GAETA – Il comune di Gaeta continua ad essere inseguito dai suoi creditori. L’ultimo, in ordine di tempo, è stata niente meno che la multinazionale italiana dell’energia e del petrolio , l’Eni , che, concludendo una transazione economica di 759.699mila euro, si è affiancata all’amministrazione provinciale di Latina e all’ex società appaltatrice del ciclo dei rifiuti, la Cig, per regolare i suoi conti con l’amministrazione comunale. Se l’amministrazione provinciale ha chiesto il riconoscimento economico di un milione e 800 mila euro per l’irregolare gestione del trasferimento dei rifiuti solidi nell’ex discarica di Borgo Montello (il procedimento è pendente davanti i giudici della Corte civile d’appello dopo un primo pronunciamento da parte del Tribunale di Cassino favorevole al comune), la curatela fallimentare dell’ex società “Cic” ha deciso di accontentarsi di un milione e 200mila euro (a a fronte di oltre un credito più rilevante) per alcune fatture mai onerate dall’amministrazione comunale.
Quando sembrava che fosse terminata la fila degli ufficiali giudiziari davanti al palazzo municipale di piazza XIX se n’è aggiunto, a sorpresa, un altro per conto dell’Eni. L’ente nazionale degli idrocarburi si è munito di due sentenze del consiglio di Stato che, emesse il 25 novembre 2011 ed il 12 febbraio 2013, sono diventate pressochè esecutive concludendo un contenzioso che si trascina dal 1997 quando la prima Giunta del sindaco Pidiessino Silvio D’Amante decise di dotare per la prima volta a Gaeta di un moderno impianto di depurazione. Acqualatina spa doveva ancora nascere. Il ciclo della depurazione all’epoca veniva svolto dal Consorzio acquedotti Riuniti degli Aurunci che chiese al comune di Gaeta di operare, attraverso l’attuale Consorzio Industriale del sud pontino, mirati espropri, in località Arzano, ai danni dell’Eni per realizzarvi appunto un impianto di depurazione. Il comune di Gaeta chiese soltanto di venire in possesso da parte del’Eni di una porzione di terreno di 15mila metri non solo per realizzarvi il depuratore ma anche per collegare l’impianto con tubazioni di adduzione e scarico delle acque che interessavano una porzione esterna alla recinzione dei depositi di Arzano e di Casalarga.
Il Comune aveva fretta di realizzare il primo depuratore della città, l’Eni esternò il suo disappunto perchè non si sentiva appagato per le somme percepite da un comune che aveva reso dal dopoguerra un’autentica servitù realizzandovi un’inquinatissima raffineria, pericolosi depositi di idrocarburi e procurando non poche forme di inquinamento. L’Eni in due ricorsi al Tar del 1997 e del 2022 chiese una congrua indennità di esproprio, richiesta accolta definitivamente da altrettante sentenze del Consiglio comunale con cui il comune di Gaeta veniva invitato ad adottare il provvedimento di acquisizione non retroattivo delle aree occupate. La svolta è arrivata nella primavera del 2013 quando a distanza di un mese si svolsero due sopralluoghi (il 22 marzo ed il 5 aprile) cui parteciparono i tecnici i tecnici di Acqualatina, dell’Eni e del comune di Gaeta per localizzare le aree ex Eni occupate dal depuratore di Gaeta e dalle relative pertinenze. A giocare sempre nella metà campo del comune di Gaeta è stata sempre l’Eni con due iniziative forti.
Con la prima chiese di definire la fascia di rispetto (inserita in un accordo di programma stipulato nel lontano 12 novembre 1996 quando si trattò di localizzare l’area del nuovo impianto) dal depuratore ed il consiglio comunale con la delibera 59 del 22 novembre 2019 la ridusse a poche decine di metri. Si opposero i soli consiglieri Franco De Angelis ed Emiliano Scinicariello mentre gli altri due componenti dell’opposizione Luigi Caetani e Massimo Magliozzi – che poi passarono in maggioranza fino a diventarne pare integrante – si astennero. Ma non è finita come detto.
L’Eni, attraverso la sua società di servizi, ha avuto ora fretta e non finire nella trappola della prescrizione ha dato il via ad un nuovo procedimento culminato con la definizione di una “congrua quantificazione del quanto dovuto dall’amministrazione comunale” sia in ordine alle aree occupate dal depuratore e dal relativo accesso che alle servitù di passaggio. L’Eni ha graziato il comune limitatamente alla fascia del rispetto del depuratore perchè – come avviene in queste circostanze – diventa zona bianca, inutilizzabile per qualsiasi destinazione urbanistica.
L’amministrazione Leccese non ha battuto ciglio quando le è stata proposta una transazione figlia di una milionaria perizia proposta dall’Eni: 333.644 mila euro di differenza devono essere pagati dal comune di Gaeta sulle aree su cui sono state realizzati il depuratore e alcune pertinenze (con un costo variabile da 20 a 12 euro a metro quadrato) cui si aggiungono 417.055mila euro per le maggiorazioni a titolo risarcitorio con un’indennità rivalutata del 5% annuo. Il Comune di Gaeta comincia ad essere un cattivo pagatore e la transazione approvata il 30 dicembre dalla Giunta (presenti tutti i suoi componenti) con la delibera 234 prevede che i 750.699 mila euro saranno restituiti in tre annualità con tre rate di pari importo (250.233 euro) con scadenza al 31 dicembre di ciascun anno.
L’ex consigliere comunale ed ora candidato alle regionali per Demos, Franco De Angelis, fa ricorso all’ironia quando sostiene che il Gaeta “deve ritenersi fortunato. Se fosse stato un soggetto privato avrebbe potuto fare ricorso alle cambiali come si faceva un tempo. Scherzi a parte – ha aggiunto – questa controversia merita un approfondimento in consiglio comunale per individuare eventuali responsabilità che non vanno attribuite all’amministrazione comunale in carica che 35 anni fa decise di dotare la città di un impianto di depurazione. Questa vicenda dimostra come Gaeta sia ancora una servitù per un ente che, in cambio della creazione qualche posto di lavoro (il riferimento va alla nascita della raffineria sorta grazie ai dolorosi espropri effettuati ai danni di tanti coltivatori diretti di Gaeta), ha avuto una libertà d’azione, sul piano amministrativo, davvero illimitata. Qualche risposta devono darla alla città – ha tuonato Franco De Angelis – l’ex sindaco Cosimino Mitrano e l’attuale presidente del consorzio industriale del sud pontino Salvatore Forte che avevano firmato con l’Eni un protocollo d’intesa con l’Eni per la bonifica dell’area di Arzano. Un piano apparentemente bellissimo – ha concluso De Angelis – ma con particolarità negativa: non si conoscono ancora i tempi per la realizzazione questo risanamento ambientale di cui merita questa parte della città”.