FORMIA – Il mondo politico ma anche professionale ed economico di Formia, del Golfo e dell’intera provincia di Latina, è in lutto per la prematura scomparsa di Raffaele Ranucci, per tutti “Lello”, dottore commercialista che ha cessato di vivere per un male incurabile a soli 64 anni all’ospedale “Dono Svizzero” di Formia, la sua città. Coinvolto nella mega e tutt’altra che chiusa inchiesta sul “caso Lollo” in relazione alla gestione pilotata delle procedure fallimentari da parte dell’ex giudice del Tribunale di Latina, Ranucci da tempo aveva instaurato un’inconscia sfida contro il tempo perché il processo penale in corso davanti il Tribunale di Perugia conoscesse un epilogo.
“Qualsiasi esso sia – preferiva ripetere Ranucci al cronista – perché non si può continuare a vivere, a lavorare e stare con gli affetti sotto quella spada di Damocle che si chiama incertezza del proprio domani, del proprio futuro” . Di questa incognita è morto “Lello” Ranucci che in privato e tra quattro mura domestiche era realmente antitetico a quello che si manifestava essere a chi e a coloro lo conoscevano a sufficienza: tosto e burbero sul piano caratteriale e comportamentale e poco incline al sorriso. Tutt’altro.
Il figlio di venditore di frutta all’ingrosso, che come il cugino ed omonimo notaio Raffaele si è fatto da solo, aveva una grande umanità e generosità nei confronti del prossimo che sapeva affrontare con una grande e micidiale arma, l’ironia. Almeno sino a quanto ha potuto. Il suo unico e grande difetto? Non riusciva ad esternarla come avrebbe potuto e dovuto. E nella sostanza era sempre in minoranza all’interno della sua famiglia che l’ha protetto sempre, dalla moglie Rossella Rotondo (“guido, è vero, l’Agenzia delle Entrate delle Marche ma quando posso scappo a Formia, dove vivo, e a Castelnuovo Parano, il mio paese natale”), al figlio avvocato ex fiorettista Roberto e a Renata ma anche al legale che lo stava assistendo dall’inizio del “Caso Lollo”, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo. Ranucci lo confidava in privato: “Senza queste colonne, il tetto sarebbe crollato da quel dì”.
Ma il male è peggio di uno tsunami che si può prevedere e prevenire. Un campanello d’allarme c’era stato un mese fa sul marciapiede di via Vitruvio, nella zona sottostante il suo storico studio di via Marziale. Aveva avuto un malore e lui ci disse: “Embè, vuoi scrivere che sono caduto perché non ho mangiato? Per me è una non notizia”. Ranucci sapeva di essere un po’ Pinocchio ma l’obiettivo era uno soltanto: evitare di alimentare facili forme di pietismo in attesa che il suo calvario giudiziario arrivasse al capolinea. Lo è stato invece il “Dono Svizzero”, uno degli ospedali più “Covidizzati” del Lazio. Ranucci e la politica poi, un altro segmento della sua vita.
Di certo è stato uno degli amministratori capaci di “silenziare” a volte un monumento qual è stato il Senatore Michele Forte e di innovare, dall’alto della sua preparazione accademica e professionale, la gestione del settore economico-finanziario del comune. Il suo debutto nella vita pubblica avvenne in una data storica (ma anche di non ritorno) della vita politica di Formia nel secondo dopo guerra, il 6 ed il 7 maggio 1990. La Dc quella domenica e quel lunedì fece meglio dell’ormai “liquidante” partito comunista bulgaro: ottenne 28 consiglieri su 40. E tra quei “soldati” pronti ad eleggere in aula il sindaco maranolese di Formia Michele Forte c’era proprio il debuttante consigliere “Lello” Ranucci che politicamente nasceva Andreottiano ma con una sub-costola specifica, quella Sbardelliana… Ma era l’inizio della fine.
Cominciavano a soffiare anche su Formia i venti giustizialisti di tangentopoli e nel settembre 1992, a 40 giorni dalla clamorosa sospensione da sindaco Forte, la Dc provò a salvare se stessa. Formia aveva un altro sindaco, l’allora presidente della società di calcio Vittorio Marciano, e Ranucci fu nominato per la prima volta assessore al bilancio. Rimase in carica sino al febbraio dell’anno successivo quando la Procura di Latina mandò in onda i titoli di coda per quella esperienza politico-amministrativa ed anche umana. La storia di quella Formia la conoscono anche i bambini di oggi, venne eletto il primo sindaco post comunista, il neuropsichiatra infantile Sandro Bartolomeo. La Dc, nel frattempo, non esisteva più, al suo posto nasceva una riedizione del partito popolare ma era una copia sbiadita di quella Sturziana. E Ranucci capì che forse il, Ppipoteva essere un’ancora di salvataggio. Cominciò a frequentare a Latina Federico Fauttilli, l’ex segretario provinciale della Dc e mentore del nuovo Ppi e per il commercialista di via Marziale arrivò l’incarico di revisore dei conti in seno all’Asl pontina.
Sandro Bartolomeo governava (e bene) Formia e alle amministrative del 1997 successe a se stesso. Della sua maggioranza consiliare c’era anche il Ppi che aveva eletto il consiglio il futuro vice sindaco Vittorio Nocella, Osvaldo Caramanica, Maurizio Costa (uno dei cilindri del motore dell’auto su cui viaggia da due anni l’attuale sindaco Paola Villa) e, appunto, “Lello” Ranucci. I vecchi amori non si dimenticano mai e alle amministrative del 2001, anticipate di un anno perché Bartolomeo si candidò senza esito alle elezioni politiche, Ranucci “riabbracciò” quello che sarebbe diventato Senatore della Repubblica…Michele Forte. Si candidò al consiglio nella lista del Ccd per sostenere il neo sindaco Antonio “Nino” Miele e fu eletto insieme all’attuale consigliere regionale di Forza Italia Pino Simeone, Gino Scafetta, Salvatore Forte, Osvaldo Ciufo, Giovanni Sorrenti, Erasmo Ciccolella e al compianto Totò Calvano. Quella consiliatura durò solo due anni per un mai chiarito golpe all’interno della maggioranza di centrodestra ai danni di Miele. Fu ordito da Forza Italia e dai suoi colonnelli formiani e non e Ranucci liquidò la cosa con una battuta: “Ma quali generali e uomini con le stellette. Ho fatto a fatica il militare”.
Non era di questo avviso il Senatore in carica Michele Forte che al ballottaggio delle amministrative del 2003 applicò alla lettera la massima proverbiale del “Muoia Sansone con tutti i filistei”. Ridivenne sindaco di Formia Sandro Bartolomeo grazie ai voti del suo storico avversario…Michele Forte. Ranucci scomparve dal radar della politica formiana sino al 2008 quando il senatore Udc, terminata la sua permanenza a Palazzo Madama, tornò anch’egli a guidare la città. I rapporti con l’alleato Forza Italia non furono facili e la Giunta tardò ad essere varata. Sino a quando una mattina ci fu una furiosa lite al telefono tra Michele Forte, diretto a Latina alla Provincia, e l’allora segretario provinciale di Forza Italia Claudio Fazzone: “Michè, lo devi fare per me. Devi nominare Lello assessore al bilancio”. Michele Forte ingoiò quel rospo e, chi era alla guida di quell’auto, confessò di aver “trascorso il più brutto quarto d’ora della mia vita”. Ranucci aveva “piegato” il Senatore di Maranola anche per un’altra ragione. Il neo sindaco di Formia non lo voleva assessore per un’altra ragione: Ranucci aveva la colpa di essere testimone di nozze dell’ingegnere Franco Di Meo, il proprietario di Cassino dell’area dell’ex fabbrica D’Agostino che Forte ha sempre considerato la fonte dei suoi problemi giudiziari, tutti positivamente risolti. Tutti.
Un fatto è certo. Forte e Ranucci non ci sono più e Formia è anche più povera di questi rapporti, politici ed umani, conflittuali ma veri. A causa delle disposizioni governative emanate contro la diffusione del coronavirus i funerali del dottor Raffaele Ranucci non potranno svolgersi. E’ prevista mercoledì 25 marzo, alle ore 14.30, la benedizione del feretro prima della sua tumulazione presso il cimitero di Castagneto. Alla moglie Rossella e ai figli Roberto e Renata giungano le più affettuose condoglianze della nostra redazione.
Saverio Forte