FORMIA – Il telefono di casa Marino, nelle campagne di Ponzanello a Formia, da lunedì mattina continua a squillare ininterrottamente. Dall’altra parte del filo sono tanti vigili del Fuoco che, chiamando da ogni parte d’Italia, vogliono complimentarsi con papà Giuseppe e con mamma Anna per l’incredibile vicenda di cui è stato protagonista nella tarda serata di domenica Danilo Marino, 39enne pompiere di Formia balzato agli onori della cronaca per essersi gettato nell’Adige in piena, in centro a Verona, con l’obiettivo di salvare un ragazzo che aveva deciso, purtroppo con successo, di togliersi la vita.
Danilo Marino è rimasto per cinque ore nelle acque gelide del fiume nel tentativo di salvare un 24 enne che, probabilmente dell’est europeo, è in attesa ancora di avere un nome ed un cognome. A dare l’allarme era stato intorno alle 21.30 un medico della Croce Rossa che, in servizio al Teatro Romano per uno dei pochi spettacoli della stagione estiva, si è accorto che sul vicino Ponte Pietra c’era un ragazzo appoggiato al parapetto. “Non voglio più vivere”, ripeteva urlando. E con queste parole si è gettato. Sono stati due agenti della Polizia a tentare, per primi, di soccorrerlo. Poco più a valle, si sono aggrappati a un ramo, cercando di riportarlo a riva. Nel frattempo, era arrivata anche una squadra dei Vigili del fuoco. Tra di loro c’era Danilo: si è calato nel fiume, ha avvicinato il ragazzo, lo ha portato verso quell’approdo. Sembrava fatta. Ma il ramo si è spezzato e sia il giovane, sia il sommozzatore, sia uno dei due poliziotti, sono stati portati via dalla corrente. Il poliziotto è riuscito a mettersi in salvo qualche centinaio di metri dopo. Il sommozzatore e il ragazzo no. Del giovane, cittadino moldavo, non c’è ancora traccia. Inutile sinora l’utilizzo di droni ed elicotteri.
A complicare il tutto un secondo allarme, arrivato attorno alle 23.30: qualcuno ha chiamato la polizia dicendo di aver visto una seconda persona finire in Adige, proprio nel tratto in cui, in quel momento, poteva trovarsi Danilo o il ragazzo. Un’altra squadra dei Vigili del fuoco è intervenuta con i gommoni, ma le ricerche sono rimaste senza esito. Le cinque ore trascorse nel corso d’acqua “gonfiato” da un eccezionale ondata di maltempo il pompiere formiano non le dimenticherà molto facilmente e rapidamente. Oltre a contrastare la forza della piena ha dovuto vincere la resistenza del corpulento 24enne che in acqua è stato protagonista di una forma di colluttazione con l’intento di liberarsi dai moschettoni applicati da un vigile del fuoco che si arrabbia quando i cronisti, scaligeri o di Formia stessa,lo chiamano eroe: “Ho fatto solo il mio lavoro, il mio dovere. Stavo pensando solo a quello, e al dispiacere di non aver salvato una vita”. Una prima, drammatica, svolta all’intera vicenda si è avuta quando il ramo, a cui si erano appigliati i due, ha ceduto sotto la potenza dell’acqua ed entrambi sono stati visti scomparire in lontananza. Danilo Marino si è salvato, grazie anche al suo addestramento: ha avuto abbastanza lucidità da tagliare l’idrotuta, parte dell’equipaggiamento con cui i pompieri sommozzatori si calano in acqua, più versatile delle mute ma che si riempie più facilmente di liquidi. In questo modo l’ha alleggerita ed è riuscito a rimanere sempre con la testa in superficie.
Danilo – lo ammette – è in vita per miracolo: la forza della piena l’ha trascinato a valle, trasportato dalla corrente per sedici chilometri, tra il rumore assordante dei flutti e il buio della notte più profonda, circondato solo dai boschi e poche luci con cui orientarsi: quelle di qualche casa isolata, quelle dell’impianto di illuminazione delle dighe. Ne ha attraversate due, quella del Pestrino, che a Verona ha una brutta fama: è a questo sbarramento che, spesso, si trovano i corpi di chi finisce in acqua nel territorio cittadino. Poi, quella di Zevio, seguita da pericolose rapide. Ai colleghi che lo hanno tratto in salvo, in quest’ultima località, a sud est del capoluogo scaligero, alle due ed un quarto di notte, ha sorriso. Ma è stato un sorriso amaro per l’impossibilità di “acciuffare” quel ragazzo che ufficialmente è ancora disperso. Danilo la sua dura, durissima giornata di lavoro, l’ha terminata all’ospedale di Borgo Trento, in ipotermia: lunedì mattina la sua temperatura corporea non superava i 34 gradi. Poi le dimissioni e la possibilità di riabbracciare presso la sua abitazione di Legnago sua moglie Nadia – una palermitana pugnace sottoufficiale dell’Esercito che ha sposato in Sicilia per poi trasferirsi nel 2011 tutti e due a Verona – e i due figli di 6 e 3 anni: “Sono molta fiera di lui – ha affermato Nadia – per fortuna ho sentito dell’accaduto solo dopo averlo visto sano e salvo. Sollievo, ma anche amarezza per il mancato salvataggio, anche al comando di Verona che, diretto dall’ingegnere Luigi Giudice, da oltre una settimana è impegnato sul fronte maltempo, tra allagamenti e trombe d’aria. Ma quella di lunedì notte è stata la notte peggiore.
Lo ammette anche la sorella di Danilo, Valentina: “Mio fratello è così- ha dichiarato – quando si tratta di dare una mano al prossimo non fa calcoli. E’ sempre il primo. Questo senso di altruismo è l’elemento caratterizzante di un corpo che nella nostra famiglia ha sempre trovato molti proseliti”. E ha ragione Valentina. Lei stessa quando ha la fortuna viene chiamata a tempo determinato dal distaccamento dei Vigili del Fuoco di Gaeta. Papà Giuseppe ne è stato a lungo il comandante e nonno Giovanni ha prestato servizio nel corpo nel dopo guerra ma con un ruolo quasi da volontario. Danilo Marino mercoledì sarà chiamato a svolgere un’altra impresa. Di questa sì ne avrebbe fatto a meno: “Lo confermo- ci ha dichiarato – il Comandante Luigi Giudice ha organizzato a Verona, presso il comando provinciale dei Vigili del Fuoco, un briefing con voi giornalisti. Sarebbe stato molto bello se avessi portato in salvo quel ragazzo. Per favore, non chiamatemi eroe”.
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