FORMIA – Un clima di genuina formianità si respirava l’altro nel “Gran Caffè Tirreno” che, non smentendosi, ha rappresentato la migliore scenografia di una sorta di “rimpatriata” che ha dimostrato di come il calcio, quello vero e profondo, ha rappresentato davvero un’autentica forma di aggregazione sociale, un “must” anche per la crescita di una comunità. E così che, grazie ad una bella ed encomiabile idea dello storico direttore sportivo della Società Sportiva Formia, Antonio Miele, conosciuto a distanza di anni con il simpatico nomignolo di “Marella” (derivante per il suo attaccamento di un ex calciatore che ha vestito la casacca biancoazzura), hanno potuto riabbracciarsi i componenti della squadra che 41 anni fa vinse l’allora campionato di serie D, il “Formia dei Miracoli” fu l’appellativo dato dalla Domenica Sportiva ad una squadra che, insieme all’Udinese (allora militante in serie C), rimase a lungo imbattuta.
Il “diesse” Miele- il cui amore e passione per il calcio della sua città è molto di più di una patologia senza cura – ha saputo, quasi per caso, che il portiere di quel Formia, Luigi Criscuolo, napoletano di Castellamare di Stabia, sarebbe tornato nel Golfo, a Gaeta in particolare, per essere sottoposto ad una visita ortopedica da un bravissimo professionista che con il Formia calcio ha iniziato la sua attività medica, Roberto Fabbrini. Occasione unica e rara – avrà pensato Miele – di contattare il maggior numero di calciatori che permisero al Formia, dopo 73 anni di attività agonistica, di approdare per la prima volta in serie C/2, a quel professionismo che la Formia calcistica ha meritato, poi, dodici anni più tardi al termine dello spareggio promozione contro il Cynthia Genzano disputato sul rettangolo di gioco del dimesso stadio “Matusa” di Frosinone.
E così che ad abbracciare “Giggino” Criscuolo sono stati il suo presidente Salvatore Valeriano, lo storico segretario biancoazzurro Giorgio Zangrillo, il geometra del centrocampo biancoazzurro Gigi Iodice, il “bomber” Franco Guadagni, uno dei più forti difensori della storia che calcio formiano che corrisponde a Carmine Falso, Sergio D’Acunto, il mitico “Peppe” Capodiferro, ma anche gli ex calciatori Gianfranco “Racanella” Zangrillo, il futuro preside dell’istituto alberghiero “Angelo Celletti”, il professor Erasmo Colaruotolo e, tra gli altri, l’imprenditore Gianni Purificato e, naturalmente, il promotore di questo incontro, l’ex direttore sportivo Miele. Ha provato ad esserci a questo “incontro tra amici” anche un gaetano verace ma che alla Formia calcistica ha sempre voluto bene: quel Franco Albano che di quel “Formia dei miracoli” era il vice dell’allenatore, il compianto Domenico Biti.
Romano di nascita, mister Biti prima di arrivare a Formia aveva allenato le giovanili di Roma e Lazio, diverse nazionali juniores e semiprofessioniste (vanta anche una partecipazione alle Olimpiadi di Roma del 1960, faceva parte dello staff tecnico di quell’Italia a cinque cerchi). Tra i suoi allievi, uno in particolare, il “MaraZico” di Nettuno, Bruno Conti. La società vincitrice del campionato di serie D 1977-78 era rappresentata – come detto – dal suo presidente Salvatore Valeriano, il pensiero sicuramente è andato a quei dirigenti (da Antonio Petrone a Nicola Assenso, da Giusepep Di Nardo a Claudio Fabbrini) che permisero a quella romantica Formia calcistica di giocare e, anche, di pensare in grande. Difesa ermetica, centrocampo solido ed un attacco pungente furono le armi migliori di quella squadra che nella gara d’esordio in casa dell’Irpinia schierava Criscuolo, D’Acunto, Mattioli, Pezzini, Falso, Guadagni, Testa, Iodice, Cornacchia (poi capocannoniere biancoazzurro al termine della stagione con 9 gol), Virgilio, Capodiferro. Quel Formia incassò la prima rete a Scafati – dove prevalse per 3 a 1 – e acciuffò al comando, a quota 8 punti, il Morrone Cosenza. Seguì un avvincente testa a testa con i calabresi del Rende, nonostante il Formia non beneficiasse dell’apporto dell’allora “San Pietro” che, ultimati i lavori di ristrutturazione, ha recuperato in occasione del vittorioso 2 a 0 rifilato (grazie ai gol di Comberati e Capodiferro) alla decima giornata d’andata.
Era il 31 dicembre 1977 che con le reti di D’Angeli, Comberati e Virgilio che gli straripanti tirrenici di mister Biti, battendo il Rende nello scontro diretto, conquistarono in solitario il primato. Non lo abbandonarono più sino al maggio del’anno successivo, mese terribile per l’Italia Repubblicana – il corpo di Aldo Moro era stato ritrovato cadavere nella Renault 4 in via Caetani in pieno centro a Roma – ma non per una città che guadagnò la C/2 con una giornata d’anticipo. Pareggio doveva essere al “San Pietro” contro la Casertana e pareggio (0 a 0) fu. I quattro punti di vantaggio contro la Palmese, seconda in classifica, non potevano essere più recuperati. La domenica successiva fu passerella per tutti, finì 0 a 0 l’inutile trasferta di Nola. Il Formia – l’unico ad andare sempre in campo per 34 domeniche successive – fu Massimo Pezzini – guadagnò il “pass” per il Professionismo con 46 punti, quattro in più rispetto alla coppia Casertana-Rende e cinque sul tandem formato dalla Palmese e dal Savoia.
L’incontro del “Gran Caffè Tirreno” è servito anche per capire come e perché maturarono le tre sconfitte stagionali. La prima arrivò dopo 22 giornate di imbattibilità, a Torre Annunziata in casa Savoia. Sino a quella domenica il “Formia dei miracoli” aveva meritato la citazione televisiva nella Domenica Sportiva dopo aver crollare tutti i record possibili e segnando 26 e gol e subendone 8: migliore difesa di tutti i campionati italiani. Sempre quel Formia fece correre un brivido lungo la schiena ai suoi tifosi in un doppio e consecutivo turno esterno, a Palma Campania e a Rende dove venne sconfitto di misura. Niente paura,nonostante il Rende si fosse avvicinato a -4. Al Formia mancava solo un punticino che, colto contro la Casertana, significò la serie C/2 con un turno d’anticipo. “Quelli si che erano uomini prima che calciatori – ha commentato l’ex direttore sportivo Miele – Avevano preso un impegno con la città e l’hanno mantenuto sino in fondo. L’hanno dimostrato anche dopo 41 anni, è bastata una chiamata e hanno onorato quell’attaccamento che l’oblio ed il tempo non hanno per nulla scalfito”.
Saverio Forte
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