SUD PONTINO – Si è rivelato più lungo del previsto l’interrogatorio del Tenente Colonnello Michele Meola del comando Provinciale dei Carabinieri di Latina nel corso della nuova udienza del processo Anni 2000 che è celebrato martedì davanti il Tribunale di Cassino presieduto dalla dottoressa Tania Tavolieri (la pubblica accusa della Dda di Roma era rappresentata dai sostituti procuratori Alfredo Mattei ed Emanuele De Franco).
Sul banco degli imputati ci sono molte delle 25 persone che, decidendo di essere processate con il rito abbreviato, esattamente un anno fa – il 26 gennaio 2021 – vennero arrestate nell’ambito dell’operazione anti camorra dei Carabinieri, denominata per l’appunto “Anni 2000”, con le ipotesi accusatorie di detenzione illegale di armi, rapina, danneggiamento, traffico di droga, incendio e anche estorsione ai danni di alcuni imprenditori impegnati sul territorio di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Minturno.
All’attacco il collegio difensivo (composto dagli avvocati Mariano Giuliano, Camillo Irace, Roberto Palermo, Pasquale Cardillo Cupo, Anna Marciano, Enzo Mastantuono, Pasquale Santamaria ed Enzo Biasillo) che nel contro interrogatorio ha definito l’inchiesta dei Carabinieri coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma gravata soltanto da indizi e supposizioni accompagnate da tardive dichiarazioni di alcune delle vittime delle estorsioni. Secondo le risultanze investigative del sostituto procuratore della Dda di Roma Corrado Fasanelli questi episodi delittuosi sarebbero stati compiuti dal 2015 al dicembre 2020 suffragati da almeno 300 intercettazioni telefoniche ed ambientali registrate dai Carabinieri.
L’udienza di martedì si è tenuta all’indomani della decisione del Riesame di annullare il vincolo associativo per uno degli imputati eccellenti, Ciro Bonifacio. Lo scorso luglio la V sezione della Corte di Cassazione nei confronti del 32enne di San Cosma e Damiano, aveva annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale del Riesame di Roma l’ipotesi dell’associazione finalizzata al narcotraffico proprio nel comune di residenza. L’accusa della Dda di Roma era riuscita ad ottenere la nuova conferma del Tribunale del Riesame che, chiamato a pronunciarsi, nuovamente ribadiva ancora una volta la sussistenza del sodalizio finalizzato al narcotraffico. Di altro avviso, tuttavia, il difensore di Ciro Bonifacio, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, per il quale continuavano a difettare i presupposti giuridici per il riconoscimento dell’associazione. Veniva depositato così nuovo ricorso in Cassazione chiedendo questa volta che fosse la stessa Suprema Corte ad annullare, senza rinvio, l’ipotesi dell’accusa. Il ricorso era stato assegnato alla prima sezione che, sciogliendo la riserva assunta, ha proceduto ad emettere dispositivo con il quale, in accoglimento del Ricorso, annullava definitivamente la contestazione associativa per Bonifacio. Si torna in aula in piazza Labriola a Cassino il prossimo 15 febbraio.