LATINA – Le trasfusioni di sangue infetto effettuate presso l’ospedale di Velletri risalgono al 1974 e a beneficiarne fu una donna originaria di Monte San Biagio ma residente a Latina scomparsa 12 anni fa. Un anno prima si era ammalata di cirrosi da epatite C contratta a seguito di quelle trasfusioni. Il Tribunale di Latina ora ha condannato il Ministero della Salute a pagare agli eredi della donna un assegno “una tantum” di circa 77mila e 500 euro previsto dalla legge numero 210/1992 promulgata appositamente per indennizzare i soggetti danneggiati dallo scandalo del Sangue infetto.
I tre giovani figli della donna, che oggi avrebbe avuto 81 anni, hanno già ottenuto – grazie all’assistenza legale dell’avvocato Renato Mattarelli – un primo e più ampio risarcimento di circa 1milione e 300mila euro dal Tribunale di Roma per i danni da loro subiti per la prematura scomparsa della madre fra atroci sofferenze negli anni precedenti alla sua morte del 2008. La donna aveva tentato inutilmente negli ultimi anni di vita una lotta contro il tempo per salvarsi sperando nella commercializzazione del farmaco salva-vita capace di fronteggiare il virus dell’epatite C.
Purtroppo solo nel 2013 a cinque anni dalla morte della 70enne originaria di Monte San Biagio un costosissimo farmaco – la cui cura comprendeva cicli per circa 70-80mila euro – divenne accessibile in Italia per i malati di epatite C con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L’avvocato Renato Mattarelli, a cui la povera donna aveva affidato l’incarico di iniziare la causa contro il Ministero della Salute, ha dovuto sospendere l’attività giudiziaria dopo il decesso della 70enne per poi riassumerlo in favore dei tre figli della donna.
“Quello che sorprende è che in uno stato di diritto, non solo il Ministero della Salute non ha vigilato sulle donazioni e trasfusioni di sangue del 1974 che hanno ucciso la donna pontina – ha commentato l’avvocato Renato Mattarelli – ma soprattutto, che il farmaco che avrebbe potuto salvarle la vita costava così tanto che la 70enne non poteva permettersi. Come d’altra parte sorprende che la salvezza o meno dei malati di epatite C, ed in particolare quelli post-trasfusionali, debbano la loro salvezza ai tempi della burocrazia che ha reso accessibile il farmaco dal marzo 2013”.
Saverio Forte