SUD PONTINO – Sbaglia tanto Acqualatina ad ipotizzare il superamento della fruibilità delle storiche sorgenti di Mazzoccolo a Formia e di Capodacqua a Spigno Saturnia nel tentativo di affrontare e cercare di risolvere l’annoso e perdurante fenomeno della torbidità dell’acqua erogata dalle due fonti idriche. Oggi, al di là dei provvedimenti immediati, è necessario programmare la ricaptazione delle sorgenti e l’adeguamento delle opere acquedottistiche. Nel dibattito in corso in questi giorni che vede contrapposti l’ente gestore da una parte ed il comune di Formia dall’altra ma anche l’Asl e l’Arpa Lazio hanno deciso di partecipare anche due associazioni, la “Comunità del Lazio Meridionale e delle Isole Pontine” e quella dei “Cittadini per la Tutela dei Beni Comuni di Formia-coordinamento Acqua Sudpontino, vicine all’ex storico coordinatore del primo circolo del Pd di Formia, Francesco Carta, che della tutela e protezione della sorgente Mazzoccolo di Formia ne ha fatto una ragione di vita.
Le due associazioni in una lettera congiunta inviata al presidente di Ato 4 Carlo Medici, al neo responsabile della segreteria tecnico operativa dello stesso Ambito Umberto Bernola, al Sindaco di Formia Paola Villa, al settore qualità dell’acqua e salute dell’istituto superiore di sanità, all’ Assessore ai Lavori Pubblici, Tutela del territorio e mobilità della Regione Lazio, Mauro Alessandri, al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e alla direttrice del settore risorse idriche e difesa del suolo della direzione regionale Lavori Pubblici Wanda D’Ercole arrivano ad una chiara e inequivocabile conclusione: le sorgenti di Mazzoccolo e Capodacqua sono insostituibili, ogni altra alternativa, compresi i pozzi dell’Acervara (interessati dal cuneo salino proveniente dal mare) e “per la cui realizzazione si stanno letteralmente sperperando i fondi concessi per la calamità naturale del 2017, è assolutamente impraticabile”.
L’area dove insiste la polla principale della sorgente Mazzoccolo è sovrastata dalla ferrovia che disperde le acque meteoriche nel sottosuolo (negli anni 1930 e 1934, la fogna del casello 129 della ferrovia, provocò ben due epidemie di tifo). Ancora oggi, nei mesi di maggiore piovosità, si riscontra la presenza di batteri patogeni. Questi fenomeni furono ben descritti nella fase di realizzazione della ferrovia Roma-Napoli (1914 – 1920). La realizzazione di numerosi fabbricati in prossimità delle sorgenti hanno creato ulteriori potenziali rischi di inquinamento. “Pertanto, la ristrutturazione delle opere di presa (captazione più a monte) e di trattamento delle acque ( filtraggio e/o vasche di decantazione) non è più rinviabile” – suggeriscono le associazioni “Comunità del Lazio Meridionale e delle Isole Pontine” e “Cittadini per la Tutela dei Beni Comuni di Formia-coordinamento Acqua Sudpontino” – Nel 1998 furono stanziati dalla Regione Lazio (Presidente Piero Badaloni) fondi per rifare la captazione e la stazione di pompaggio. Fu elaborato un progetto che prevedeva lo spostamento della stazione di pompaggio nell’area del vecchio mattatoio, eliminando così l’inutile percorso che attualmente fa l’acqua dalla sorgente alla stazione di sollevamento. Anche le Ferrovie dello Stato furono chiamate in causa per l’inadeguata corrivazione delle acque meteoriche provenienti dai binari. Poi tutto finì nel nulla fino al 2008, anno in cui se ne riparlò ma senza alcun progetto nè stanziamento di fondi. La ristrutturazione dell’opera di presa non è più comparsa tra le priorità infrastrutturali.
E’ il caso di ribadire che solamente la ricaptazione di Mazzoccolo (e di Capodacqua) può assicurare la sicurezza delle acque da distribuire agli acquedotti del golfo”. Dalla sola area sorgentizia di Mazzoccolo fuoriescono 7 milioni di metri cubi l’anno di acqua che finisce prevalentemente in mare, per non parlare di Capodacqua di cui solo 400 litri/secondo dei 1200 prodotti, vengono utilizzati. “La condotta Cellole – Minturno ed i pozzi dell’Acerbara – si legge nella lettera inviata alla Regione Lazio e all’Ato 4 – furono il frutto di decisioni frettolose, prese sotto l’incalzare dell’emergenza estiva del 2017 e che oggi appaiono oggettivamente prive di utilità sostanziale. Entrambe quelle opere, se nel 2018 si fosse riproposta l’emergenza siccità, non avrebbero risolto la crisi. I quasi 10 milioni di euro che si stanno spendendo, se fossero impegnati nel risanamento delle reti, garantirebbero una quantità d’acqua straordinaria”. Insomma le sorgenti di Mazzoccolo e Capodacqua sono insostituibili, va soltanto migliorata la loro fruibilità.
Uno studio commissionato all’Università degli Studi di Roma ha dimostrato inequivocalbimente come l’acqua erogata dal campo Pozzi dell’Acervara “non può essere una riserva strategica alternativa alle acque di Mazzoccolo, neanche in via momentanea in caso di torbidità. Continuare a reperire acqua per immetterle in reti ammalorate che disperdono più del 70% del carico, significa continuare a disperdere risorse finanziarie, vessare gli utenti (spese enormi per energia elettrica), gestire nel peggiore dei modi un servizio essenziale per la vita delle comunità locali”. Si tratta di considerazioni che scaturiscono dai dati e dagli studi condotti sull’acquifero di Mazzoccolo dalla prima decade del 1900, fino agli anni ’90, compresi quelli commissionati dal Comune di Formia, Cassa per il Mezzogiorno, alla società Sapti per curò la progettazione della strada Pedemontana.
Saverio Forte