GAETA – “Oltre l’indifferenza”. Si intitola così il report della Caritas Diocesana che, perfetta sintesi di un’azione sinergica effettuata da tanti operatori e collaboratori dell’importante associazione umanitaria, ha avuto il merito di censire lo stato della povertà sul territorio dell’Arcidiocesi di Gaeta nel corso del 2018. Il lavoro statistico di Anna Corrado e del sociologo Ugo Tomassi non ha fatto altro che recepire i dati raccolti dai Centri d’ascolto dislocati sul territorio diocesano nel quale vivono 195 mila persone.
Lo studio ha ricostruito le caratteristiche e i bisogni delle oltre 500 persone, più precisamente 529, che si sono rivolte ai servizi Caritas lo scorso anno ma, al di là dell’aspetto meramente numerico, ha sviluppato numerose informazioni utili per intervenire efficacemente attraverso servizi sempre più rispondenti alle nuove esigenze che al momento sono la riapertura del centro servizi “San Vincenzo Pallotti” nel cuore del quartiere di Castellone dopo i necessari interventi di riqualificazione e i progetti “OrA – Orientamento attivo al lavoro” ed il “Tavolo contro il gioco d’azzardo”. Il report ha certificato che le richieste di intervento sono state 1139 ma le persone contattate sono state 529, ognuna di loro ha presentato in media almeno 2 richieste .Le richieste si sono concentrate per 3/4 per ricevere beni materiali, molto ridimensionate sono le voci riguardanti i sussidi economici (10%) e ascolto (8%); marginale quelle sul lavoro e per chiedere una consulenza per trovarlo. Anche la variabile cittadinanza non evidenzia differenze sostanziali: gli italiani sono maggiormente propensi a chiedere beni materiali (72%) ed anche sussidi economici (12%), molto raramente l’ascolto (9%). Tra gli stranieri la richiesta dei beni è sensibilmente più alta arrivando all’84%, e diventano quasi nulle le altre voci, in modo particolare quella della richiesta di sussidi economici (5%).
Ma chi frequenta i centri Caritas nei 16 comuni facenti parte della Chiesa del Golfo? Sono soprattutto donne, pari al 64,8%, con un rapporto quasi di 2 donne per ogni uomo. Il 62,6% delle persone che frequentano i centri Caritas hanno la cittadinanza italiana, caratteristica che permane anche nella distinzione per sesso: infatti sia la maggior parte delle donne (60%) che degli uomini (67%) sono cittadini italiani. Il bisogno maggiormente manifestato dalle persone che frequentano i Centri Caritas è di carattere economico, pari al 38%, che nella maggioranza dei casi si lega ai problemi dell’’occupazione/lavoro 22%; queste due voci da sole raccolgono il 60% dei bisogni e sono un chiaro indicatore delle necessità che in questi anni stanno caratterizzando le povertà in Italia. Accanto a queste due voci si accompagnano principalmente i bisogni di carattere familiare 14% e di salute 8%. Con percentuali residuali si presentano le altre tipologie quali i bisogni di abitazione (5%), migrazione (3%), handicap (2%), istruzione (2%) e dipendenza 2%, tutti debolmente rappresentati.
A livello qualitativo emergono altre significative differenze: le persone non italiane presentano maggiori bisogni sulla voce immigrazione (11%), mentre i cittadini italiani hanno valori più alti nei problemi familiari (15%) e nella mancanza di lavoro (23%). La variabile cittadinanza non incide sulla voce “bisogni di carattere economico”, che presenta il valore più alto (38%) ed uguale per entrambi i gruppi; così pure i valori sui bisogni di tipo abitativo e di salute. In sintesi, pur esistendo alcune differenze quantitative i problemi legati alla povertà presentano in entrambi i gruppi priorità analoghe ponendo ai primi tre posti la mancanza di mezzi economici, la perdita del lavoro e le difficoltà familiari.
L’aspetto anagrafico, poi. Le variabili età e cittadinanza danno un utile contributo per conoscere lo status della popolazione che si rivolge ai centri Caritas. Le persone non italiane che frequentano la Caritas hanno nell’84% dei casi un’età compresa tra i 25 e i 54 anni;gli italiani raggiungono il 72% manifestando un’età compresa tra i 35 e i 64 anni. Quindi i più giovani sono gli stranieri mentre gli italiani sono più anziani. Sino ai 44 anni è prevalente, più del doppio, la presenza di cittadini non italiani, mentre a partire dai 45 anni diventa maggioritaria quella degli italiani. Le due fasce estreme sono quelle più differenti sociologicamente. Tra i 19-34 anni la percentuale dei non italiani è 3 volte superiore a quella degli italiani, mentre dopo i 55 anni gli italiani sono in percentuale 4 volte di più dei cittadini stranieri. Il livello d’istruzione è sicuramente più elevato tra le persone con cittadinanza non italiana: infatti questi utenti hanno un livello d’istruzione medio-alto pari al 41%, invece stesso livello tra gli italiani è raggiunto solo dal 21%. Tra quest’ultimi hanno la licenza elementare il 25%, mentre tra i non italiani si scende al 15%. Le caratteristiche conclusive sono le seguenti: le persone che si rivolgono ai centri Caritas parrocchiali sono in maggioranza donne con un età compresa tra i 40 e 50 anni; sono in netta prevalenza cittadini italiani con un basso titolo di studio; quando sono stranieri aumenta il numero delle donne, diminuisce l’età e aumenta il titolo di studio.
Interessante è considerare la condizione professionale rispetto alla cittadinanza: la percentuale più alta di disoccupati si registra tra i cittadini italiani (42%); stessa dinamica anche tra i pensionati che sono nella quasi totalità italiani (9%). Tra i cittadini stranieri si registra una percentuale più alta tra chi svolge un lavoro irregolare e in maniera più lieve tra gli occupati. Perfetta parità invece tra la voce delle casalinghe che è del 20% per entrambi i gruppi. “La lettura dei bisogni è sicuramente l’esperienza più impegnativa e alcune volte dolorosa degli operatori dei Centri Caritas; ascoltare, comprendere, collegare ed interpretare per poi riassumere in voci sintetiche una storia, un disagio non è cosa facile. Per questo motivo l’analisi – hanno commentato la dottoressa Anna Corrado ed il professor Tomassi – vuole evidenziare alcuni bisogni emergenti senza minimizzare quelli meno evidenti statisticamente. Incrociando quelli principali rispetto alla cittadinanza emergono significative differenze: la prima, e più evidente , è che le persone con cittadinanza italiana presentano una quantità di bisogni pari al 73% del totale, mentre tra le persone con cittadinanza non italiana il peso è pari al 27%. Questo dato sottolinea che il rapporto tra numero di persone con cittadinanza italiana e quelli non italiani si amplifica a vantaggio dei primi nella lettura dei bisogni, ad indicare che le situazioni di disagio degli italiani sono più complesse rispetto agli stranieri”.
Saverio Forte