CASTELFORTE – Una lite, banale, per un mancato saluto, degenerata in tragedia. Per questo motivo Antonio Mendico, autotrasportatore di 44 anni di Castelforte si è visto confermare in appello la condanna per omicidio preterintenzionale per la morte di Eduardo Di Pastena, 50enne suo concittadino, colpito con un pugno e stramazzato a terra davanti un bar nella centralissima piazza San Rocco la sera del 2 giugno 2017.
La sentenza è stata emessa dalla prima Corte d’assise d’appello di Roma che ha confermato la condanna ad otto anni di reclusione del Gup di Cassino Salvatore Scalera emessa lo scorso 6 dicembre a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato. Di Pastena morì il giorno di Capodanno del 2018 dopo una lunga agonia peregrinando in diversi ospedali della regione e del centro Italia per le conseguenze di quell’aggressione. Secondo l’accusa, Mendico colpì con violenza al capo Di Pastena che, finendo a terra, sbattè contro un marciapiede e non si riprese più. I Carabinieri avviarono le indagini dopo l’allarme lanciato dal fratello della vittima: a fare il resto fu il contenuto dei sistemi di videosorveglianza dei locali attigui, nonché le telecamere del comune di Castelforte. Fu lo stesso Mendico, una volta rintracciato, a dire che era stato contattato dal fratello che gli aveva riferito di una discussione con due persone, una delle quali proprio Di Pastena.
Per quell’episodio, maturato al termine di una serata di festa, iniziò un processo con l’ipotesi di reato di lesioni per Mendico ma il sopraggiunto decesso di Di Pastena cambiò anche il capo d’imputazione: omicidio preterintenzionale. Il magistrato titolare delle indagini, il sostituto procuratore Roberto Bulgarini Nomi – al netto della riduzione di un terzo per il rito alternativo – aveva chiesto nel corso del processo di primo grado 10 anni ed 8 mesi di reclusione per Mendico, riconoscendo la piena colpevolezza dell’autotrasportatore in ordine alla morte di Di Pastena. Il collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Pasqualino Santamaria e Renato Archidiacomo, ha sempre contestato il castello accusatorio della Procura chiedendo la derubricazione del reato di omicidio preterintenzionale in omicidio colposo e la concessione delle attenuanti generiche anche perché sono stati definiti “normali” i rapporti tra Mendico e Di Pastena.
Il Gup Scalera aveva riconosciuto anche ai familiari della vittima – la moglie e i quattro fratelli si erano costituiti parte tramite gli avvocati Antonio Giuliano Russo e Giuliano Russo – 50 milaeuro come provvisionale. Oltre ai danni da quantificarsi in separa sede.
Saverio Forte
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