1983. Per la cronaca Montano morì sul colpo all’interno di quell’utilitaria accartocciata che finì la sua corsa in una scarpata. Verde fu soccorso in condizioni disperate all’ospedale di Terracina che ancora non era stato intitolato ad un altro futuro missionario, dell’ordine dei Comboniani, Alfredo Fiorini. Alle 16.50 la notizia del suo decesso. A darla a tanti isolani, che per le più disparate ragioni (nonostante il periodo) si trovavano a Formia e a Gaeta, fu un magistrato, l’allora procuratore aggiunto della Procura di Latina Franco Lazzaro: “Una morte brutta” esclamò l’adorata moglie, l’inseparabile signora Maria Sequino. Era sicura che suo marito, Beniamino ce l’ avrebbe fatta anche questa volta, dopo tante disavventure per mare, dopo tante battaglie tenaci per il riscatto degli isolani, per lo sviluppo di Ventotene.
Lui, provetto pescatore, grande navigatore, comandante di “Il Nuovo Pensiero”, l’antico veliero che lui pur di non privarsene lo lasciò affondare volontariamente nel porto romano. E Verde, oltre a guidare ininterrottamente il comune più piccolo della provincia di Latina ma anche la realtà che negli anni bui della seconda guerra mondiale grazie ad un manipolo di antifascisti come Altiero Spinelli ha partorito il rivoluzionario pensiero della nascita degli Stati uniti d’Europa, sapeva governare ben altro: gozzi, zaccalee, vele, anche i panfili. Ma non un’auto che tanto detestava. Il giorno dei solenni funerali l’intera provincia di Latina e non solo, naturalmente in testa il Prefetto Procaccini che a lungo (ed invano) ha atteso Verde e Montano in piazza della Libertà, si diede appuntamento sotto la caligola di piazza Castello per rendere omaggio al sindaco e al vice sindaco di Ventotene scomparsi “in servizio” I parenti di Beniamino le condoglianze le ricevettero sotto il pergolato del bar di famiglia che tutti i turisti diretti a Ventotene devono frequentare come una reliquia. Come il Colosseo per chi va a Roma. Qui il sindaco Verde raccontava le sue peripezie nel mare magnum di un’amministrazione apparentemente piccola. L’adorata moglie Maria non si capacitava: “Quante volte gli ho chiesto: “Cos’ altro devi dare ancora a quest’ isola?”. “Ora lo so…”. è stata la sua triste risposta.
Il presidente dell’associazione Ventotene mia” è un giovane imprenditore dell’isola, si chiama Daniele Coraggio e la sua proposta è piaciuta al sindaco attuale dell’isola, il notaio Gerardo Santomauro: “A Ventotene chi pronuncia il nome di Beniamino immagina ancora di incontrarlo”. Il comune per commemorare quelli che definisce i “due caduti” del Salto di Fondi ha organizzato domani mattina, 14 luglio, una cerimonia commemorativa: ad una messa di suffragio in memoria di Verde e Montano nella chiesa parrocchiale di Santa Candida seguirà la deposizione di una corona ai piedi del “Monumento alle vittime dei caduti sul lavoro” nel piazzale antistante il centro polivalente intitolato ad un altro antifascista, ventotene d’adozione, qual è stato Umberto Elia Terracini. “Dobbiamo sentirci tutti uniti nella memoria collettiva – ha concluso il sindaco notaio di Ventotene – per essere insieme, per ricordare insieme”. Ma chi era Beniamino Verde? Il presidente Coraggio, nonostante la sua giovane età, nella lettera al comune scrive testualmente: “ Per le persone di Ventotene nate all’indomani della guerra Verde è stato il collante e il riferimento di una “fazione”: l’isola era di fatto divisa in due grandi famiglie, rappresentative di obiettivi e visoni differenti, i Verde e gli Assenso. Per i giovani che ora non hanno ancora superata gli “anta” Verde è stato il sindaco che si divideva tra la bottega di generi alimentari di Piazza Castello ed il dirimpettaio palazzo comunale. Una figura “pop”, avvolta da una nuvola di Nazionali fumate senza filtro, legata a doppio filo all’isola e al suo futuro, pensato, sognato e realizzato in quasi 30 anni di battaglie politiche”.
Beniamino, di cultura politica socialista ma capace di interloquire con i Comunisti e i democristiani di allora, senza ombre di smentite è stato “il sindaco del “benessere”, progressista, intuitivo, lungimirante, che ha segnato un solco ancora oggi ben visibile nelle cose e nelle persone – aggiunge Coraggio – La sua è stata una politica fatta di gesti concreti, ma anche di “pugni sul tavolo”, di visioni e di scelte avvenieristiche, di passione e condivisone con la Comunità isolana. Il Porto nuovo, l’acquedotto, il recupero del vecchio Cenobio, l’apertura della casa Alloggio per gli anziani, il primo depuratore, il centro sportivo comunale, il collegamento marittimo veloce, la nascita della Banda Municipale, il parco archeologico di Punta Eolo, il recupero delle Cisterne dei detenuti e di Villa Stefania, l’apertura del Museo Comunale, l’intuizione di un gemellaggio con la bellissima isola francese di Oleron (purtroppo non realizzato) ma anche la politica Europeista, il primo (ed unico) distributore carburanti, la campagna e le battaglie per la tutela e recupero dell’ergastolo di Santo Stefano, l’intuizione e la realizzazione della Riserva Marina e Terrestre”. Insomma un gigante che ha cercato di preservare l’isola, ammodernandola, senza stravolgerne l’essenza.
Per i nati nel nuovo millennio Beniamino è un nome come tanti, che ciclicamente viene tirato in ballo dai più grandi, nei discorsi più o meno importanti o durante le elezioni e nulla più’. Una eredità pesante quella di Beniamino, da raccogliere come sfida per i Ventotenesi di domani. Un’eredità legata indissolubilmente al concetto di appartenenza, di territorio, di identità, di memoria, dalla quale nessuno può prescindere. Ricordare Beniamino per poi ricordare tutti quelli che hanno contribuito alla crescita della comunità di Ventotene: Enzo Romano, Gabriele Panizzi, Umberto Assenso, Don Paolo Capobianco, Marianna Taliercio, Fortunato Verde, “nomi elencati non a caso ma dai quali avviare un dibattito serio e costruttivo per ripartire da chi ha lasciato un segno nella storia dell’isola – ha concluso il presidente Coraggio – Si tratta di un’operazione di pacificazione culturale della quale Ventotene ha estremamente bisogno”.
Saverio Forte