TERRACINA – La conferma della sentenza di primo grado a 30 anni e la riduzione della condanna di primo grado da 30 a 19 anni. A queste conclusioni è giunto il processo celebrato davanti la Corte d’Assise d’appello di Roma rispettivamente nei confronti di Fabrizio Faiola, di 36 anni, e della compagna, Georgeta Vaceanu, di 25 anni, relativamente all’omicidio del sarto romano ma napoletano d’origine, Umberto Esposito. L’uomo, di 81 anni, la sera del 24 marzo 2017 venne sequestrato a Latina, dove si era trasferito, narcotizzato ed ucciso. Venne trovato dieci giorni dopo privo di vita nelle campagne di Terracina dopo essere recluso in un casolare a Fondi.
Escludendo le aggravanti della premeditazione, la Corte d’Assise d’Appello di Roma ha confermato i 30 anni per Faiola e ridotto la pena a 19 anni per la fidanzata Geogeta Vaceanu, la prostituta di nazionalità rumena di cui la vittima si era innamorata frequentandola, a più riprese, lungo la strada regionale Pontina. Faiola e la Vaceanu – i due si erano conosciuti presso un locale notturno di Monte San Biagio – avevano cominciato a frequentare il sarto napoletano, romano d’adozione ma nel frattempo trasferitosi a Latina. Ma con l’obiettivo di allegerirgli il conto corrente in barca. Esposito aveva davvero perso la testa per la donna: non solo danaro e regali ma dal 2015 aveva contratto debiti per 250mila euro per “liquidare” i protettori in Romania.
Le indagini, anche se successivamente alla morte di Esposito, hanno appurato come i due non fossero più soddisfatti delle regalie e dell’aiuto economico fornito dal sarto di divise militari. Lo avevano capito gli stessi figli dell’81enne dopo che Faiola e la fidanzata avevano pensato di impossessarsi anche della sua azienda tesstile. Da qui il tentativo dei due – in almeno due circostanze – di narcotizzare e sequestrare per finalità estorsive l’anziano imprenditore residente a Latina…
Cosa che avvenne il 24 marzo 2017, episodio per il quale Faiola e Vaceanu furono condannati ciascuno a 30 anni di carcere dal Gup del Tribunale di Latina Matilde Campoli. In sede di requisitoria il Procuratore generale Giancarlo Amato aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado senza l’applicazione delle attenuanti. Ma i giudici d’appello hanno preferito diversamente.
Saverio Forte