FORMIA – Gli agenti del commissariato di Polizia di Formia non hanno voluto credere ai loro occhi quando hanno rinvenuto all’interno di una cassaforte centinaia di monili d’oro ed un captatore di frequenze. Secondo gli inquirenti farebbero parte del “bottino” della rapina milionaria compiuta nella notte dell’11 novembre 2018 ai danni di un’agenzia di Lecce della Banca Nazionale del Lavoro. A distanza di due anni e mezzo per quel colpo di oltre un milione di euro è stato arrestato a Formia uno dei componenti della banda che operò nel capoluogo salentino. Si tratta di Luciano Romano, 44 anni campano ma da anni residente a Formia.
Gli uomini del Vice questore Aurelio Metelli gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Lecce con l’accusa di rapina su richiesta del sostituto procuratore Maria Vallefuoco. Insieme a Piero Fiore, 46 anni, Salvatore Mazzotta, di 56 anni, entrambi di Veglie, e a Marco Zecca, di 45 anni di Porto Cesareo, Romano, è accusato di essersi introdotto all’interno del caveau della filiale di piazza Sant’Oronzo a Lecce della Bnl, svaligiando il contenuto delle cassette di sicurezza. Sono state lunghe e meticolose le indagini svolte all’indomani del colpo da parte della Squadra Mobile di Lecce e del Servizio Centrale Operativo cui si è affiancato il Commissariato di Formia. Hanno accertato come i quattro “Arsenio Lupin” si fossero introdotti nell’istituto di credito nel pomeriggio di venerdì prima della chiusura del fine settimana.
I malviventi erano riusciti a nascondersi in un deposito secondario per entrare in azione nel momento della chiusura della banca. Dopo aver messo fuori uso l’impianto di allarme e di videosorveglianza i malviventi puntarono dritto alle cassette di sicurezza. Ne svuotarono 80 su un totale di 310 ma i rapinatori commisero tanti errori, uno su tutti: furono traditi da un’incredibile fretta. probabilmente causata dall’arrivo dei vigilantes allertati dalla direzione della banca per via del prolungato distacco di rete nell’agenzia.
Si lasciarono dietro denaro e gioielli sparsi sul pavimento e un trolley con 90mila euro in contanti e tante impronte digitali. Le lasciarono su una sacca con gli attrezzi da scasso, su altre quattro vuote che sarebbero dovute servite per svuotare le restanti cassette di sicurezza e, infine, su un secchio pieno di urine che i quattro utilizzarono durante la loro permanenza in banca in uno spazio delimitato con l’intento – l’hanno accertato le indagini – di evitare di innescare il sistema di allarme. Questo materiale è finito nei laboratori della polizia Scientifica di Roma. La verifica delle impronte digitali lasciate ma anche delle tracce biologiche come capelli, peli e frammenti di pelle è servita alla Procura di Lecce per chiedere l’arresto dei quattro. L’esame del materiale rinvenuto a Romano al termine della perquisizione domiciliare effettuata a Formia ai danni di Romano potrebbe chiarire molti aspetti di una vicenda che ricorda molto una saga cinematografica. Le indagini iniziarono con il sequestro e l’esame da parte della Polizia scientifica degli arnesi da scasso, abbandonati dai ladri sul posto per darsi alla fuga. Su quegli arnesi vennero rinvenute tracce di Dna sufficienti a una comparazione, poi effettuata, che ha permesso di riscontrare “la piena rispondenza con quello di Piero Fiore, di addebitare precise responsabilità penali in ordine al reato di furto pluriaggravato in concorso”
A fare il resto fu il contenuto degli impianti di videosorveglianza della zona di piazza Sant’Oronzo. Vennero individuati tre mezzi – un Doblò Fiat, una Peugeot 1007 e una Fiat Punto bianca – che proprio nei giorni precedenti il furto, percorsero più volte le strade di quel quartiere, sempre una dietro l’altra, “in fila indiana”: si trattava di vetture intestate a una società campana e a familiari di due degli arrestati di martedì, Fiore e Romano, entrambi risultati poi pregiudicati, sempre per furto.
Gli inquirenti indagarono monitorando i profili social dei malviventi. Alcuni rispondevano a quello di persone con ottime conoscenze in fatto di allarmi. Ma i banditi come riuscirono ad eludere allarmi, porte blindate, accessi regolati a orario? Secondo la pm Vallefuoco uno o più malviventi il venerdì, prima dell’orario di chiusura dell’agenzia, sono riusciti ad aver accesso all’area caveau e a rimanervi chiusi all’interno, proprio nell’area preziosi. Ad avvalorare questa ipotesi la presenza, all’interno del caveau, di un armadio metallico, quasi vuoto e abbastanza grande da contenere all’interno una persona di media altezza.
Romano, difeso dall’avvocato Pasquale Di Gabriele, mercoledì sarà sottoposto presso il carcere di Cassino all’ interrogatorio di garanzia da remoto Davanti Gip presso il Tribunale di Lecce Simona Panzera che ha emesso la ordinanza custodiale. L’avvocato Di Gabriele ha davanti un compendio probatorio complesso e di natura tecnica, ma la prova regina che concerne il rinvenimento di materiale biologico sul teatro dell’evento non riguarda il mio assistito” – ha tenuto ad anticipare l’avvocato Di Gabriele.